sabato 30 ottobre 2010

Prodino, l'analcolico che si piace



Non che la cosa appassioni tanto, ma è a suo modo interessante leggere [qui] cosa ha detto Prodi a proposito di Bersani e dintorni:
"Quando un partito si chiede come conquistare il governo la prima persona a cui pensa è il segretario. Ma se ci fosse qualcun altro con maggiori possibilità, allora si può cambiare”.
Ci teniamo quella schiappa di Bersani con la fascia di capitano, ma se fosse disponibile un raccattapalle democristiano, Bersani lo potremmo mandare in tribuna. Il povero Pierluigi deve aver stappato una bottiglia quando ha letto questo franco e diretto atto di fiducia pronunciato in occasione della presentazione del gadget natalizio di Vespa (perché Bruno è un amico utile).
Prodi chiarisce subito chi potrebbe essere il candidato ideale:
“Il mio era un progetto molto preciso. Cambiare l'Italia mettendo insieme le quattro tradizioni politiche del Paese: cattolicesimo democratico, socialismo, liberalismo, ambientalismo. Fine della lotta secolare tra guelfi e ghibellini. Cattolici presenti nell'uno e nell'altro schieramento con la Chiesa forte nei principi ma fuori dalle battaglie quotidiane [sic!]. Con questo disegno ho vinto due volte. L'elettorato perciò l'ha capito, ma non i protagonisti, non i Poteri Forti. Eppure quel disegno è ancora caro agli italiani".
Quindi, “i protagonisti” non sono gli elettori, gli italiani, ma i Poteri Forti. Con le maiuscole. Mette insieme le quattro tradizioni “dimenticandone” una, ma sono quisquiglie. Anzi, tale dimenticanza è il vero messaggio dell’intervista: lui un governo con dentro i "comunisti" non lo rifarebbe.
Sorvoliamo poi sul fatto che Prodi non ha affatto messo fine alla lotta secolare tra guelfi e ghibellini, anzi.  È stata la causa, almeno apparente, dello stillicidio di veti incrociati che ha fatto cadere i suoi due governi (come molti altri).
Quindi chiosa ecumenicamente:
“Le strutture politiche sono ormai molto diverse. E perché se vinci per due volte e per due volte non riesci a portarlo a termine diventa più difficile presentarlo agli elettori".
Difficile non vuol dire impossibile, se i “poteri forti” lo acconsentono. E se ti liberi della zavorra “comunista” e imbarchi invece Tremaglia e Fini, Casini e Giovanardi.
Qualsiasi sia il futuro, Prodi non ne farà parte, scrive l’intervistatore. Nessun nuovo esecutivo con a capo il professore. Il quale però ci tiene a chiarire:
"Per due ragioni: la prima, non c'è una situazione politica adatta, la seconda, mi sono dedicato alla mia riacculturazione [sic], mi sto divertendo e mi piace moltissimo quello che faccio".
Se non mi candido a premier è per motivi seri e decisivi: sto leggendo dei libri impegnativi, per esempio quello del mio amico Bruno; poi perché voglio che mi chiamino e offrano delle garanzie (e la testa di qualcuno). E che sia questo il vero motivo lo conferma subito.
Pressioni, chiede il giornalista? "Uno ha sempre degli amici che magari gli dicono una bugia...".

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