giovedì 28 marzo 2024

Azionisti di tutti i paesi, rallegratevi!

 

I padroni del mondo traggono “valore aggiunto” come mai prima d’ora dalle braccia, dalle schiene, dal cervello e dalle anime dei loro dipendenti, che a volte muoiono anche sul lavoro, questi maldestri. E gli amministratori delegati trasmettono quanto più possibile questo valore aggiunto ai loro azionisti (*).

Un esempio: il gruppo Banca Ifis è un istituto bancario italiano attivo principalmente nei servizi di acquisizione/gestione di portafogli di crediti deteriorati. La banca è stata fondata nel 1983 da Sebastien Egon Fürstenberg, figlio di Clara Agnelli, un cognome che è una garanzia. Ebbene, per il 2023 la Banca prevede di distribuire 110 milioni di euro di dividendi, pari a 2,1 euro per azione in circolazione. Nei primi 9 mesi del 2023, la Banca aveva deliberato la distribuzione di un acconto sul dividendo 2023 pari a 63 milioni di euro. Argent de poche per le piccole spesucce.

Secondo il Global Dividend Index il valore complessivo delle distribuzioni ai soci ha raggiunto la cifra record di 1.660 miliardi di dollari nel 2023 (nel 2019 erano 1.395,2). Stiamo parlando di soli dividendi, senza che l’azionista, tra un pisolino e l’altro, muova un dito. L’86% delle società ha aumentato i propri dividendi. Le banche si sono accaparrate la metà di questi dividendi.

La Borsa italiana ha chiuso il 2023 con dividendi per oltre 18 miliardi. La borsa di Milano è piccola cosa in rapporto al resto. Il 40° report di Janus Henderson Global Dividend Index, del novembre scorso, annunciava: “Le prospettive per il quarto trimestre sono favorevole e potrebbero comportare dividendi record per l’Italia quest’anno”. Previsione confermata dal 41° report, quello di marzo 2024: “le distribuzioni sono balzate del 17,9% nell’anno per raggiungere l’importo record di 20,1 miliardi di dollari (18,5 miliardi di euro). Le banche italiane contribuiscono ai tre quarti della crescita” (p. 10).

La parte migliore (o peggiore, secondo i punti di vista) sono i riacquisti di azioni proprie da parte delle società. Normalmente, una società riceve denaro dai suoi azionisti. In tal caso accade esattamente il contrario. Uno degli obiettivi del riacquisto? L’aumento dei prezzi delle azioni: meno azioni circolano, più ciascuna di esse rende.

In breve, le nostre stupide giornate di lavoro, tutto inutile. Da dove viene gran parte del patrimonio dei milionari di tutto il mondo? Dal loro lavoro? Ingenui che siete. No: eredità. Gli azionisti di cui sopra sono anche, per la maggior parte, persone che ricevono eredità, che possiedono immobili. Ricevere dividendi, affitti e roba simile, non è lavoro. La chiamano meritocrazia.

Cari azionisti, quando i vostri soldi “funzionano”, secondo l’ipocrita espressione a cui siete tanto affezionati, non c’entrate niente con la produzione di quella ricchezza. Gli affitti esorbitanti che chiedi ai tuoi inquilini non sono un servizio che fornisci loro. I dividendi di cui ti vanti, sono anche il prodotto del rincaro del prezzo delle merci, dei servizi e delle bollette. C’è povertà a causa tua e della tua ricchezza. Anche voi siete parte dei veri nemici della società e della libertà. Togliervi di torno, come già diceva Brecht, è una faccenda che riguarda la bontà.

(*) Secondo gli adulatori del sistema, il valore aggiunto sarebbe ottenuto dall’impiego dell’intero capitale. Provassero senza l’impiego dei loro schiavi a far fruttare il loro capitale! C’è ovviamente un motivo ideologico al fondo nei loro deliri: calcolato sul capitale complessivo e non solo sulla parte variabile (quella pagata all’operaio), il saggio di sfruttamento viene diluito tra tutti i “fattori” fino a scomparire (una voce tra le altre). La cosa comporta poi altre stupefacenti stupidaggini teoriche. Di dove origina realmente il cosiddetto “valore aggiunto”, non gl’importa proprio nulla. Interessa intascarlo e metterlo nel circuito finanziario.

mercoledì 27 marzo 2024

Aviso de servisio

 

Causa robe diaboliche a me incomprensibili e indipendenti dalla volontà dell'interessato, cioè di Luca Massaro, per chi volesse seguire il suo blog, uno dei più antichi e prestigiosi (ne esiste una copia autografa alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze), da oggi può farlo, sempre a gratis, al seguente link:

https://lucamassaro.blogspot.com/

Luca, non ringrasiarme, xe el minimo che podesse far par n'amigo come ti. Ricordate comunque che la quaresima xe finia e semo sotto pasqua. El vin che non va bevudo entro majo va in aseo e xe un pecà.

