venerdì 14 gennaio 2011

Ancora una volta: dove va l'Italia?



C’è un padrone, con residenza fiscale svizzera, che ha deciso di riorientare, secondo i propri fini ed interessi, la vita  e le condizioni di lavoro di migliaia di salariati. Inoltre (e questa è la novità) vuole imporre ai lavoratori, in forza del suo potere arrogante e ricattatorio, di sottoscrivere un “accordo” individuale dove, di fatto e nella lettera, essi dichiarano di rinunciare all’esercizio di alcuni diritti costituzionali, tra i quali il diritto di sciopero (art. 40), pena provvedimenti disciplinari, fino alla misura del licenziamento.
Tale imposizione è aggravata dalla minaccia, apertis verbis, che se la maggiorana dei salariati non accetterà tali condizioni e inibizioni, esprimendosi favorevolmente per l’”accordo” attraverso un plebiscito, egli provvederà a chiudere le fabbriche italiane del gruppo industriale che dirige trasferendo le lavorazioni all’estero.
Tutto questo avviene con l’accondiscendenza esplicita o di fatto degli esponenti dei sindacati (TUTTI, anche quell’unico sindacato che, pur rifiutando di firmare l’”accordo” e giudicando illegittimo il plebiscito, nella pratica non ha invitato i propri iscritti e i lavoratori ad astenersi dal voto e quindi a non offrire riconoscimento alla truffa del plebiscito e tentando di far mancare il quorum), degli esponenti politici del cosiddetto centrosinistra e, manco a dirlo, con l’appoggio esplicito del governo e l’entusiasmo della solita canea mediatica. A ciò si aggiunge il silenzio di tomba del garante della Costituzione, ovvero il presidente della Repubblica, nonché degli organi giurisdizionali competenti.
Questo dimostra, ancora una volta, che al nuovo totalitarismo non serve sopprimere le leggi costituzionali quando queste possono tranquillamente essere ignorate.

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