sabato 30 aprile 2011

Mi accontento

Ci sono giorni in cui non vorrei essere da nessuna parte; in questi giorni mi accontento di non essere a Londra e soprattutto a Roma.

venerdì 29 aprile 2011

Cazzeggiando


Da alcune settimane andavo scrivendo su Giorgio Napolitano, facendo magari storcere il naso a qualcuno delle decine di migliaia di lettori di questo blog. Ora leggo che anche la “sinistra” sta scoprendo l’argomento. Prima facevano finta di non sapere chi era stato il “compagno” Giorgio.

E a proposito di sinistri e di sinistra sottoscrivo queste parole di Furio Jesi tratte da un articolo di Andrea Cavalletti a p. 11 del manifesto di oggi:
«Ho qualche dubbio circa la possibilità di applicare oggi, in Italia, la distinzione tra destra e sinistra, non perché in astratto io la ritenga infondata ma perché non saprei bene quali esempi di sinistra citare».

Berlusconi è l’unico vero leader politico oggi in Italia (Bossi lo è solo per una parte). E questo spiega in gran parte il suo successo. La cosa non ci piace affatto, ma è un dato di fatto. Ha tirato fuori la faccenda del biotestamento e l’opposizione è già in apnea. E lui accaparra i voti dei soliti cattolici oltranzisti in vista delle amministrative. Se si andasse a elezioni politiche vincerebbe a man bassa.

Alla “sinistra” manca un’idea, una sola, quella di un’alternativa credibile. Anche solo un  vago accenno, come con Prodi. Ma non può avercela questa idea, per il semplicissimo motivo che non solo ha rinunciato a qualsiasi progetto vagamente e blandamente riformista, ma in questa situazione ci si trova benissimo e lo dimostra a ogni occasione importante in parlamento ("Sì della Camera al Documento cardine dell'azione di Tremonti. Ma quaranta assenti dell'opposizione graziano il governo sull'economia. Un ko avrebbe avvicinato la crisi. Tra gli assenti Di Pietro, Bocchino e D'Alema" - Repubblica, p. 10).

I mille individui più ricchi del mondo, tra i quali figura ai primi posti Berlusconi, hanno un patrimonio netto doppio rispetto al patrimonio totale dei 2,5 miliardi di individui più poveri. Lo 0,15% della popolazione mondiale detiene il 17% degli attivi finanziari globali. Tra i paesi sviluppati, L’Italia, assieme a Usa e Gran Bretagna, presenta gli indici di disuguaglianza economica più marcati. I lavoratori italiani, giapponesi e irlandesi sono quelli che hanno perso di più in termini salariali tra il 1976 e il 2006. A Bersani è inutile ricordare che la ricchezza, tra l’altro, è potere. Inutile perché lui dice di essere un liberale (perché Berlusconi e Marchionne no?).

... e quella delle lobby

giovedì 28 aprile 2011

La legge del manga


È difficile avere certezze quando perfino il Papa dice di averle esaurite [*]. Ma se si tratta di economia, anche dopo l’ultima batosta, gli apologeti del sistema non lesinano deliri liberaloidi su “nuovi mondi con il sistema di valori occidentali che includono la capacità di coniugare la creazione di ricchezza attraverso la concorrenza con l’esigenza di estendere i diritti in un contesto di attenzione verso chi ha di meno”.

Gli apologeti del capitale, in genere leggono libri inutili e ignorano gli altri, scrivono del marxismo a ricalco del sentito dire. Su Saturno, il supplemento culturale de Il Fatto, c’è notizia della pubblicazione di un fumetto, in giapponese e in francese, che “spiega l’infernale macchina capitalistica, ovvero Il Capitale di Marx in versione manga”. Me cojoni.

“Svelerebbe i segreti dell’accumulazione primaria” (sic!) e la "legge [su]lla caduta tendenziale del [saggio] del profitto". Ci voleva una cosa del genere, tanto per chiarire al popolo dell’happy hour il perché e il percome il capitale glielo mette in culo anche quando sta seduto bevendo lo spriz. Il fumetto, o manga, racconta la storia di un piccolo produttore di formaggio, Robin, il quale diventa peggio di uno spacciatore di credit default swap.

Per carità, nulla è sacro e tutto si può dire, volgarizzare, divulgare, rendere potabile anche un veleno come il marxismo. Per trasporre in fumetto il 13° cap. della terza sezione del Terzo Libro, quello che descrive appunto della legge sulla caduta tendenziale del saggio del profitto, cioè la legge fondamentale dell’accumulazione capitalistica, bisogna avere grande capacità di sintesi, fantasia, e soprattutto coraggio e attitudine per il ridicolo.

Naturalmente dobbiamo dare per scontato che siano già stati chiariti al lettore del manga la teoria del valore-lavoro, la trasformazione del plusvalore in profitto e del saggio del plusvalore in saggio del profitto, perciò il rapporto fra saggio del profitto e saggio del plusvalore, che non è un semplice giro di parole e non sono la stessa cosa. Astraendo da molte altre cose, inessenziali al momento, quali per esempio la fluttuazione dei prezzi della materia prima e la loro diretta influenza sul saggio del profitto.

Insomma, senza volerla complicare troppo, sarà pur necessario dimostrare al lettore del fumetto come la modificazione della composizione organica media del capitale complessivo appartenente a una determinata società, cioè questo progressivo aumento del capitale costante in rapporto a quello variabile, deve portare per forza di cose a una progressiva diminuzione del saggio generale del profitto, restando immutato il saggio del plusvalore o il grado di sfruttamento del lavoro da parte del capitale. Fin qui per poi illustrare al lettore refrattario ai corposi volumi marxiani un fatto fondamentale: già me lo vedo con il dito sull'indice dei due volumi del fumetto per poterselo leggere subito, senza indugio. Si tratta cioè della rivelazione che la tendenza progressiva alla diminuzione del saggio generale del profitto è quindi un’espressione peculiare del modo di produzione capitalistico per lo sviluppo progressivo della produttività sociale del lavoro. Tuttavia, ciò non significa che il saggio del profitto non possa temporaneamente diminuire anche per altri motivi (e questo il lettore smaliziato l'ha già intuito), ma significa che, in conseguenza della stessa natura della produzione capitalistica e come una necessità logica del suo sviluppo, il saggio generale medio del plusvalore deve esprimersi in un calo del saggio generale del profitto. Una volta “svelato” questo dettaglio, i protagonisti del fumetto si perdono in una digressione a proposito delle diverse marche di birra.

Dopo aver ordinato al barista un altro giro, il bevitore, pardon, il lettore contempla come l’aumento della massa del capitale costante – fisso e circolante – [da non confondere con quello costante e variabile] che attiva questo lavoro, è accompagnato dalla diminuzione del rapporto tra quella grandezza di valore e il valore del capitale, che aumenta con la massa di esso, seppur non nella stessa misura. Tale rapporto, e con esso il saggio del profitto, diminuisce malgrado il capitale abbia ai propri comandi la medesima quantità di lavoro vivo e assorba la medesima massa di pluslavoro di prima. La modificazione della porzione non è dovuta alla diminuzione della massa di lavoro vivo bensì all’aumento della massa di lavoro già oggettivato che essa ha posto in movimento. La diminuzione è relativa, non assoluta, e in effetti non ha nulla a che vedere con la grandezza assoluta del lavoro e del pluslavoro messo in movimento. Come chiosava  il giorno di pasqua il mio vicino di casa mentre arrostiva costicine, la caduta del saggio del profitto non deriva da una diminuzione assoluta, ma unicamente da una diminuzione relativa della parte variabile del capitale complessivo, dalla sua diminuzione nei confronti della parte costante.

