giovedì 20 maggio 2010

Riflessioni naïf



Viviamo in un’epoca dove il progresso tecnico e tecnologico consentirebbe all’agricoltura e all’industria di soddisfare, senza grande sforzo, i bisogni primari di sussistenza di tutta l’umanità. Ciò nonostante siamo alle prese con fame e sotto nutrizione largamente diffuse, sia nei paesi poveri che in quelli economicamente più ricchi. Un sistema in cui tutto, anche l’acqua, è entrato nella sfera dei “beni economici”, diventando merce.  Non è difficile accorgersi dello sfruttamento generalizzato, e allo stesso tempo della sottoutilizzazione degli impianti e della disoccupazione sempre più ampia, del prevalere della precarietà e della miseria, materiale e morale, dell’assenza di prospettiva futura. Senza dimenticare la devastazione e alterazione criminale della natura.
Tutto questo non accade perché l’”uomo” è cattivo ed egoista, ma perché vige un sistema economico che, indipendentemente dalla volontà dei singoli, impone le sue leggi, le quali non sono leggi di natura, anche se vengono di fatto ad agire come tali. I motivi dello squilibrio economico, cui fanno capo tali leggi, sono stati chiariti nel dettaglio da tempo. Solo i funzionari e i propagandisti della grande proprietà fingono, senza vergogna, che si tratti di altro.
La quantità di tutto ciò che questa società ci impone e ci infligge ha già superato la soglia oltre la quale ogni equilibrio faticosamente costruito viene rotto con violenza. Tuttavia questo sistema economico non ha la necessità di essere sostituito solo per motivi morali. Fosse per questo, durerebbe in eterno. È la necessità storica stessa che lo impone, perché è un sistema che oltre non funziona, perché ad un certo punto del suo percorso, le contraddizioni immanenti lo portano ad una crisi su scala generalizzata, irredimibile e devastante.
Ma la “Storia” non fa tutta da sola, ha bisogno di essere “aiutata”. Non è detto che quest’epoca di travaglio, assai doloroso, partorirà subito qualcosa di perfetto [*], ma sarà pur sempre necessario prendere in qualche modo la direzione di questo cambiamento. Non certo con politiche di “riforme”, le quali servono solo al sistema quali mezzi transeunti per sopravvivere e continuare in qualche modo sulla strada di questa follia.
Viceversa sarà la guerra, come è dimostrato storicamente, con la distruzione massiccia di capitale, materiale ed umano, ad offrire al capitalismo la possibilità di riprendere il ciclo di accumulazione su nuove basi. L’imperialismo trova sempre nuove ideologie disposte a combattere per i suoi interessi.

[*]  Non esisterà mai la società perfetta, priva di contraddizioni e di conflitto. Ogni rapporto, appunto perché tale, contiene in sé delle contraddizioni. Questo non significa che non sia possibile stabilire condizioni sociali e di vita, in generale, diverse e migliori delle attuali. Non vi è nessuna necessità dei monopoli economici, della privatizzazione e sfruttamento dissennato delle risorse, della finanza “creativa”, di un modo di produrre, distribuire e consumare secondo il mero criterio capitalistico dell'accumulazione a scopo di profitto.

4 commenti:

  1. ragionamento chiaro e solo apparentemente naif.
    Eppure.
    Rimane il dubbio su chi debba essere il soggetto si renderà conto della necessità di "prendere in qualche modo la direzione di questo cambiamento", e ne sia al tempo stesso capace.

    gc

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  2. ogni epoca trova, all'occorrenza, le proprie avanguardie
    tra qualche giorno scriverò un post su queste cose

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  3. caro Magister,
    forse fraintendo la tua risposta sintetica, ma io non sarei cosi' fiducioso nel fatto che "ogni epoca trova le proprie avanguardie".
    Ad esempio, nel 1939-1940, dove erano le avanguardie capaci di fermare lo sterminio e ribaltare la crisi del sistema in opportunita' per l'intera umanita'?

    PS il tuo blog e' una lettura oramai quotidiana, sempre stimolante. Buon lavoro

    gc

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  4. grazie x l'attenzione.
    quando scrivo "ogni epoca", intendo (e mi scuso se non l'ho precisato) ogni situazione che prometta di essere rivoluzionaria. gli anni trenta, dopo il fronte popolare in francia e la sconfitta spagnola, segnò senz'altro una fase in cui la reazione, non di rado apertamente favorita dalle "democrazie", riuscì vincente. ciò avvenne già a partire dai primi anni venti, con la sconfitta bolscevica in polonia, la controrivoluzione in germania, il fascismo in italia, ecc..
    ala prossima
    giuliano

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