martedì 13 marzo 2012

In gabbia



L’intima ratio dei mercantilisti di ogni epoca è mascherare i rapporti di forza tra il padrone e lo schiavo, ossia far credere ai primi di essere dei datori di lavoro e, per contro, convincere gli altri di dover servire il superiore interesse. Un tempo il ruolo dei migliori intellettuali era di far conoscere, iuxta propria principia, alcuni aspetti della quotidiana lotta tra le due grandi classi sociali, invece ora il compito retribuito è di disinnescare il conflitto secondo l’astuzia che nil sapientiae odiosius acumine nimio.

Ed è poi quello che succede con la cosiddetta “riforma” del lavoro: per farci risparmiare il suo impatto mentale viene somministrata in dosi omeopatiche quotidiane, come già avvenuto per la sua omologa sulle pensioni. Queste “riforme” sono pronte da decenni e non aspettano altro che di essere promulgate, ma solo dopo che gli specialisti della disoccupazione creatrice ci avranno catechizzato sulla necessità di stringere la cinghia per non far mancare il superfluo ai grandi parassiti dell’arte nazionale del raggiro.

Ma di quale passo indietro va cianciando la signora Camusso? Questa è una marcia trionfale dei falsari e dei confusionari che ancora una volta confermerà a milioni d’ignoranti che si credono istruiti e ai salariati che si vantano d’essere liberi cittadini, come l’unica alternativa a loro disposizione è quella che si giocherà tra un anno al luna park.

11 commenti:

  1. "a milioni d’ignoranti che si credono"

    Caro Olympe, devi scusarmi per il mio linguaggio rozzo e poco saggio, quasi provocatorio, ma...

    NEANCHE NOI SIAMO COSI TANTO ISTRUITI E COSI TANTO INTELLIHENTI: NON LO SEI TU E NON LO SONO IO, COME NON LO SONO GLI ALTRI COMPAGNI!

    Per cambiare le cose (lo stato di cose presenti) bisogna interrogarsi su un paio di questioni: cosa vogliamo, come lo vogliamo, perché lo vogliamo; e poi, è giusto quello che vogliamo?

    Io penso che la sola critica al liberismo non sia sufficiente, tanto meno l’enuntio sul socialismo. Non esiste in dottrina alcuna teoria sullo stesso e non bastano neanche i luoghi comuni come “è una cosa che si costruisce col tempo”, o anche “chi può pensare di teorizzare la vita”, o altri. E guarda che ne ho sentiti tanti negli anni.

    Ci prendono in giro continuamente di profetizzare una teoria inesistente. Hanno ragione! Basta una domandina semplice del tipo “quando l’impresa fallisce chi si accolla le perdite?“ per metterci in difficoltà. Non basta neanche farsi le risposte da sé. Non basta neanche rispondere con degli slogan “nessuno, il denaro non serve” perché il lavoro buttato al vento nell’impresa un valore ce l’ha: è il mio tempo libero per una giusta causa, sì, giusta perché, chi lo decide e perché sia giusta! Lo decido io perché mi va di farlo o esiste realmente un bisogno insoddisfatto: se sì, quale, chi lo decide e in base a che cosa?

    Vedi Olympe, l’essenza si scontra con l’esistenza, come il credo si scontra con il pensiero. Se non vogliamo farci passare per dei falsi profeti, nuovi-vecchi teologi quando va bene e sofisti quando va male, la teoria del socialismo da elaborare e mettere sul campo necessità di numeri, persone capaci e leggi matematiche.

    La scienza, dunque, ritorna al primo posto come quell’insieme coraggioso per sconfiggere le paure anche del più umile operaio. Le nostre armi non possono che essere i “numeri”, al momento assenti, come lo sono anche le nostre lotte.

    Saluti

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  2. a Tony: rifletterò a lungo sulle tue parole

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  3. Ciao Olympe,

    Ti segnalo una decisione micidiale presa dall'europa: accordo
    di libero scambio per i prodotti agricoli con il marocco.

    Per una descrizione colorita, ma realistica, degli effetti vedi Mariano Ferro:

    http://sollevazione.blogspot.com/2012/03/forconi-chi-siamo-e-dove-andiamo.html

    E' un omicidio di produttori e consumatori.