A questo punto il lettore del manga (o del menga?) avrà tutto chiaro davanti a sé, così come le prospettive del capitalismo destinato a soccombere (salvo le “cause antagoniste” del capitolo successivo) e quel figlio di puttana di Robin espierà fino all’ultima colpa in un gulag.

PS.: possiamo ben immaginare cosa direbbero i darwinisti se a divulgare l'evoluzionismo fosse impresa lasciata prevalentemente ai creazionisti. Della scienza marxista invece si occupano prevalentemente gli antimarxisti e questa sembra debba essere la regola più naturale e ovvia.

Il Che Guevara del Tavoliere!



D’Alema ha chiesto a Berlusconi di dimettersi in caso di sconfitta elettorale alle prossime amministrative. Perché dovrebbe farlo un tipo come lui che alla politica deve le sue fortune e che in caso di dimissioni rischierebbe il culo un minuto dopo? Forse la Merkel o Sarkozy si sono dimessi dopo le recenti batoste delle amministrative tedesche e francesi?  E poi D'Alema come può chiedere seriamente ai deputati nominati (anche i suoi) di rinunciare ad altri due anni di indennità parlamentare: 5,486,58 mensili al netto, più 3.503 di diaria, poi 3.690 di rimborso “inerente al rapporto con gli elettori” (pensa te), quindi 1,107 di rimborso spese per il trasporto e 258,22 di telefono e molti altri piccoli benefici? Perché rinunciare ad almeno altri 335.000 euro sicuri d’indennità e rimborsi? Poi c’è la spartizione degli ingenti fondi di rimborso elettorale. Ma soprattutto come chiedere al povero peones di rinunciare al cospicuo vitalizio che matura dopo 5 anni di mandato, nonché alla liquidazione che è in misura degli anni nei quali ha pigiato il pulsante a Roma? Fa presto D’Alema a parlare, lui che il vitalizio l’ha già maturato e la liquidazione assicurata, così come una barchetta da diporto e “l’insalata nell’orto”.

Prendiamo un Veltroni, ma anche un Cicchitto o un Gasparri, quando mai avrebbero guadagnato tanto nella vita se non l’avessero buttata in caciara? Magari avrebbero dovuto perfino lavorare per vivere. Per D’Alema è diverso, si capì da subito che aveva spiccato l’istinto per la lotta politica e soprattutto natura e astuzia di grande statista: aveva cominciato a far politica “contestando la maestra democristiana e anticomunista”. Poi a Pisa prese parte “alle grandi contestazioni degli studenti della Normale: recentemente era stato espulso Adriano Sofri per aver infranto le rigidissime regole del collegio che vietavano, fra l'altro, l'ingresso di ragazze nelle camere. Dopo varie occupazioni, il regolamento fu modificato con la liberalizzazione degli accessi e l'abolizione dell'obbligo di pernottamento e dei rientri a orari predeterminati. Grazie a queste esperienze, entrò quasi subito nella dirigenza locale del PCI (il cui segretario, fra l'altro, era amico del padre di D'Alema)” e organizzò molte iniziative e manifestazioni “rischiando spesso il carcere e scontrandosi coi più radicali elementi di Lotta continua che ritenevano D'Alema troppo allineato alla posizione del PCI”. Dalle lotte per le camere alle baruffette della Camera il passo fu breve e scontato.

Studente di filosofia, D'Alema "si ritirò dagli studi poco prima di discutere la tesi, che avrebbe dovuto vertere sull'opera Produzione di merci a mezzo di merci di Piero Sraffa". E qui si capisce anche il resto.

mercoledì 27 aprile 2011

Naturale sviluppo della democrazia



Le migliaia di pagine di documenti sui prigionieri detenuti nel lager americano di Guantanamo Bay, uscite nei giorni scorsi su WikiLeaks, dimostrano la natura senza legge del governo degli Stati Uniti, sia sotto George W. Bush e che Barack Obama. Rapimenti, torture, detenzione illegale, subornazione di testi, aperta violazione del diritto internazionale: questi sono solo alcuni dei crimini di cui si è reso responsabile il governo statunitense.

L’allora segretario della difesa Donald Rumsfeld dichiarava che le persone sequestrate e detenute nel lager rappresentavano il "peggio del peggio", che i prigionieri erano tutti terroristi molti dei quali legati ai fatti dell'11 settembre. I documenti resi pubblici da Wikileaks dimostrano che le dichiarazioni di Rumsfeld, Cheney e gli altri gerarchi di Bush erano deliberate falsità.

La stragrande maggioranza degli 800 internati di Guantanamo erano uomini innocenti (tra i quali vecchi e ragazzini), catturati casualmente sul campo di battaglia in Afghanistan o sequestrati dalle agenzie d’intelligence alleate, in particolare in Pakistan, dove chiunque fosse di origine araba o afgana è stato una miniera d'oro per i locali funzionari di polizia corrotti che intascavano taglie. Sono più di 100 i sequestrati che hanno in seguito sofferto di gravi disturbi mentali causati dalle condizioni d’isolamento e dalle sevizie cui sono stati sottoposti.

Hina Shamsi, direttore del National Security Project per l'American Civil Liberties Union, ha dichiarato: "Questi documenti dimostrano quanto siano aleatori i presupposti adottati dal governo per la detenzione di centinaia di persone, in alcuni casi a tempo indeterminato, a Guantanamo. Tali valutazioni unilaterali sono piene di prove infondate, di informazioni ottenute attraverso la tortura, la speculazione, gli errori e su accuse dimostratesi false”.

Un portavoce militare del regime americano non ha voluto commentare i documenti, perché essi "sono stati sottratti al governo degli Stati Uniti, si tratta di documenti classificati e non diventano declassificati a causa di una divulgazione non autorizzata”. Il portavoce della cricca della Casa Bianca, Jay Carney, ha condannato la divulgazione delle informazioni classificate da parte di Wikileaks, aggiungendo: "Pensiamo che sia un peccato che il New York Times e gli altri media abbiano preso la decisione di pubblicare numerosi documenti ottenuti illegalmente riguardanti il centro di detenzione di Guantanamo Bay."

Questa dichiarazioni mostrano come il richiamo a gran voce da parte dell'imperialismo americano alla democrazia e ai diritti umani, serva di fatto solo da copertura alle imprese criminali iniziate con Bush e proseguite con Barak Obama, il quale ultimo non solo ha mantenuto aperto Guantanamo, ma ha validato l'ampio uso di commissioni militari per selezionare le persone rapite e detenerle a vita senza processo.

Lunga vita al Presidente Silvio Berlusconi



A Fukushima la situazione è migliorata nelle ultime settimane? No, anzi. Ma non è di questo che si parla nei media. Per quanto riguarda invece la Libia, nostro partner commerciale e paese alleato fino a pochi mesi or sono, da ieri se ne parla per via del “naturale sviluppo della scelta compiuta” – secondo Giorgio Napolitano – “secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa“, presieduto dal presidente che mesi addietro aveva ricevuto il dittatore Gheddafi con tutti gli onori al Quirinale. In una società gerarchica anche la scaletta della realtà è dettata ai media dalla gerarchia padronale, da personaggi come Berlusconi (che di media è mero proprietario e vigile maitresse) o Napolitano.