«Questo avrà un prezzo»

Siamo immersi in una realtà che ci angoscia, ci schiaccia e in cui ci sentiamo impotenti. Ma non ci sentiamo mai personalmente responsabili. La colpa è sempre degli altri, di qualcuno o di qualcosa. Decine di migliaia di persone scendono in piazza su invito di un prete per manifestare contro la mafia. E va bene, ma quando cazzo vogliamo occuparci del resto? Ci vogliamo rendere conto di ciò che sta accadendo e di ciò che si sta preparando? Lasciamo ai ragazzini delle medie la questione della strage sionista, ai quattro sgangherati attorno a Santoro la questione della guerra, così come pensiamo che la questione dell’islam non ci riguardi, sia roba di quattro fanatici low cost-low tech (e del resto è sufficiente cogliere il malcelato compiacimento dei media occidentali per la strage di Mosca).

Sempre più aperta è l’opzione che le contraddizioni del sistema, la lotta per la supremazia, si possano oggi risolvere e decidere con il riarmo, la minaccia bellica e senza escludere il ricorso alla guerra, fosse pure quella nucleare.

Gli Stati Uniti hanno mantenuto la dottrina di poter effettuare attacchi nucleari preventivi: questa “è la nostra politica da molto tempo e fa parte dei nostri piani per il futuro”, ha dichiarato il Segretario alla Difesa americano alla fine di settembre 2016 presso la base aerea di Kirtland, Nuovo Messico, che ospita il centro di ricerca atomica. Inoltre, la nuova strategiadi difesa nazionale del Pentagono adottata alla fine di ottobre 2022 ha superato un nuovo limite autorizzando l’uso di armi nucleari contro minacce non nucleari. Evidentemente certi documenti (dove si parla anche “the risk of inadvertent escalation”) sono ignorati di proposito dalla nostra libera stampa (*).

Il ministro tedesco dell’Economia, Robert Habeck, ha dichiarato che la guerra terrestre è tornata in Europa e per questo motivo è necessario aumentare la produzione di armi e riattivare gli scenari di dispiegamento per la difesa nazionale. “E questo avrà un prezzo. Dobbiamo essere chiari su questo”. Sì, chiarissimo, il prezzo lo paghiamo noi e sarà il più alto.

La ministra federale dell’Istruzione, Bettina Stark-Watzinger, intende mandare i giovani ufficiali nelle scuole e introdurre esercitazioni di protezione civile in caso di guerra. Il ministro della Sanità, Karl Lauterbach, intende preparare il sistema sanitario tedesco ai “conflitti militari”. Sostiene che la Germania potrebbe diventare un hub per la cura dei feriti provenienti da altri paesi.

Parlano di preparativi di guerra come se si trattasse di organizzare un evento sportivo o culturale di rilievo internazionale. C’è chi dichiara che la Germania deve essere “pronta alla guerra” entro cinque anni. Tutto ciò passa pressoché in silenzio, come se due guerre mondiali non fossero bastate. Come se stessero prefigurando conflitti da combattersi con lance e scudi in sella a dei cavalli.

Della Francia sappiamo. Macron vuole ruolo in Europa, smarcarsi per quanto possibile da Washington. Sciovinismo e grandeur sono un tratto tipico. I francesi siedono nel consiglio di sicurezza dell’ONU, festeggiano la “vittoria” nella II GM, dimentichi che loro la guerra l’hanno persa nel 1940, che la loro assemblea nazionale votò quasi all’unanimità i pieni poteri a Pétain, che si alleò coi nazisti in accordo con la maggioranza dei francesi, che del loro antisemitismo non hanno fatto mai mistero.

Sembra anacronistico, quasi comico, dover ricordare queste cose a quasi un secolo da quegli eventi. Epperò si prevede Trump alla Casa Bianca, Le Pen all’Eliseo e, per quanto ci riguarda, abbiamo i missini ai vertici dello Stato. Anche non ci fossero loro al potere, ci fossero gli “altri”, la sostanza non cambierebbe. Sono degli Seyss-Inquart di Washington e Bruxelles. Esecutori di ordini, da sempre.

