lunedì 9 gennaio 2012

Bastavano dei bidelli


Ricapitolo richiamando un post di un anno fa: cosa diceva Dominique Strauss-Kahn (aggiungo oggi: prima di essere fatto fuori)?

Germania e Cina non sono modelli virtuosi da imitare ma bensì “arcipeccatori” del sistema, visto il loro modello di sfruttamento sistematico dei surplus dell’export per potenziare la crescita a spese delle altre nazioni in deficit, che altro non è che una riedizione degli sbilanci tossici globali che hanno fatto riemergere la crisi.
Non servono molte parole di esplicitazione, questa dichiarazione è la chiave di tutto (o quasi). Ci vogliono solo far credere cose che non esistono, favole per bambini nemmeno tanto svegli. Il 24 dicembre scorso scrivevo: Il potere è un rapporto di forza tra le classi e la junta Monti e gli infami che la sostengono non sono solo l’espressione politica di una classe, la borghesia parassitaria in tutte le sue stratificazioni, bensì l’espressione diretta di un progetto economico, politico, ideologico di controllo sociale totale.

Questo progetto ci vede succubi delle oligarchie finanziarie transnazionali che non hanno alcun interesse a difendere e potenziare l’apparato produttivo (altro che crescita), ma solo di accaparrarsi a saldo quel che resta del patrimonio pubblico strategico. Siamo alla mercé quindi dei desiderata di quelle forze che possono manovrare il debito pubblico di cui siamo diventati prigionieri, né più e né meno di altri paesi nella nostra medesima situazione. Smantellare i cardini del nostro sistema sociale e culturale per renderli rispondenti alle “esigenze” del mercato, è l’ultimo aspetto di tale progetto al quale ci si sta dedicando con molta cura e impiego dei media.

La battaglia per lo scontrino fiscale è fumo negli occhi, propaganda. Così la fola dei controlli bancari, ma dei poveri cristi (vedi qui). Chi voleva il controllo dei movimenti bancari è stato fatto saltare in aria con un patto tra Mafia e Stato. Questa è storia, non invettiva. Oltre il 50 per cento delle società di capitale dichiara un reddito in perdita o nullo (senza dimenticare che siamo il paese dei bancarottieri e del falso in bilancio legalizzato sul quale il governo dei "mercati" non ha ancora mosso paglia). Fra un anno ne riparleremo, dopo che il governo avrà brandito le cifre della “lotta all’evasione” con gran clamore mediatico. Il Papa in persona si scomoda contro l’evasione, il capo della piovra vaticana e dell’evasione legalizzata dell’Ici (*).

Tagliano le pensioni e i salari ma comprano armi. Ebbene, Arturo Parisi, già ministro della difesa nel governo Prodi e parlamentare Pd, dichiara al Corriere che la campagna del Pd contro le spese per armamenti è «pregiudiziale e demagogica». Scrivevo in un post a maggio scorso: [Si] parla della Grecia, non quella dei concittadini di Pericle che aspiravano all’arte della fabbricazione del sociale, ma di quella di Papandreou dove i cittadini devono aspirare all’arte di come sbarcare il lunario. De te fabula narratur, prima o poi verrà il nostro turno e allora non ci ricorderemo solo del plissé delle ministre dei governi Berlusconi, ma anche dei 1.700 milioni di euro per nuovi armamenti stanziati dal governo Prodi nel 2007 (dei 2,1 miliardi destinati in aumento alla Difesa), dei 1.550 milioni per l’anno 2008 e dei 1.200 milioni per l’anno 2009.

È facile il vaticinio in un paese guidato da una classe dirigente di miserabili. Il governo Prodi, in due sole finanziarie di rigore e risanamento (come amano chiamarle), è riuscito ad aumentate le spese della Difesa del 17,2% nel biennio 2007-08. Berlusconi non trovò di meglio che proseguire su questa strada, cosa del resto che farà anche il nuovo governo dei “mercati”.

Naturalmente non nego l'evidenza della crisi (che il sistema non è in grado di governare), rilevo solo il fatto che essa rappresenta una buona occasione per portare a compimento il progetto di cui sopra senza resistenze. Tutte le misure economiche e sociali poste in essere (o in procinto di esserlo) dal governo dei “mercati” vanno in questa direzione. Oh sì, dopo aver sistemato pensioni e pensionati, i diritti residui di cui “godono” i salariati (quella parte ancora con un minimo di garanzie), le “liberalizzazioni” faranno il resto, renderanno il mercato più competitivo a vantaggio dei consumatori. È la barzelletta che ci ammantano da vent’anni, la stessa che raccontavano in Argentina.