Non è casuale che Berlusconi straparli di giustizia ed evochi in chiaro i suoi spropositi sul nucleare. Vuol in tal modo segnare la distanza tra chi comanda e chi non conta un cazzo. Con iattanza e arroganza, ma anche sicuro che nessuno potrà impedirglielo. È determinato soprattutto a cercare le parole e gli slogan che devono determinare il consenso e l’approvazione da parte di un pubblico a cui dice ciò che vuol sentire. Ma è attento anche agli oppositori: per mantenere questa situazione a lui congeniale, ha bisogno di stimolare non solo il rancore e l’odio ma lo stato di frustrazione e il senso del pericolo.

Dice di essere uomo di realtà e realizzazioni (del fare) ma è disposto ad abbandonare tutto pur di salvare ciò che ritiene necessario per garantire la sua posizione e privilegiare gli interessi suoi e dei grandi compari. Berlusconi decide di bombardare la Libia? ed ecco Giorgio Napolitano, 86 anni, che non s’oppone, non richiama l’articolo 11 della Costituzione, il recente trattato con la Libia, ma la risoluzione Onu, la quale prevede tutt’altro che i bombardamenti indiscriminati quali ci sono stati e ci saranno. Una risoluzione alla quale non ha aderito la Germania e molti altri paesi, adottata in spregio allo stesso statuto Onu. Ma si tratta di petrolio, di ragion di stato, oggi in Libia come allora nel blocco sovietico.

E il Pd? Né di qua né di là. È con questi uomini e con questi mezzi che la “sinistra” vuole vincere? Per far che cosa, per bombardare Tripoli come già ebbe a bombardare Belgrado? La gerarchia del potere si ricompone sempre al momento del bisogno, poiché tra i propagandisti di due modelli sociali omologhi non c’è vero conflitto d’interessi. È la tara originale della democrazia padronale, la malattia ereditaria di ogni burocrazia politica. Dovesse succedere qualcosa all’ottuagenario inquilino del Quirinale, Berlusconi alla quarta votazione ne rileverebbe il posto. La ciliegina sul suo diciotto brumaio, nel pieno rispetto della Costituzione.

martedì 26 aprile 2011

Per grazia di Dio e volontà del popolo



«L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».

Nel caso libico non si tratta nemmeno di una controversia internazionale (fattispecie che non ci autorizza a bombardare), ma di una guerra civile interna. L’avvallo ai bombardamenti aerei viene da Napolitano: ''L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio supremo di difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento''. Si è dimenticato di dirci se questa “linea fissata” da lui medesimo è nel pieno rispetto dell’art. 11 della Costituzione.

Abbiamo la scusa che sono stati gli Usa a chiedercelo. Un paese che pratica l’aggressione armata, il rapimento e la tortura sistematici: detenuti trasportati nel campo di prigionia di Guantanamo “in gabbie, imprigionati per anni senza alcuna formale incriminazioni, sulla base di prove quanto mai labili o estratte con maltrattamenti quando non con torture vere e proprie”. Secondo il Guardian “che ha scandagliato i documenti dopo averli ricevuti dal New York Times, Mohammed Sadiq, un contadino afghano all'epoca di 89 anni malato di demenza senile, e un ragazzino di 14 imprigionato dopo esser stato rapito e costretto ad arruolarsi in una banda talebana”.

Buona pasqua



C’è san Giuseppe con l’erede, la Madonna biondissima, Francesco Forgione e, tra qualche giorno, anche l’ex chief executive officer di Vatikan Corporation. Ai fedeli non interessa la sofistica distinzione tra venerazione e adorazione, l’importante è il risultato: una guarigione oppure un terno al lotto, o anche solo una promessa tacita. Del resto gli idoli sono fatti tutti della farina del medesimo sacco.

Fuori, nella pinetina, nei pressi della chiesa in cemento armato, giunge diffusa dagli altoparlanti la santa messa. È celebrata da un prete biondiccio con un accento fortemente straniero, nord europeo, ma non assomiglia per nulla ad altri. Il luogo trabocca di semplici che cercano di sfuggire alla loro natura mortale confidando nel battesimo e nell’osservanza più o meno scrupolosa dei rituali e dei sacramenti. Non mi disturbano, non più di altri rumori di sottofondo.

Mi ridesto dai casi miei solo quando inizia l’omelia. Essendo pasqua l’argomento è scontato, la resurrezione. Anzi, la risurrezione, come dice l’officiante. Il concione è improntato sul versante storico: ci sarebbero almeno 500 testimoni dell’evento. Ripete il dato, ben sicuro che nessuno dei presenti azzarderà una glossa. Cinquecento, perché no? Con la propria firma in calce al verbale, vidimato a Roma.

Ci sono migliaia di testimoni pronti a giurare che Sai Baba, il cui cadavere è ancora caldo, faceva comparire orologi d’oro dal nulla (non sono mai riuscito a scoprirne la marca). Ogni anno centinaia di testimoni, individuali o di gruppo, sono pronti a giurare sul fenomeno ufologico. Digitando “paul mccartney death” su Google ottengo 12.700.000 link. I testimoni non sono un problema, salvo che nel caso Mills.

C’è però di che riflettere un attimo: se il motivo che regge l’impalcatura cristiana e, segnatamente, cattolica insiste ultimamente nel richiamarsi alla storia anziché alla fede, vuol dire che sono messi maluccio. E anche il proliferare di venerabili è un altro segnale del bisogno dei pastori, ora che è venuta meno la paura del lupo, di segnare la strada alle pecorelle con nuove pietre miliari.

A parte i soliti malanni, il tempo incerto, non è stata una cattiva pasqua.

lunedì 25 aprile 2011

Perché 2 + 2 = 5 o anche ...



Ai primi di aprile, alla Camera, nel corso del dibattito sul cosiddetto processo breve, i deputati del Pd hanno letto, ciascuno, un articolo della Costituzione. L’on. D’Alema, dopo aver letto l’art. 87, volle leggere anche l’incipit dell’articolo successivo che recita: «Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse».

Il prof. Asor Rosa, senza citarlo, ultimamente aveva invocato l’intervento del presidente della repubblica proprio in forza di tale articolo 88. Eugenio Scalfari si riferisce a tali poteri presidenziali ogni domenica. Sembra che questi signori ignorino cosa dice l’articolo 89: «Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri».

Venerdì scorso, Rossana Rossanda se ne avvede di questo lapsus curioso. Dopo di che, a proposito della legge elettorale e del potere che la maggioranza esercita in forza del premio di maggioranza, scrive:

[…] penso che i costituenti, affidando questo potere alla maggioranza, la pensassero del tutto rappresentativa del voto, ignorando che potesse essere gonfiata attraverso un premio di maggioranza che la allarga molto al di là della sua effettiva presenza elettorale.

[…] Se si votasse con una proporzionale decente Berlusconi avrebbe una assai modesta maggioranza relativa; la Lega non basterebbe e una sua caduta per via parlamentare sarebbe possibile. Ma con il "porcellum" e il premio di maggioranza che comporta, la dialettica parlamentare è azzerata.