Quanto al terrorismo islamico dei gruppi jihadisti, il loro scopo è quello di provocare il maggior numero di morti possibile in modo indiscriminato. Non esiste più alcun obiettivo politico comprensibile, nessun messaggio su un argomento specifico, nessuna trattativa. Prevale il desiderio di scuotere l’intero mondo musulmano seminando il caos, facendo proseliti utilizzando i loro santuari informatici e le loro capacità di controllare la popolazione islamica sul nostro territorio.

(*) Oltre ai suoi missili balistici continentali “classici”, la Russia si è dotata di un missile balistico intercontinentale pesante chiamato “RS-28 Sarmat” (o Satan 2 per gli occidentali), operativo dalla fine di agosto 2023. Si tratta di un missile in grado di colpire qualsiasi regione della Terra con una potenza di fuoco devastante e senza precedenti.

Questo missile può trasportare fino a 10 grandi testate nucleari o 16 piccole testate, ciascuna delle quali può essere diretta verso un bersaglio. Questo missile da 200 tonnellate, 35,5 metri di lunghezza e 3 metri di diametro, con una velocità pari a 20 volte quella del suono (26.000 km/h), ha una potenza totale compresa tra 8 e 12 milioni di tonnellate di TNT (450 volte la potenza della bomba atomica sganciata su Hiroshima), che trasforma un paese delle dimensioni della Francia o della Gran Bretagna in un deserto inabitabile in meno di 5 minuti.

Nessun sistema di difesa antimissile, anche il più moderno, può intercettarlo, e anche in tal caso la sua distruzione in volo sarebbe ancora più devastante. Dal 2023 almeno 50 sistemi di lancio Sarmat sono stati schierati sul territorio russo.

La Russia ha un sistema “Perimetrale”, soprannominato “Mano Morta” dagli esperti della NATO. Si tratta di un attacco nucleare di ritorsione finale. Anche se la Russia è bombardata da attacchi nucleari ed è sull’orlo dell’annientamento, questo sistema di notifica automatica e di emissione di ordini per il lancio di armi nucleari strategiche verrà attivato se tutti i sistemi di difesa della Federazione Russa verranno distrutti da attacchi nucleari. In altre parole, l’ultima parola spetterà alla Russia, che lancerà automaticamente i suoi ultimi missili nucleari contro l’attaccante, distruggendolo completamente. Ecco perché Vladimir Putin ha affermato che non ci saranno vincitori in una guerra nucleare.

Ecco perché ho giudicato Volodymyr Zelenskyj un pericoloso idiota quando, il 6 ottobre 2022, ha chiesto di colpire la Russia con armi nucleari.


martedì 26 marzo 2024

La lista della spesa per la guerra e a sostegno dei massacri

 

Dopo il voto bipartisan alla Camera di venerdì scorso, e dopo quello del Senato di sabato, il disegno di legge di bilancio è stato firmato lo stesso giorno dal presidente Joe Robinett Biden. Prevede il più massiccio stanziamento della storia per le spese militari statunitensi. Pochi minuti dopo aver firmato il disegno di legge, Biden ha chiesto alla Camera di adottare un disegno di legge supplementare sulla sicurezza nazionale precedentemente approvato dal Senato, che comprende oltre 60 miliardi di dollari per l’esercito ucraino, oltre 14 miliardi di dollari per Israele e raddoppia i finanziamenti militari a Taiwan.

Nella lista della spesa federale sono inclusi i finanziamenti per l’Immigration and Customs Enforcement (ICE) per espandere le proprie strutture di custodia di altri 42.000 posti letto. Il disegno di legge prevede inoltre finanziamenti per altri 2.000 agenti della polizia di frontiera e taglia i finanziamenti del 20% alle organizzazioni non governative che forniscono servizi sociali agli immigrati.

Dei 1.200 miliardi di dollari stanziati a sei dipartimenti federali, il Pentagono ne ha rivendicato più di due terzi, circa 825 miliardi di dollari. Il disegno di legge di bilancio separato firmato da Biden l’8 marzo, per gli altri sei dipartimenti federali, prevede 23,8 miliardi di dollari per i programmi statunitensi sulle armi nucleari gestiti dal Dipartimento dell’Energia.

