domenica 10 luglio 2011

Padrini e figliocci


L’attacco dell’editoriale odierno di Scalfari sembra scritto quasi da Gianni Riotta. Quasi, perché Gianni nel suo genere è inarrivabile. Diciamo che Scalfari ci prova, citando Macbeth, Re Lear, Mussolini e Hitler, in analogia al declino di Berlusconi e ai “traditori” suoi. Per rivaleggiare alla pari con Riotta avrebbe dovuto chiamare in causa anche il Giulio Cesare e Idi Amin Dada, chiosando di aver discusso di questo con Arthur Schlesinger jr in occasione di un cocktail dei Clinton.

Scalfari scrive che “la fine del regno” si può leggere chiarissima nell’intervista che Berlusconi rilascia a Repubblica: «c'è la stanchezza d'un leader che preannuncia il suo futuro di padre nobile, il disprezzo verso i nemici esterni, l'ira verso i traditori interni, la volontà di mantenere il potere attraverso i figliocci da lui delegati».

A dire il vero Berlusconi il suo disprezzo per i nemici esterni, non ultimi i giudici, l’ha sempre palesato, e dell’ira verso i traditori interni non ha mai fatto mistero, basta citofonare ai tanti transfughi d’antan e a chiunque si sia messo in qualche modo di traverso. Quanto alla stanchezza, era questa un refrain già nelle comiche finali del 2007, ma poi s’è visto negli ultimi cento metri. Insomma si tratta di comprensibile amarezza per un uomo che ha fondato il partito dell’amore.

Sulla volontà di “mantenere il potere attraverso i figliocci da lui delegati”, denota una presa d’atto, mascherata però da una bugia. Non rinuncia a ricandidarsi premier perché avrebbe 77 anni (lo farebbe fino all’ultimo respiro), ma perché ha capito che il prodotto ha bisogno di una nuova confezione e la réclame di un nuovo inganno. Perciò candida il suo Angelino, il quale ha stretto con il nobile padrino un rapporto filiale.

E rende un buon servizio anche a Letta, bruciandolo pronosticandogli con due anni d’anticipo il soglio quirinalizio, “gradito anche alla sinistra che lo voterebbe”. Grazie amico, deve aver pensato Gianni guardando le carte della P4. Poi le note caratteristiche a Tremonti: crede di essere un genio e che gli altri siano tutti cretini. È un giudizio lusinghiero a fronte delle magagne umane dei suoi compagni d’avventura.

La cosa più interessante Berlusconi la dice su Casini e quello che sarà après le déluges: il ricompattamento del centro-destra, poiché Casini non può andare con la “sinistra” e non può stare ancora a lungo senza poltrona. Questo Scalfari ovviamente lo sa, infatti ammonisce i suoi di figliocci: «In questa situazione sarebbe estremamente urgente che il Partito democratico producesse una seria proposta alternativa di politica economica, di politica istituzionale e di legge elettorale. Bersani si era impegnato a farlo subito dopo le elezioni del maggio scorso, ma quella promessa non è stata mantenuta, si è restati nel vago di dichiarazioni che non descrivono una politica nella sua completezza e concretezza. Il Pd rischia di perdere un'occasione storica per ridare un ruolo al centrosinistra e al riformismo». A proposito di occasione storica, Scalfari s’è dimenticato nella penna la parola “ennesima”. E pensare che solo a maggio poteva recitare queste parole:

ora l'inverno del nostro scontento
è reso estate gloriosa da questo sole di York,
e tutte le nuvole che incombevano minacciose
sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo
dell'oceano.

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