Come è possibile che in una repubblica così assolutamente parlamentare, sia lecito inchiodare così il parlamento? La risposta è semplice: la legge elettorale detta "porcellum" piaceva non solo a Berlusconi ma anche a D'Alema, Veltroni, Prodi - solleticati dall'idea di funzionare come potere assoluto, iperpresidenti. Nessun governo di centrosinistra si sognò di cambiarla.

[…] Asor Rosa ha un bell'invocare uno stato d'emergenza democratica. E' il senso della parola "democrazia" che è sfuggito a destra e a sinistra […].

giovedì 21 aprile 2011

Il grande fuoco



Nei soli primi tre anni della crisi gli stati hanno profuso per il salvataggio delle banche e dei grandi istituti finanziari circa 15.000mld di dollari, ossia un quarto del Pil mondiale. Gli stati più esposti al cataclisma finanziario sono stati costretti a intervenire per evitare il crollo del sistema, poiché tale crisi è una crisi di sistema. Le somme erogate sono state sottratte agli investimenti sociali e attingendo a nuovo debito statale.

Negli Usa è stata istituita un’apposita commissione, presieduta dall'ex tesoriere democratico dello stato della California Phil Angelides e come vice-presidente Bill Thomas, un ex membro del Congresso repubblicano, per stabilire le “cause della crisi finanziaria ed economica negli Usa”. Nei diciotto mesi di lavori ha tra l’altro esperito indagini su dieci dei maggiori gruppi finanziari e sul ruolo svolto dalle nove principali istituzioni di regolazione e sorveglianza.

mercoledì 20 aprile 2011

L'involucro del potere



Quando alcuni esponenti del capitale finanziario decidono di lanciare una speculazione sulle materie prime o per esempio sulle granaglie, essi decidono di fatto quante bocche non sfamare più. Il capitale mostra una calcolata indifferenza verso i più autentici bisogni umani e calibra ogni attività per favorire l’efficienza illimitata del profitto lucrativo. Si serve della politica poiché questa non ha alcun effettivo controllo sulla produzione, gli investimenti, il credito e la moneta, il territorio, ma è indispensabile solo a mantenere l’ordine pubblico e l’aggiornamento della menzogna mediatica.

Quando le multinazionali decidono di brevettare un determinato tipo di semente, si comportano allo stesso modo, così come quando decidono di finanziare un certo tipo di ricerca medica anziché un altro. Vediamo dunque che le azioni che influenzano durevolmente il destino dell’umanità, le grandi decisioni nazionali sulla vita e la morte, sono lasciate in mano a coloro che finanziano e controllano l'élite tecnologica.

Gli usi politici ed economici della conoscenza non sono una novità della nostra epoca. Il capitale ha però un’arma potente in più rispetto al passato, poiché usa l’effetto globale dell’ideologia scientifica, la sua “santificazione”, come mezzo di giustificazione e per il controllo sociale totale. Ne vediamo un esempio eclatante con la vicenda di Fukushima, laddove la contaminazione radioattiva di migliaia e a volte di milioni di volte il limite legale va di pari passo con la diffusione di notizie “stabilizzanti”.

Tutto questo si chiama libero mercato, ovvero l’esercizio legale della violenza economica contro i viventi, gli ecosistemi e il territorio. Che cosa ha a che fare la democrazia con questo? Lo spettacolo di scadimento politico e culturale a cui assistiamo non è casuale in rapporto a tale stato di cose e la democrazia è diventata solo una scatola vuota, l'involucro del potere.

akira kurosawa

La Agencia de Seguridad Nuclear e Industrial de Japón (NISA, por sus siglas en inglés) ha confirmado hoy que las barras de combustible de los reactores 1 y 3 de la central nuclear de Fukushima I, en crisis desde el terremoto y posterior tsunami del 11 de marzo, se han fundido parcialmente (El Pais).

C'è voluto più di un mese ma alla fine hanno dovuto ammeterlo. Non è Chernobyl, è peggio.



martedì 19 aprile 2011

Tanto peggio e tanto meglio?



Il diciotto brumaio del cognato di Mubarak s’è protratto fin troppo e con ogni evidenza per colpa recidiva della “sinistra”. L’analisi che ne fa oggi Alberto Asor Rosa, almeno da questo punto di vista, non fa una grinza: «La domanda che innanzi tutto ponevo nel mio precedente articolo era: è vero o non è vero che esiste in Italia una situazione di rischio mortale per la democrazia ad opera del progetto politico e, se si vuole, anche della megalomania (ma questa è l'associazione che sempre si verifica in casi del genere) dell'attuale Presidente del Consiglio? Questo è il punto, questo è il punto, questo è il punto».

Egli insiste però nel chiedere risposte, urgenti, alla classe politica. Risposte che questa classe politica, che questo sistema, non può dare non solo per incapacità. Questi ex "comunisti" sono due volte rinnegati: una prima volta quando dichiarano di non essere mai stati comunisti ma di aver aderito al PCI per "scelta etica"; una seconda volta quando, venuta meno evidentemente la "scelta etica", si sono piegati ai grandi interesi della borghesia nazionale e internazionale permettendo il saccheggio del patrimonio pubblico, la riduzione drastica dei diritti del lavoro, la riduzione dei salari, i tagli e ritagli sociali, la guerra, eccetera eccetera.

A.R. non prende atto di tale condizione politica, anche se l'avverte in qualche modo, e anzi rilancia: «Ci si può accontentare del residuo, sempre più disperato gioco delle parti all'interno delle Camere? È possibile invece prevedere una consultazione preventiva e non necessariamente pre-elettorale di tutte le forze di opposizione - tutte le forze di opposizione - per una denuncia clamorosa di quanto sta accadendo?».

Le forze che dicono di opporsi a Berlusconi hanno dimostrato a dismisura, per ultimo nella lettera di Veltroni al Corriere, che non vi è alcuna decisa volontà di contrastare efficacemente Berlusconi. E questa volontà dovrebbe dimostrarsi anzitutto nella coesione (che non c’è) e proponendo un’alternativa credibile e non la solita minestrina riscaldata dei “ritocchini” qua e là, delle aggiustatine e delle “riforme” senza appetito e attente a non ledere, soprattutto, gli interessi di questo o quello. Se solo il dieci per cento di chi si astiene dal voto fosse convinto da idee serie di cambiamento, pur in senso riformista, la maggioranza al centro-sinistra non mancherebbe in caso di elezioni. Ma come fai a votare per i democristiani obbedienti al Vaticano, per i Rutelli e Binetti che fino all’altro giorno sedevano nel Pd, per i Veltroni o i D’Alema ossequenti alla Fiat e alla Nato? Ma vogliamo scherzare?

E allora ci teniamo Berlusconi fin che morte non ci separi? Tanto peggio e tanto meglio? Non è vero che ce ne possiamo fregare delle contraddizioni interne alla borghesia quando queste hanno così grande peso nella politica e per le nostre condizioni di vita. Così come è da suicidi affermare che non c’importa dell’attuale sistema istituzionale rispetto al tentativo autoritario berlusconiano, ormai protratto e in parte realizzato, di mandare a monte le cosiddette “regole democratiche”. Tutto questo sarebbe ragionevole se avessimo, ripeto, una prospettiva riformista almeno più seria.  Non si chiede la luna, ma mancando anche questa labile prospettiva, la mia risposta, per quel che vale, l’ho già data alla fine di questo post.

lunedì 18 aprile 2011

Il casinò globale



Non c’è una sola Fukushima in Giappone, ce ne sono due, a poca distanza una dall’altra. Ma anche in Europa ci sono delle Fukushima, non emettono radiazioni, ma debito pubblico. Gli effetti sono diversi ma in tutti i casi si può parlare ugualmente di  disastro.