Alcuni dettagli su come verranno investiti questi soldi in gioiellini di guerra: 33,5 miliardi di dollari per costruire otto navi, altri miliardi per la costruzione di 86 aerei da combattimento F-35 e 24 F-15EX, nonché 15 navi cisterna KC-46° (si guarda lontano). Altri 2,1 miliardi di dollari sono stanziati per l’“Arma ipersonica a lungo raggio dell’esercito” e il “Sistema di arma ipersonica convenzionale a attacco rapido della Marina”. Quindi contratti pluriennali per sei sistemi missilistici avanzati: il missile d’attacco navale, il sistema missilistico a lancio multiplo guidato, il Patriot Advanced Capability-3, il missile anti-nave a lungo raggio, il missile aereo congiunto, missili di superficie e missili aria-aria avanzati a medio raggio.

La legge fornisce ai funzionari del Dipartimento della difesa la libertà di negoziare contratti pluriennali per i sottomarini di classe Columbia e Virginia. La classe Virginia è focalizzata sulla guerra antinave/antisommergibile, la classe Columbia sostituirà la piattaforma di attacco nucleare della classe Ohio e sarà dotata di 16 tubi per il lancio dei missili balistici Trident II D5 (ho già accennato in un post recente sulle capacità distruttive di questi missili).

Allo stesso tempo, la legge vieta “che qualsiasi finanziamento dei contribuenti vada all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA)” ed elimina i finanziamenti alla “Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite contro Israele”. La legge obbliga l’Autorità Palestinese a non avviare o sostenere alcuna indagine della Corte Penale Internazionale contro cittadini israeliani “per presunti crimini contro i palestinesi” se desidera qualsiasi sostegno economico da parte degli Stati Uniti.

La spesa militare totale degli Stati Uniti, anche sulla base delle cifre disponibili al pubblico, fa impallidire quella di qualsiasi possibile combinazione di paesi. Gli Stati Uniti da soli rappresentano quasi il 40% della spesa militare totale mondiale, equivalente in classifica a quella dei successivi 11 paesi messi insieme. Rispetto al totale statunitense di 877 miliardi di dollari per il 2022, l’ultimo anno per il quale sono disponibili dati globali completi, lo Stockholm International Peace Research Institute ha stimato che la Cina ha speso 292 miliardi di dollari e la Russia, in guerra, 86,4 miliardi di dollari.

La spesa combinata degli alleati americani della NATO, più di 300 miliardi di dollari, degli alleati asiatici degli Stati Uniti nel cosiddetto Quad (India, Giappone e Australia, 160 miliardi di dollari messi insieme), e degli stati clienti degli Stati Uniti nel Medio Oriente (Arabia Saudita, Israele, Qatar ed Emirati Arabi Uniti, 130 miliardi di dollari messi insieme), non lascia dubbi in proposito: con queste cifre, non c’è modo di valutare la posizione militare americana come qualcosa di diverso da un programma per la guerra mondiale.

Un articolo del Financial Times (FT) di ieri riportava che gli Stati Uniti e il Giappone stanno “pianificando il più grande miglioramento della loro alleanza di sicurezza da quando hanno firmato un trattato di mutua difesa nel 1960”. Il rafforzamento del patto in preparazione ad una guerra guidata dagli Stati Uniti contro la Cina sarà annunciato, secondo il FT, quando il presidente americano ospiterà il primo ministro giapponese Fumio Kishida alla Casa Bianca il prossimo 10 aprile.

Il Giappone ospita il più grande contingente statunitense di qualsiasi altro paese al mondo, con circa 55.000 addetti di tutti i rami delle forze armate – Esercito, Marines, Marina e Aeronautica – ospitati in basi permanenti in tutto il paese. Allo stesso tempo, i governi del Giappone hanno indebolito le restrizioni imposte dalla sua Costituzione alle forze armate.

A dicembre, il governo Kishida ha annunciato il raddoppio delle spese militari e sta acquisendo armi offensive, compreso l’acquisto di missili da crociera come il Tomahawk della Lockheed Martin e il Joint Air-to-Surface Standoff Missile (JASSM). Prevede inoltre di produrre i propri aerei da combattimento avanzati in collaborazione con il Regno Unito e l’Italia, oltre ai caccia F-35 acquistati dagli Stati Uniti.

