mercoledì 3 agosto 2011

L’eugenetica nel XX secolo


L’eugenetica nel XX secolo, che ha risentito molto del darwinismo sociale teorizzato nel secolo precedente, si è basata su un semplice principio: se alla maggior parte dei cittadini disabili non è impedito di riprodurre i loro difetti genetici, la società nel suo complesso deve farsene carico. Se invece lo Stato interviene sterilizzando tali “malati”, ciò potrà migliorare il contesto sociale della parte “sana”, evitando le spese sanitarie per quegli individui che avevano bisogno di essere curati e ricoverati a spese della collettività. In tal modo negli Stati Uniti furono sterilizzate 250mila persone, 60mila in Svezia.

Anche nel caso tedesco, esiste una relazione tra l’ideologia e l’economia. Ed infatti la crisi economica degli anni Venti e Trenta favorì il diffondersi e la presa dell’ideologia della “selezione” anche in Germania. Quando alla povertà subentra la miseria e il cibo diventa una dura conquista quotidiana per decine di milioni di persone, non è difficile per le classi dirigenti nazionali far passare un’idea di buon senso, ovvero che le inutili bocche dei portatori di handicap sono un peso insostenibile per la società. È necessario quindi che lo Stato se ne occupi direttamente, seppur discretamente per non suscitare la reazione dei soliti rompicoglioni rossi e assimilati (e anche di qualche prete se gli tocchi il gregge dal quale ricava la lana).

L’Osservatore Romano ricorda, in un articolo di Ferdinando Cancelli, le parole forti e inequivocabili di Clemens August von Galen, il vescovo di Münster, in Westfalia, pronunciate nella locale chiesa il 3 agosto 1941, “durante gli anni oscuri del nazionalsocialismo”, con le quali, commentando una lettera pastorale dei vescovi tedeschi letta il 26 giugno in tutte le chiese cattoliche della Germania, denunciava che:

«alcune persone ricoverate in luoghi per la cura delle malattie mentali, persone che sono malate da un lungo periodo di tempo e che parrebbero essere inguaribili, sono state prelevate con la forza da suddetti luoghi su ordini provenienti da Berlino. Regolarmente i familiari ricevono poco dopo un avviso con il quale si comunica loro che il paziente è morto, che il suo corpo è stato incenerito e che potranno riceverne le ceneri. Vi è il sospetto diffuso, si direbbe la certezza che questi numerosi decessi inaspettati dei malati mentali non siano conseguenza di cause naturali ma siano provocati intenzionalmente, in accordo con la dottrina secondo la quale è legittimo distruggere una vita, per così dire, "senza valore"» (*).

Fu certamente un atto coraggioso quello del vescovo, ed è giusto ricordarlo. Sarebbe bene anche rilevare che analoghe proteste non vi furono da parte del clero, fin dall'inizio del regime, per la soppressione delle libertà democratiche e la caccia agli oppositori del regime, comunisti e socialisti in particolare, assassinati per strada o rinchiusi nei lager. Né vi furono per la deportazione e lo sterminio di ebrei e zingari, né per il trattamento riservato ai prigionieri russi lasciati letteralmente morire. Inoltre l’articolista non ricorda da chi effettivamente fu ordinato e poi eseguito lo sterminio. Ad essere coinvolti, a vari livelli, nell’operazione di “trattamento” dei bambini e degli adulti ”inutili”, dei mangiatori a sbaffo, furono migliaia di medici, infermieri, religiosi, semplici “operatori”. E naturalmente la dirigenza del Reich con la quale il Vaticano intratteneva proficui rapporti. Gli esseri umani “trattati” furono centinaia di migliaia, tra essi migliaia di bambini. La “gente”, i benpensanti, cattolici e no, sapeva e taceva. Lo sterminio venne ufficialmente sospeso a causa delle proteste del Vescovo e di altri, ma poi tacitamente continuò addirittura per oltre un mese dopo l’arrivo delle truppe alleate!

In ogni epoca furono attuate pratiche di “selezione”, ma solo in tempi relativamente recenti tali pratiche hanno cominciato ad avere l’avvallo di una teorizzazione parascientifica (l’eugenetica), cioè da parte degli “specialisti”, quindi il supporto di un’organizzazione burocratica che provvede ad un sistematico e massivo “trattamento” degli indesiderati. Il modo di chinarsi sul popolo, alla ricerca di tare e turbe, da parte di certa élite medica, psichiatrica, sociologica (non solo nel caso di trattamenti eugenetici), è la palese dimostrazione dell’orgoglio con il quale gli specialisti della borghesia, in ogni campo, partecipano di una cultura di cui essi non sospettano il fallimento e la radicale criminalità.

Nell’articolo del giornale del Vaticano chiude con queste parole: «La tentazione di considerare questi malati semplicemente un peso per la comunità è la prima radice della violenza che in quell'estate del 1941 raggiunse uno dei suoi apici travolgendo vittime e carnefici e inghiottendo tutto l'uomo nel baratro della disumanità». In quell’estate del 1941, ebbe inizio – ma il giornale dei preti non lo ricorda – la più grande invasione militare della storia: l’attacco all’Unione Sovietica, un’aggressione che costò la vita di circa 25 milioni di russi. A chi li mettiamo in conto?

(*) Il cosiddetto programma T-4: l’iniziativa fu ordinata da Hitler nel mese di ottobre 1939, e retrodatata al primo settembre per farla coincidere con l'inizio della guerra. Aveva lo scopo di eliminare le persone portatrici di handicap. Tale operazione fu predisposta congiuntamente dalla Cancelleria del Führer (si trovava sulla Tiergartenstrasse 4, a Berlino, e da ciò deriva la denominazione T-4, che è però successiva al 1945) e il Ministero degli Interni del Reich. I burocrati che gestivano il programma da Berlino finanziavano gli stipendi degli esecutori, cioè di medici e ausiliari, ordinavano il veleno, sbrigavano le pratiche di routine relative al personale e sovrintendevano a una serie di attività collegate. Più di settantamila persone sono state uccise, e molti degli assassini in seguito hanno avuto un ruolo di primo piano nell’uccisione di ebrei e altre vittime nell’Est Europa.

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