Il credit default swap è come una polizza di assicurazione. La finanza ha creato questo strumento di copertura del rischio, sia per quanto riguarda il debito statale che privato: Tizio ha comprato l'obbligazione emessa da Caio, ma vuole esser sicuro che Caio rimborsi il capitale alla scadenza. Quindi si rivolge a Sempronio per assicurarsi il suo credito, pagando periodicamente una somma come fosse una polizza per la grandine. Se, per esempio, il valore dei titoli di Stato acquistati è di 100mila euro (facciali), e il credit default swap è di 120 punti base, vuol dire che Tizio deve pagare ogni anno 1.200 euro per essere sicuro del rimborso. Ma diversamente da una normale polizza assicurativa, questi cds sono quotati in mercati over the counter, e se il costo dovesse balzare, mettiamo, a 600 punti base, vuol dire che il mercato teme che il debitore Caio avrà difficoltà a far fronte ai propri impegni. Un esempio: il debito di uno Stato – cui i cds sono legati, cioè la polizza assicurativa, – è oggetto di speculazione da parte di un gruppo di finanzieri i quali, dopo aver fatto incetta di polizze su quel determinato titolo di debito, hanno tutto l'interesse a scatenare una grandinata mediatica (i detentori di titoli del debito corrono a comprare cds per garantirsi) e fare in modo che il "premio" da pagare su quel debito – cioè il cds – aumenti. A ciò si deve aggiungere che tali cds vengono comprati e venduti al telefono! Perciò non si sa mai bene cosa succede, può essere per esempio che il valore dei cds su un determinato debito superi addirittura il debito stesso (è il caso della Telecom). Si è arrivati al punto di scambiare cds naked (cioè nudi, come dice la parola stessa) cioè non basati sulla copertura di un titolo o un altro valore, ma sul nulla!

Come si vede dal grafico qui sopra, la Grecia ha un cds di 1.262 punti base (record storico per l'Europa), su 10.000, ciò vuol dire che se acquisto dei titoli del debito greco devo pagare quasi il 13% di "assicurazione"! Vuol dire anche che la Grecia è tecnicamente fallita, mentre Portogallo e Irlanda, con 615 e 590 punti, si stanno preparando a seguirla. Naturalmente i cds sono solo un effetto, la causa è sempre l'economia reale.

Non siamo ancora usciti dalla crisi finanziaria (ma ne usciremo? No!) e ci stiamo avviando a un’altra debacle. Ne riparliamo tra qualche mese.


はい、靴は磨かれ



Mentre la stampa non si cura quasi più di cosa sta succedendo in Giappone, dove è in atto un incidente nucleare di dimensioni pari e forse più grave di quello di Chernobyl, ieri la Tokyo Electric Power Company (Tepco) ha annunciato un piano in due fasi per stabilizzare i quattro reattori nel suo stabilimento di Fukushima Daiichi entro sei-nove mesi. Le misure dovrebbero tendere, secondo le ottimistiche previsioni della società elettrica, a ridurre le perdite di radiazioni nei prossimi tre mesi, quindi a raggiungere l’"arresto a freddo" dei reattori in altri tre - sei mesi. Per il momento, dato il livello delle radiazioni, i tecnici giapponesi non possono entrare nella centrale.

Inoltre, nella conferenza stampa televisiva, il presidente della società, Tsunehisa Katsumata, oltre a profondersi in inchini (per la gioia dei fotografi), ha promesso che la società avrebbe fatto il possibile per assicurare che gli sfollati sarebbero tornati alle loro case e "il popolo giapponese potrà vivere senza preoccupazioni". Se noi crediamo a quello che ci raccontano i politicanti italiani, perché meravigliarsi che i giapponesi possano credere a queste fandonie?

Le temperature dei rettori 1, 2 e 3 sono attualmente “controllate” dal pompaggio continuo di acqua. Si ritiene che il contenitori del materiale fissile di almeno uno dei reattori abbia subito danni tali da permettere la fuoriuscita di combustibile nucleare nel vaso di contenimento esterno.

Prima di riavviare i normali sistemi di raffreddamento, si devono pompare circa 60.000 tonnellate di acqua altamente radioattiva dagli scantinati degli edifici dove alloggiano le turbine, così come nei tunnel di servizio. Dove si scarichi poi  quest’acqua è facile immaginarlo, così come non è difficile prevedere che un piatto di sushi sostituirà presto le normali lampadine domestiche. Sabato si sono registrati picchi di radioattività (iodio-131) di 6.500 volte il limite legale nell'acqua di mare nei pressi dello stabilimento, mentre fino al giorno prima era di “solo” 1.100. I livelli di cesio-134 e cesio-137 sono aumenti di quasi quattro volte. Mentre lo iodio-131 ha un tempo di dimezzamento di 8 giorni, il cesio-134 e cesio-137 hanno tempi di dimezzamento di 2 e 30 anni rispettivamente.

Per le decine di migliaia di residenti della zona costretti a sfollare, non sarà quindi possibile alcun ritorno forse per anni o anche per sempre. Il Financial Times ha scritto ieri proprio in tal senso. Nel tentativo di contenere la rabbia che sta montando tra gli sfollati, il governo ha ordinato la scorsa settimana alla Tepco di effettuare i pagamenti di compensazione per 50.000 famiglie. I pagamenti per le famiglie ammontano a 750.000 yen (9.000 dollari), che in Giappone equivalgono ad una vera miseria, specie per coloro che non hanno nulla e sopravvivono nei rifugi d'emergenza.

La società ha chiesto, a sua volta, 2.000 miliardi di yen in prestiti di emergenza. Tuttavia, l’amministratore delegato, Masataka Shimizu, ha dichiarato che la maggior parte del denaro sarà necessaria per riparare le strutture danneggiate e per l'acquisto extra di gas naturale e altri combustibili per le centrali elettriche alternative per compensare la perdita dei suoi impianti nucleari.

Il New York Times ha riferito sabato che due multinazionali, la Hitachi e la Toshiba, hanno predisposto un piano, tra esse concorrenziale, per la bonifica dell’area della centrale. Hitachi ha previsto che ci vorranno almeno tre decenni per completare il processo, mentre la sua rivale sostiene che potrebbe essere fatto in meno di 10 anni. La bonifica dopo l'incidente 1979 presso l'impianto di Three Mile Island, che aveva coinvolto un solo reattore, è durata 14 anni ed è costata una follia.

Nota curiosa: quanti hanno letto il terzo quesito referendario sul nucleare? Sono giusto un paio di righe, chiarissime: qui. Un bravo a chi riesce leggerlo tutto e la tessera dell'IDV a chi riesce a decifrarlo.

domenica 17 aprile 2011

Il discorso del Presidente



Il boom dei prezzi dei beni alimentari rappresenta un grave rischio per milioni di persone nel mondo. I prezzi del cibo sono in crescita sin dalla seconda metà del 2010 e siamo ormai ai picchi raggiunti all'inizio del 2008. Anche i prezzi delle materie prime agricole è aumentata significativamente portandosi sui livelli più alti dal 2006. Nei Paesi in via di sviluppo i poveri spendono circa metà del loro reddito per sfamarsi. Alcune stime suggeriscono che negli ultimi mesi circa 44 milioni di persone sono finite in povertà come conseguenza dell'aumento dei prezzi dei beni alimentari. Una volta cadute in povertà le persone tendono a restarvi intrappolate.

