sabato 16 aprile 2011

Veltroni, Pisanu e la malafemmina



Il vecchio mondo agonizzante dello spettacolo politico dà soprassalti anche fuori dagli schermi televisivi e torna all’antica vocazione scritturale con una lettera di Veltroni (e Pisanu) al Corriere che inizia con la solita spalmata di evocazioni sulle grandi virtù civili dell’Italia (altro che i barbari d’oltralpe), citando il risorgimento, la prima guerra mondiale e poi la resistenza (dimentichi quindi che l’Italia è stata precorritrice del fascismo, durato per lunga pezza e finito solo con la sconfitta militare). “Così è stato – proseguono i due comparielli – negli anni duri del terrorismo, delle stragi e delle minacce alla democrazia” (scordano evidentemente a quali fini avvenivano le stragi organizzate e dirette dagli apparati dello Stato, ecc.).

«Scriviamo queste parole, uomini di diverse convinzioni politiche, solo perché mossi dalla comune, angosciata constatazione di un rapido e generale declino del nostro Paese. Non si può restare inerti e silenziosi quando si vede il Parlamento ridursi a teatro di manifestazioni indegne; l' equilibrio dei poteri democratici vacillare quotidianamente; lo spirito pubblico spegnersi nella corruzione dilagante e perfino nel disconoscimento dell' unità nazionale e dell' Unione europea».

Bene, e allora cosa propongono? “Bisogna dunque creare le condizioni politiche e istituzionali perché si torni al confronto positivo sui veri problemi degli italiani. I problemi non sono ideologie, sono fatti, solo fatti sui quali deve svilupparsi la competizione democratica: vince chi indica la soluzione migliore”. Eccola qua un’altra buona dose di ideologia a buon mercato: vince chi indica la soluzione migliore. Finora, sulla base dei risultati elettorali, non è stato così. Anche perché cosa s’intende per soluzione migliore, per il “bene del paese”? Ma la società è fatta soprattutto di classi sociali e di relativi interessi contrapposti che sono la vera chiave di lettura dei passati e presenti conflitti. Il denaro è assai meno volatile dell’ideologia, chiedano a Berlusconi che ha contezza della versatilità lucrativa della politica.

“Non vogliamo dunque tornare a formule pur meritorie del passato, ma aprire una nuova fase della vita repubblicana e spalancare ai giovani le porte della politica”. Perché Veltroni, come aveva solennemente promesso, non lascia lui per primo spazio ai “giovani”? Ha collezionato sei legislature (Pisanu: dieci!) e la maggior parte dei suoi colleghi di partito sono in Parlamento da almeno altrettante, diano quindi l’esempio una buona volta! Ma quello di Veltroni è solo un modo di esonerare la sua coscienza facendo ricorso ad affermazioni drogate di retorica.

“Solo con questo spirito possiamo uscire dalla stretta soffocante del bipolarismo immaturo e litigioso, per costruirne uno più avanzato di tipo europeo. Altrimenti le elezioni anticipate diventano il solo, estremo rimedio”. Con lo “spirito” non si va da nessuna parte, soprattutto se è quello fatuo ed esangue di Veltroni, il quale (ed è questa la chiave di lettura della lettera) teme le elezioni anticipate quale estremo rimedio.

Veltroni Valter finge di non sapere che simili boutade sono utili solo a Berlusconi, il quale può giocarsi tutti i Pisanu di sponda che vuole. Il risultato è che il Pd rappresenta ormai solo circa un quarto dell’elettorato, è un partito confuso i cui numerosi piccoli leader litigano su tutto, qualche volta odiandosi amichevolmente. Egli stesso, Veltroni, è l’emblema dell’assenza di una linea purchessia all’infuori del desiderio, espresso a parole, di far fuori il tiranno. Veltroni, per la sua condizione, non può prendere atto soprattutto di una cosa, del resto evidente, e cioè che la distanza tra noi che stiamo in basso e loro che pensano di decidere il mondo e creare la realtà, è diventata incolmabile. Che i nostri più autentici bisogni e le nostre aspirazioni non possono trovare rappresentanza adeguata nelle forme canoniche della politica, né italiana e nemmeno europea, poiché si tratta palesemente di una politica che rappresenta anzitutto gli interessi di quella minoranza schiavista che si chiama, a giusto titolo, classe dominante. E poi, parliamoci chiaro, come possono pretendere di fare da garanti dei nostri interessi questi imitatori improvvisati e maldestri di Totò e Peppino?

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