Da oltre vent’anni vendiamo quote di patrimonio pubblico strategico al capitale privato, perlopiù per risanare il debito statale, ma esso invece di diminuire aumenta poiché è la garanzia reale della nostra sudditanza interna e internazionale. Solo qualche esempio: l’acqua, l’elettricità, le autostrade, i carburanti, ebbene abbiamo le tariffe più care d’Europa. Dobbiamo ancora credere a queste chiacchiere?

Ci volevano i professori quando bastavano dei bidelli?
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(*) Ma, al di là dell’Ici non pagata, la Chiesa gode di altri privilegi. In primo luogo l’acqua. Il Concordato prevede che lo Stato italiano provveda "che alla Città del Vaticano sia assicurata un’adeguata dotazione di acque". Così tocca al Comune di Roma fornire acqua gratis al Vaticano attraverso la sua (oramai ex) municipalizzata Acea. Con la quotazione in borsa alla fine degli anni novanta, l’azienda decide di richiedere al Vaticano un risarcimento per 20 anni di servizio pari a 50 miliardi delle vecchie lire. Infatti, secondo Acea, il Concordato stabilisce che il Vaticano abbia diritto all’acqua gratuita ma non ai servizi accessori come l’allacciamento alla rete fognaria e alla manutenzione gratuita del sistema idrico nella sua interezza.

Chi non paga le bollette. Dal 1999 ad oggi la Chiesa si rifiuta di pagare appellandosi al diritto internazionale. Per smorzare la polemica, il governo Berlusconi nel 2004 ha versato ad Acea esattamente la somma richiesta da Acea nel 1999, pari a 25 milioni di euro. Così, mentre i romani hanno pagato e pagano tutt’ora l’acqua del Papa (l’azionista di maggioranza di Acea è il Comune di Roma), il resto degli italiani pagano lo smaltimento dei liquami del Vaticano.

Viva lo spreco. E di acqua il Vaticano ne usa anche molta, decisamente troppa: ben 5 milioni di metri cubi l’anno, secondo Acea. Ma facciamo due conti. Il fabbisogno personale è di circa 54 metri cubi l’anno, pari a 150 litri al giorno. In Vaticano vivono 832 abitanti per un fabbisogno totale di acqua pari a 45mila metri cubi. Dove finisce tutta l’altra acqua? Servizi igienici dei musei vaticani, qualche fontana. Ma è presumibile che molta vada sprecata. Alla faccia di chi, in Africa, fugge dalla siccità, alla faccia di chi muore in guerre per il controllo dell’ "oro blu". Alla faccia di tutti quegli italiani che si sono visti tagliare l’acqua, la luce, il gas e il telefono quando non riescono a pagare le bollette.

2 commenti:

  1. Ci voleva solo un popolo più attento e tutto questo non sarebbe accaduto, perlomeno non in questa misura. Ci siamo cascati un pò tutti nei loro subdoli giochetti, al risveglio, ancora dei pochi, avevamo già perso tutto.
    Ieri sera ho ascoltato Monti a "Che tempo che fa", dopo gli osanna ai ricchi meritevoli (elogio ad personam), ha proseguito con la falsa umiltà di essere come un qualsiasi altro cittadino colto dall' amletico dubbio... "è lo Stato che non fa nulla per me, o sono io che non faccio nulla per lo Stato?" (più o meno suonava così il suo arbitrario monologo)... Gustave Le Bon docet!!

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  2. probabilmente dei bidelli avrebbero fatto meglio, visto che devono campare con 900 euro al mese e quindi piu' abituati a fare i conti con cosi'pochi soldi.Monti in definitiva lo aveva detto piu' volte che la crisi è un'occasione per poter fare determinate scelte di politica economica che comunque successivamente ne sedimentano i risultati. anch'io ripeto il commento di alcuni giorni fa quando dissi che la strategia che sta dietro alle manovre in campo europeo sono la sottomissione dell'apparato produttivo del sud europa da parte della confindustria tedesca che necessita di un'industria contoterzista situata appunto nei paesi cosiddetti piigs per sostenere lo sforzo competitivo con la cina, in quanto ormai è chiaro che il mercato europeo va stretto anche alla Germania in piena stagnazione.Stiamo appunto assistendo ad una poderosa concentrazione di capitali,che è la prima cosa che serve per affrontare una tale sfida.

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