Uno stralcio del discorso di Raul Castro? No, del presidente del Financial Stability Board.

sabato 16 aprile 2011

Veltroni, Pisanu e la malafemmina



Il vecchio mondo agonizzante dello spettacolo politico dà soprassalti anche fuori dagli schermi televisivi e torna all’antica vocazione scritturale con una lettera di Veltroni (e Pisanu) al Corriere che inizia con la solita spalmata di evocazioni sulle grandi virtù civili dell’Italia (altro che i barbari d’oltralpe), citando il risorgimento, la prima guerra mondiale e poi la resistenza (dimentichi quindi che l’Italia è stata precorritrice del fascismo, durato per lunga pezza e finito solo con la sconfitta militare). “Così è stato – proseguono i due comparielli – negli anni duri del terrorismo, delle stragi e delle minacce alla democrazia” (scordano evidentemente a quali fini avvenivano le stragi organizzate e dirette dagli apparati dello Stato, ecc.).

«Scriviamo queste parole, uomini di diverse convinzioni politiche, solo perché mossi dalla comune, angosciata constatazione di un rapido e generale declino del nostro Paese. Non si può restare inerti e silenziosi quando si vede il Parlamento ridursi a teatro di manifestazioni indegne; l' equilibrio dei poteri democratici vacillare quotidianamente; lo spirito pubblico spegnersi nella corruzione dilagante e perfino nel disconoscimento dell' unità nazionale e dell' Unione europea».

Bene, e allora cosa propongono? “Bisogna dunque creare le condizioni politiche e istituzionali perché si torni al confronto positivo sui veri problemi degli italiani. I problemi non sono ideologie, sono fatti, solo fatti sui quali deve svilupparsi la competizione democratica: vince chi indica la soluzione migliore”. Eccola qua un’altra buona dose di ideologia a buon mercato: vince chi indica la soluzione migliore. Finora, sulla base dei risultati elettorali, non è stato così. Anche perché cosa s’intende per soluzione migliore, per il “bene del paese”? Ma la società è fatta soprattutto di classi sociali e di relativi interessi contrapposti che sono la vera chiave di lettura dei passati e presenti conflitti. Il denaro è assai meno volatile dell’ideologia, chiedano a Berlusconi che ha contezza della versatilità lucrativa della politica.

“Non vogliamo dunque tornare a formule pur meritorie del passato, ma aprire una nuova fase della vita repubblicana e spalancare ai giovani le porte della politica”. Perché Veltroni, come aveva solennemente promesso, non lascia lui per primo spazio ai “giovani”? Ha collezionato sei legislature (Pisanu: dieci!) e la maggior parte dei suoi colleghi di partito sono in Parlamento da almeno altrettante, diano quindi l’esempio una buona volta! Ma quello di Veltroni è solo un modo di esonerare la sua coscienza facendo ricorso ad affermazioni drogate di retorica.

“Solo con questo spirito possiamo uscire dalla stretta soffocante del bipolarismo immaturo e litigioso, per costruirne uno più avanzato di tipo europeo. Altrimenti le elezioni anticipate diventano il solo, estremo rimedio”. Con lo “spirito” non si va da nessuna parte, soprattutto se è quello fatuo ed esangue di Veltroni, il quale (ed è questa la chiave di lettura della lettera) teme le elezioni anticipate quale estremo rimedio.

Veltroni Valter finge di non sapere che simili boutade sono utili solo a Berlusconi, il quale può giocarsi tutti i Pisanu di sponda che vuole. Il risultato è che il Pd rappresenta ormai solo circa un quarto dell’elettorato, è un partito confuso i cui numerosi piccoli leader litigano su tutto, qualche volta odiandosi amichevolmente. Egli stesso, Veltroni, è l’emblema dell’assenza di una linea purchessia all’infuori del desiderio, espresso a parole, di far fuori il tiranno. Veltroni, per la sua condizione, non può prendere atto soprattutto di una cosa, del resto evidente, e cioè che la distanza tra noi che stiamo in basso e loro che pensano di decidere il mondo e creare la realtà, è diventata incolmabile. Che i nostri più autentici bisogni e le nostre aspirazioni non possono trovare rappresentanza adeguata nelle forme canoniche della politica, né italiana e nemmeno europea, poiché si tratta palesemente di una politica che rappresenta anzitutto gli interessi di quella minoranza schiavista che si chiama, a giusto titolo, classe dominante. E poi, parliamoci chiaro, come possono pretendere di fare da garanti dei nostri interessi questi imitatori improvvisati e maldestri di Totò e Peppino?

Anche questi erano palestinesi

venerdì 15 aprile 2011

Siamo contro le rinnovabili, anzi, Nimby


Se si cercano notizie di giornata sul Corriere della Sera per quanto riguarda Fukushima è fatica sprecata. Si compensa con altro. Per esempio con questo articolo. Titolo: Nimby, gli italiani si scoprono anti-rinnovabili. Cazzo, pensavamo che fossero in stragrande maggioranza contro il nucleare e ora invece ci dicono il contrario, e cioè che anche le centrali a biomasse sono sotto accusa: 
«E a pensare che sono nate da un'idea di Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, che da sempre è un fervente sostenitore delle centrali a biomasse, perché producono energia da materiali di origine organica senza aumentare l'anidride carbonica presente nell'aria». 

Ma ‘sto Nimby cos’è? Sono, come dice l’articolista, gli “effetti perversi provocati dalla cultura”, una cultura particolare s’intende, diciamo un atteggiamento. Infatti Nimby è un acronimo, naturalmente di un’espressione americana (not in my back yard, «non nel mio giardino»). E chi lo sostiene ‘sto fatto? L'Osservatorio Nimby, il termometro delle contestazioni ambientali in Italia, “promosso dall'istituto di ricerca Aris”. Perbacco. 

Mi è venuta la curiosità di sapere di quale istituto di ricerca si tratta. L’Aris è un'associazione no profit che “progetta e realizza studi, ricerche e iniziative di divulgazione nei settori ambiente ed energia, infrastrutture e trasporti, industria e servizi”. E gestisce il progetto Nimby Forum® , il quale “consiste in un Osservatorio Media Permanente che monitora il fenomeno delle contestazioni territoriali ambientali in Italia attraverso un'analisi approfondita dei media nazionali”. Insomma, un’iniziativa per monitorare giornali e Tv per via delle contestazioni ambientali.

E veniamo al presidente dell’associazione no-profit, Alessandro Beulcke. Egli è anche e ovviamente il “presidente del NimbyForum®, comunicatore, si occupa di cultura della comunicazione, del dialogo e della partecipazione in ambito territoriale. Inizia la sua attività professionale nel 1990 in Von Klier Associati, società di Corporate Image del Gruppo Olivetti. Nel 1997 entra nella società di relazioni pubbliche PDC, di cui diventa l'anno successivo Responsabile Sviluppo e Partner. Nel 2002, fonda Allea di cui è attualmente Presidente. Nel 2004 crea il progetto Nimby Forum®, oggi il più accreditato think tank nazionale negli ambiti di ricerca. È Presidente di ARIS, l'organizzazione che gestisce Nimby Forum®, il Festival dell'Energia e altri progetti di divulgazione”.