Il conflitto tra le maggiori potenze non può che avvenire con le armi più avanzate, comprese quelle nucleari, e richiede ovviamente il più stretto coordinamento in tempo reale. A complemento di una più stretta cooperazione con gli Stati Uniti, l’anno prossimo le forze armate giapponesi istituiranno anche un “Comando operativo congiunto”.

lunedì 25 marzo 2024

Lo scisma demografico

 

Uno studio pubblicato mercoledì 20 marzo sulla rivista The Lancet prevede un calo della fertilità umana più rapido del previsto a livello globale. Lo studio è il risultato del progetto collaborativo internazionale Global Burden of Disease (GBD) e l’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), e conclude che intorno al 2050 l’indice medio di fertilità potrebbe aggirarsi intorno a 1,8 figli per donna su scala globale. Ovvero al di sotto della soglia di rinnovamento della popolazione.

Un indice che, secondo questo lavoro, potrebbe scendere a 1,6 figli per donna alla fine del secolo. In confronto, le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, pubblicate nel 2022, prevedevano un numero medio di figli per donna di circa 2,1 nel 2050 e 1,8 nel 2100.

Il GBD si basa sull’analisi dell’evoluzione demografica globale tra il 1950 e il 2021 e modellava l’evoluzione del tasso di fertilità, paese per paese, fino alla fine del secolo. Negli ultimi settant’anni, il tasso di fertilità si è più che dimezzato, passando da 4,8 figli per donna nel 1950 a 2,2 nel 2021 (*).

La fertilità sta diminuendo a livello globale, con tassi in più della metà di tutti i paesi e territori nel 2021 al di sotto del livello di sostituzione. Le tendenze dal 2000 mostrano una notevole eterogeneità nella rapidità del declino, e solo un piccolo numero di paesi ha sperimentato anche un leggero rimbalzo della fertilità dopo il tasso più basso osservato, senza che nessuno abbia raggiunto il livello di sostituzione.

Inoltre, la distribuzione dei nati vivi in tutto il mondo sta cambiando, con una percentuale maggiore che si verifica nei paesi a basso reddito. I futuri tassi di fertilità continueranno a diminuire in tutto il mondo e rimarranno bassi anche in caso di attuazione efficace delle politiche pro-natali.

Questi cambiamenti avranno, come è facile intuire, conseguenze economiche e sociali di vasta portata a causa dell’invecchiamento della popolazione e del calo della forza lavoro nei paesi a reddito più elevato, combinati con una quota crescente di nati vivi tra le regioni già più povere del mondo.

I ricercatori hanno condotto la loro analisi paese per paese: prevedono un calo più o meno generale. Non solo nei paesi del Nord, in genere già al di sotto della soglia di sostituzione – l’Europa occidentale è, nel 2021, intorno a 1,5 figli per donna (1,24 in Italia nel 2022) –, ma anche nei paesi del Sud, dove le popolazioni si urbanizzano, man mano che le donne ottengono l’accesso all’istruzione e ai mezzi contraccettivi, man mano che la mortalità infantile diminuisce, ecc. Nel 2021, circa il 46% dei 204 Paesi o regioni considerati erano al di sotto della soglia di rinnovo; questa percentuale potrebbe salire al 76% nel 2050 e al 97% nel 2100 (qui una tabella di dettaglio).

Gli autori prevedono uno scisma nel tasso di natalità, con l’Africa sub-sahariana che rimarrà l’unica grande regione dinamica del mondo per gran parte del secolo attuale. “Mentre la civiltà umana converge verso la realtà della bassa fertilità”, scrivono i ricercatori, “tassi relativamente alti in alcuni paesi e territori a basso reddito si tradurranno in un chiaro divario demografico tra un sottoinsieme di paesi a basso reddito e il resto del mondo.»

I ricercatori prevedono che entro il 2100 solo Samoa, Somalia, Isole Tonga, Niger, Ciad e Tagikistan rimarranno al di sopra della soglia di rinnovamento della popolazione. All’estremità opposta dello spettro, Bhutan, Nepal, Bangladesh e persino l’Arabia Saudita potrebbero vedere il loro indice di fertilità scendere al di sotto di un figlio per donna.

Pertanto, stando ai dati attuali e alle proiezioni, il rapido declino della fertilità suggerisce un miglioramento generalizzato del tenore di vita.

A me viene in mente una domanda: come farà il famoso “Mercato” a sostenere la domanda effettiva? Malthus, come già Ricardo, teneva conto del rischio di una crisi generale legata ad un’insufficienza della domanda effettiva, ed egli perorava l’incremento quanto più grande possibile delle classi improduttive ma non diceva nulla sul modo in cui esse si dovessero procurare i mezzi di acquisto. Il rischio di insufficienza della domanda effettiva aveva minato l’ottimismo liberale anche negli anni Trenta riguardo al futuro del capitalismo (tra tutti: Keynes).