Non sono specificati titoli accademici, ma veniamo a sapere che Beulke organizza il festival dell’energia. Come quello che si è tenuto nel 2010 a Lecce, “in collaborazione con il Corriere della Sera, Assoelettrica e Federutility. L'evento ha visto anche la partecipazione di George De Loach, sindaco della città di Waynesboro (Georgia, Sud degli Stati Uniti), che ospiterà una delle prossime centrali nucleari americane. Una sessione era dedicata al nucleare e intitolata "Vincere la paura con la ragione?".

Dichiara il presidente Beulcke: “nel 1987 gli italiani sono andati a votare sul nucleare, che di fatto non era nemmeno partito. Dopo più di vent’anni si è tornati a parlare di nucleare ma, dall’approvazione del ddl che ne sanciva il ritorno, non è successo quasi nulla. E questo mentre è emersa con sempre maggiore evidenza la carenza di informazione diffusa al riguardo. Solo in questi giorni abbiamo assistito a una campagna informativa a cura del Forum Nucleare, ma è l’unica iniziativa di rilievo, e c’è ancora molto da fare”.

Ed è anche, come detto, presidente di Allea (comunicazioni e relazioni istituzionali recita l’intestazione del sito). Su internet viene fuori che Allea è una srl di pubbliche relazioni e marketing – Via Benedetto Marcello, 2 - 20124 Milano, il cui sito aziendale è: www.allea.net – www.nimbyforum. net. Si occupa di “Sviluppare e consolidare la reputazione e l'immagine dei clienti, creare le condizioni per favorire consenso e partecipazione verso iniziative e progetti, sviluppare network relazionali tra gli stakeholder, elaborare e realizzare strategie di comunicazione efficaci”. Possiede anche un blog, dove c’è un’intervista con il sindaco di Firenze, Rienzi.

Ecco, mi sono tolto lo sfizio di sapere a quale “istituto di ricerca” si riferisce l’articolo del Corriere.

Restiamo calmi

Con l’ultimo periodo della direzione di Riccardo Barenghi pensavo che il quotidiano il manifesto avesse toccato il fondo. Sottovalutavo che l’avvenire può riservare tutte le sorprese e vi è sempre posto per quelli che aspirano a qualche primato superando i precursori.


Maurizio Matteuzzi, l’eccellente corrispondente del manifesto, per esempio, è stato duramente “redarguito” proprio da Asor Rosa per essersi permesso di pubblicare un’intervista a Battisti e aver poi scritto come stavano le cose in merito alla sua estradizione dal Brasile.  Poi Matteuzzi è stato mandato a Tripoli, ma dopo un paio di articoli, sgraditi anzitutto a Rossana Rossanda, è stato mandato a pelare patate in cambusa.

Insomma se non sei ottuagenario e disposto a scrivere sciocchezze, la vita è difficile anche al manifesto. Oggi, in prima pagina, il direttore Norma Rangeri, scrive: «Che tristezza, che indegna campagna si sta scatenando contro il nostro collaboratore Alberto Asor Rosa. Addirittura girano appelli bipartisan, meritevoli di altri destinatari, per questo mai disturbati. Asor Rosa è un intellettuale che esprime liberamente il suo pensiero, talvolta in modo paradossale».

Non leggo i giornali di Berlusconi e non ascolto i suoi servi alla televisione o in Parlamento, perciò non so a quale campagna si riferisca Norma Rangeri e può darsi che abbia ragione, anzi senz’altro vista la canea in circolazione. M’interessa invece la storia e il buon nome del quotidiano perché è un po’ anche patrimonio dei suoi lettori e sostenitori. E se è del tutto legittimo che Asor Rosa esprima liberamente il suo pensiero, talvolta in modo paradossale, passando con disinvoltura dalla concezione materialistica a quella poliziesca della storia, è altrettanto pacifico che non era obbligatorio pubblicare il suo pronunciamiento. Non per censura, ma perché certe “provocazioni facili alle strumentalizzazioni”, non si sente il bisogno di leggerle proprio su il manifesto.

Uguali nel cambiamento



Di quello che scrive Alberto Asor Rosa – ora viene fatto passare per un pensionato ottuagenario che non saprebbe bene quel che dice – è responsabile egli stesso e chi ne pubblica le esortazioni. Ma i mandanti sono molti, a cominciare da Eugenio Scalfari che non manca occasione per invocare lo scioglimento delle Camere d’autorità. Giorni fa, alla Camera, quando i deputati leggevano ognuno un articolo della Costituzione, Massimo D’Alema andò oltre, volle leggere, dopo l’articolo 87 anche l’inizio dell’articolo successivo: Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.

Vogliono andare alle elezioni, sicuri di vincerle, ma non hanno un margine, nei sondaggi, per essere certi di nulla. La stessa cosa che è successa alla Camera il 14 dicembre scorso. Anche perché determinanti saranno gli attuali indecisi, che sono, sempre secondo i sondaggi (tutti, anche quelli fatti in casa) legioni. Quindi rischiano di prendere una randellata definitiva, e ciò nonostante insistono. Hanno cuore italiano, loro. Non lo fanno per calcolo e interesse, ma per il bene del paese. L’unica cosa che sanno dire e gridare in televisione (ieri sera la Bonino) è di essere liberali.

Prendiamo la cosa da un punto di vista meramente riformista. Non hanno un programma, non un’idea alternativa a questa società. Non sono né di sinistra e non sanno essere veramente conservatori. Essi occupano una posizione intermedia, la più subdola. Dicono di essere per le riforme, ma chi non lo afferma? Per quale motivo un elettore di sinistra dovrebbe votare per loro, e soprattutto perché dovrebbe votare? E come potrebbero formare un governo se sono divisi in tutto, dal nucleare al testamento biologico, sul referendum per l’acqua, sulla giustizia e la patrimoniale. Come possiamo fidarci degli ex democristiani, e dei "mai stati comunisti" Veltroni e D’Alema, di uno come Di Pietro che candida Scilipoti e compagnia? Di gente che quando c’è da votare, per ben due volte, contro leggi decisive a favore dell’evasione fiscale, trova scuse incredibili per non votare? Che scalpita contro la legge elettorale attuale ma in due anni non ha mosso paglia per modificarla? Che con l’acerrimo nemico Berlusconi è arrivata a ogni compromesso? Quello che vogliono è solo il potere, quello delle poltrone e delle nomine, del ménage affaristico in grande stile, la privatizzazione del welfare, public companies, ecc.. Il resto è contorno, ideologia e propaganda, il ritocco di qualche balzaello o tariffa che nulla cambia.

Un galantuomo borghese e moderato come Francesco Saverio Nitti poteva dire: Non credo che la classe dominante possa volontariamente spogliarsi dei propri privilegi. Voglio dunque che coloro che sono in basso si organizzino e lottino, e che le riforme siano fatte non solo per il popolo, ma mediante il popolo. Chi degli attuali maggiorenti del Pd sarebbe disposto a dare pratica attuazione a tali parole? Chi degli attuali notabili del Pd se la sente di affermare queste stesse parole in Tv? Quando mai questi servitori del capitale hanno minimamente messo in conto di poter modificare nella sostanza i rapporti tra capitale e lavoro, tra Stato ed economia, ovvero i caratteri generali su cui regge la dittatura della borghesia, o anche solo ribaltare le posizioni decisive dell'apparato burocratico amministrativo? Vogliono creare “posti di lavoro”, ma su cosa produrre e come, cosa mangiare, bere, respirare, lo decide il capitale!

giovedì 14 aprile 2011

Vogliamo i colonnelli


I giornali li leggo al pomeriggio e guardo poco la Tv, per nulla quando vi soggiorna il sig. Giuliano Ferrara. Perciò quanto ho scritto stamane (nel post precedente) non tiene in conto, nemmeno indirettamente, di quanto può aver detto ieri il Ferrara in riferimento all’articolo del prof. Alberto Asor Rosa, né della brevissima replica di quest’ultimo, apparsa su il manifesto di oggi. Pare di capire però – dal trafiletto – che il Ferrara abbia manifestato sconcerto in relazione all’intervento di Carabinieri e Polizia (le maiuscole, ieri come oggi, sono di A.R.) invocato e auspicato dal Professore “a difesa della democrazia in Italia”.

Non mi interessa sapere come e cosa abbia argomentato al riguardo il Ferrara, ma resta il fatto che A.R. ha chiesto una «prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura … un normale “stato d'emergenza”, si avvale … dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi … ».

Una “prova di forza” quindi, con l’uso o la minaccia delle armi che porti alla proclamazione di uno “stato di emergenza” e alla chiusura del Parlamento, allo scopo di riformare la legge elettorale e farne una sul conflitto d’interessi. Ora perché mai, obiettavo nel post precedente, dovrebbero intervenire le forze armate (tali sono tra l’altro i carabinieri) e la polizia, per fare ciò che i partiti politici di opposizione non hanno voluto fare quand’erano al governo, con il rischio concreto di fomentare una guerra civile?

Insomma, Asor Rosa è uno stimato e riconosciuto intellettuale e scrive su un giornale a diffusione nazionale, non un blogger qualsiasi che cazzeggia nel suo sito letto da qualche dozzina d’internauti. Possibile che non si renda conto e anzi insista? E veniamo al merito. Berlusconi non ha soppresso la democrazia in Italia, tanto è vero che il centro-sinistra ha vinto per ben due volte le elezioni. Che poi abbia ridotto il Parlamento ad un bivacco di nominati e mantenuti è colpa anche della sinistra che, quando al governo, non vi ha posto rimedio. Berlusconi non è solo il risultato di Cicchitto e Bossi, ma di D’Alema e Veltroni; non solo di Casini e Fini, ma anche di Violante e Bertinotti. Per tutti gli altri capetti e mezze figure, al massimo potrà essere invocata in sede di giudizio storico l’attenuante di essersi dimostrati troppo timidi, ma non si tratterà di un’assoluzione.

Nel 2006, per riferirsi solo a tempi recenti, l’on. Berlusoni, plurimputato e sconfitto alle elezioni europee, amministrative e politiche, era politicamente all’angolo. Nel dicembre 2007 era ridotto alle “comiche finali”. Tuttavia, invece di dargli il colpo finale con due righe in gazzetta ufficiale, con una legge a maggioranza semplice sul conflitto d’interessi e/o di riforma elettorale, per vanità e calcolo personale si preferì affondare il governo Prodi per una seconda volta. Poche settimane dopo “il principale esponente della coalizione avversa” vinse alla grande le elezioni.

Quanto descritto è un dato incontrovertibile se si ha un minimo di considerazione per la verità storica e si sappiano superare le passioni del momento. E inoltre non si può parlare di restauro della democrazia in un paese che con la democrazia ha sempre avuto poco a che vedere, essendo sempre stata questa Repubblica, attentamente e realisticamente considerata, una imitazione monarchica sotto forme repubblicane, nella quale si è mantenuto per decenni in onore leggi e pratiche fasciste, così come attivi i vecchi apparati statuali che assunsero denominazioni e forme nuove permanendo uguali nel cambiamento.

Il putsch di Alberto Asor Rosa



I processi in Italia hanno tempi biblici prima di arrivare a sentenza, anche solo di primo grado. Il nostro paese non ha meno giudici e meno risorse degli altri paesi europei [*], però scrive ancora con la penna d’oca, e ciò fa comodo a parecchi magistrati e naturalmente a molti avvocati (numericamente pletorici). Non parliamo poi delle cause civili. Ma queste sono solo scuse. La prescrizione breve approvata ieri sera dalla Camera serve solo a Berlusconi.

Resta il fatto che una seria riforma, soprattutto procedurale, non la vuole nessuno o quasi della classe dirigente e digerente italiana. Non la magistratura, non gli avvocati e figuriamoci la politica. Alberto Asor Rosa, su  il manifesto di ieri, scrive in riferimento a quanto avviene: «quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d'immondizia sottostante, che, invece d'essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare».

Scrive ancora il professor Asor Rosa, trattando più in generale della situazione istituzionale italiana: «si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell'ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire».

Quindi propone un putsch guidato dall’alto, presumibilmente dal Quirinale. Ma leggiamone il dettaglio: «Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d'emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale».

Asor Rosa sembra dimenticare che l’attuale legge elettorale è stata votata e approvata dal Parlamento, nessun organo costituzionale preposto l’ha dichiarata illegittima, le forze politiche d’opposizione, che l’avevano duramente avversata a parole, hanno avuto due anni di tempo per riformarla, ma ciò nonostante non si sono nemmeno sognati di farlo. Quanto al conflitto d’interessi il centrosinistra ha avuto almeno sette anni per scrivere due righe in gazzetta ufficiale, ma non l’ha fatto; anzi, a sentire l’on. Violante, è stato garantito, a suo tempo, a Berlusconi, il mantenimento di tale vistosa anomalia. Chiedo: in ordine a questi due fatti, per quale motivo dovrebbero intervenire le forze di polizia per “congelare” le Camere e provocare un possibile conflitto armato in Italia?

In merito all’immunità parlamentare, prevista dalla Costituzione (art. 68), essa è stata rimossa dall’ordinamento e un certo Bettino Craxi ha vanamente atteso che almeno un galantuomo si alzasse alla Camera per dire di “non aver preso finanziamenti illeciti”. E se proprio vogliamo insistere sui capisaldi dell’ordinamento repubblicano, partiamo dal primo articolo della Costituzione, laddove afferma che la Repubblica è fondata sul lavoro. È inteso che si tratti del lavoro di milioni di precari, avventizi, cassaintegrati e disoccupati, cioè del massiccio impiego del caporalato legale e del largo abuso dei cosiddetti “ammortizzatori sociali”? E paladina di queste leggi mi pare sia stata, a suo tempo, proprio l’attuale opposizione di centro-sinistra, centrale nel processo di ristrutturazione sociale. Vogliamo parlare dell’articolo 11? I primi bombardamenti sul suolo europeo, su infrastrutture civili di un paese sovrano dopo l'ultimo conflitto mondiale, sono stati autorizzati da un governo di centro-sinistra. I soldi per le bombe da sganciarsi in Oriente e ora in Africa sono stati approvati anche dal centro-sinistra.

Quanto (e concludo) alle cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, Asor Rosa si rende conto di quali esse siano effettivamente? E pensa che sarà sufficiente, anzitutto a fermare il banditismo economico su scala nazionale, l’intervento di polizia e carabinieri? Caro Professore, lasci perdere le prove di forza (ne abbiamo perse tante) e goda la pensione che nonostante tutto le viene accreditata regolarmente e puntualmente il giorno 16 di ogni mese e che proprio modesta non è.