Ricordo che fu la guerra mondiale a togliere le castagne dal fuoco. Nel tempo lungo il problema si ripresenta, anche perché la classe salariata stessa produce gli strumenti del suo pensionamento. E dunque la contraddizione si presenta nei suoi due classici aspetti di tendenza: deficit di offerta di lavoro mediamente qualificato (ne vedremo delle belle) pur in una situazione di calo demografico; calo della domanda pur in presenza di sovrapproduzione.

In sostanza, pur astenendomi su previsioni puramente economiche del collasso del capitalismo, mi chiedo: come pensano i social-liberali di alimentare la pompa dell’accumulazione capitalistica stante un tasso demografico tendenzialmente in picchiata?

Altra domanda: certamente l’economia continuerà per anni a governare i comportamenti demografici, essendo la povertà la prima causa dell’emigrazione, tuttavia il saldo migratorio, a un certo punto, potrà ancora giocare un ruolo importante in considerazione del fatto che il livello di sostituzione sarà deficitario nella quasi totalità dei Paesi?

Infine: la società capitalista occidentale si sta caratterizzando con un movimento di impoverimento e con un generalizzato decrescere del tenore di vita nelle ex classi medie; ciò potrebbe influire sui comportamenti socio-demografici e frenare la tendenza?

Come solito, pongo domande. Per le risposte, rivolgersi a quelli che ne hanno sempre un cassetto pieno.


Notare i rettangolini color seppia quanto sono minuscoli.

(*) Per gli amanti dei dettagli: «Durante il periodo dal 1950 al 2021, il TFR [tasso di fertilità globale] si è più che dimezzato, da 4,84 (95% UI 4,63–5,06) a 2,23 (2,09–2,38). I nati vivi annuali globali hanno raggiunto il picco nel 2016 con 142 milioni (95% UI 137-147), scendendo a 129 milioni (121-138) nel 2021. I tassi di fertilità sono diminuiti in tutti i paesi e territori dal 1950, con il TFR che rimane al di sopra di 2,1, canonicamente considerata fertilità a livello di sostituzione: in 94 (46,1%) paesi e territori nel 2021. Ciò includeva 44 dei 46 paesi dell'Africa subsahariana, che era la superregione con la quota maggiore di nati vivi nel 2021 (29,2 % [28,7–29,6]). 47 paesi e territori in cui la fertilità stimata più bassa tra il 1950 e il 2021 era inferiore alla sostituzione hanno sperimentato uno o più anni successivi con una fertilità più elevata; solo tre di queste località sono riuscite a superare i livelli di sostituzione. Si prevedeva che i futuri tassi di fertilità continuassero a diminuire in tutto il mondo, raggiungendo un TFR globale di 1,83 (1,59–2,08) nel 2050 e 1,59 (1,25–1,96) nel 2100 nello scenario di riferimento. Si prevede che il numero di paesi e territori con tassi di fertilità che rimarranno al di sopra della sostituzione sarà di 49 (24,0%) nel 2050 e solo sei (2,9%) nel 2100, con tre di questi sei paesi inclusi nel rapporto 2021 della Banca Mondiale. definito gruppo a basso reddito, tutti situati nella superregione GBD dell’Africa sub-sahariana. Si prevedeva che la percentuale di nati vivi nellAfrica subsahariana aumenterà fino a raggiungere più della metà dei nati vivi nel mondo nel 2100, al 41,3% (39,6–43,1) nel 2050 e al 54,3% (47,1 –59,5) nel 2100. Si prevede che la percentuale di nati vivi diminuirà tra il 2021 e il 2100 nella maggior parte delle altre sei superregioni, diminuendo, ad esempio, nell’Asia meridionale dal 24,8% (23,7–25, 8) nel 2021 al 16,7% (14,3–19,1) nel 2050 e al 7,1% (4,4–10,1) nel 2100, ma si prevede che aumenterà modestamente nel Nord Africa e nel Medio Oriente e superregioni ad alto reddito. Le stime previsionali per lo scenario combinato alternativo suggeriscono che il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile per l’istruzione e il soddisfacimento dei bisogni di contraccettivi, nonché l’attuazione di politiche pro-natali, comporterebbe un TFR globale di 1,65 (1,40–1,92) nel 2050 e 1,62 (135–1,95) nel 2100. I valori metrici delle abilità di previsione per il modello IHME erano positivi in tutti i gruppi di età, indicando che il modello è migliore della previsione costante».