    Ma questi caxxo di giornali pieni di economia, non scrivono
    una riga di un cambiamento che sarà epocale per un settore
    chiave per l'italia
    (e non solo, pensa spagna e francia ad es.),
    e basilare per l'alimentazione e la salute delle persone?

    gianni furioso

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  4. P.s.
    E sia chiaro che questo accordo non è nemmeno
    positivo per i Marocchini.
    Le multinazionali ( e pare siano soprattutto francesi )
    affitteranno grandi appezzamenti di terreni, e vi praticheranno
    monoculture, in cui i Marocchini lavoreranno come schiavi senza nessuna garanzia.
    Le monoculture, l'apporto della chimica, impoveriranno i terreni e avveleneranno i consumatori, i produttori, e i poveracci che si troveranno a bere acqua ricca di fosfati, pesticidi e compagnia cantante. Che controlli ci sono in marocco? Sono già insufficienti in europa figuriamoci lì!
    L'agricoltura locale in marocco sarà spazzata via con tutto l'indotto che vi ruota intorno. Sembrano proprio le pagine di marx sugli espropri di terra in UK nel'700. Altri mezzi di produzione che andranno scippati ai contadini in Marocco e, alla fine, causa fallimenti per impossibilità di reggere la concorrenza, anche in EU.
    Purtroppo sto partendo e non ho tempo e questi sono solo appunti...messaggio nella bottiglia.

    Ma sono così furioso, altro che l'Orlando.

    gianni

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  5. comandano loro e continueranno a fare ciò che vogliono fino a quando i forconi invece di minacciarli ...

    ciao, buon viaggio

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  6. Ciao, grazie sempre gentile!
    Ma appena torno inizio a far casino anch'io, anche senza i forconi.

    Questa volta non ce la mettono in quel posto, come come il wto
    fatto all'insaputa delle popolazioni.
    gianni

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  7. Usi un linguaggio il più semplice possibile Olympe. Nel primo paragrafo del post ad esempio, non credo che a molti degli sfruttati (Lavoratori) sia chiaro cosa vi è spiegato.
    Lo dico come critica costruttiva ai suoi scritti ovviamente.

    Saluti

    Luigi

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  8. Faccio da tempo riflessioni simili, per alcuni versi, a quelle di Tony.
    E parto in genere proprio dall'esempio di Marx, il quale prima di elaborare le sue tesi, si documentò con scrupolo e rigore intellettuale, e comprendendo che in sé le competenze filosofiche dalle quali partiva, pur necessarie, non erano sufficienti, studiò con attenzione le teorie economiche, la storia economica e “materiale”, e altre discipline allora nascenti; insomma si rese conto che per elaborare un'alternativa politica “compiuta” e in grado di camminare “con le proprie gambe” nella realtà, bisogna mettere a frutto diverse cognizioni, diversi “saperi”, nessuno dei quali si può ritenere “autosufficiente”. Fu questa la vera “fuoruscita” dall'impostazione idealistica che proveniva nel suo caso, come in quello di tanti altri pensatori della sua epoca, dalla formazione prevalentemente filosofica o, se vogliamo, “vetero-umanistica” (che da noi continuerà a pesare a lungo: si pensi alla scuola “gentiliana”).
    Oggi si sente la mancanza di uno sforzo paragonabile a quello di Marx (e, in parte, della sua scuola); il nostro sapere “parcellizzato” è il principale alleato – proprio in questa sua struttura composta di “filoni disciplinari autoreferenziali” – del presente stato di cose. Nel nostro tempo, il problema si è parecchio complicato rispetto all'epoca di Marx, e i saperi da “ricongiungere”, per evidenziare il disegno globale che essi compongono, sono più numerosi e, chiusi nel loro gergo specialistico, difendono tenacemente (e spesso efficacemente) il loro “specifico” dall'“assalto” di eventuali osservatori esterni. I rivoli e i rigagnoli della conoscenza si sono moltiplicati, e ciascuno di essi contribuisce alla tenuta del sistema.
    Come fa notare Tony, davanti alle obiezioni “tecnicamente” sottili di chi difende l'assetto presente della società e dell'economia, nonché l'operato dell'establishment – o anche solo di fronte alle preoccupazioni di chi, comune lavoratore schiacciato dalle storture del sistema, chiede lumi alle teorie critiche –, una risposta che – accontentandosi di porre l'accento sull'inaccettabilità etica del “sistema” – non sia capace di mettere in crisi dall'interno quei “tecnicismi”, mostrando la possibilità di alternative praticabili qui ed ora, non convince e non conquista (se non chi già concorda sulle premesse e milita già in nome di un'alternativa) e, in sostanza, non è in grado di favorire e attivare l'equivalente contemporaneo della marxiana “coscienza di classe”.
    Non sono critiche che rivolgo a qualcuno in particolare; sono semplici ragionamenti ad alta voce, che faccio innanzitutto con me stesso, in quanto interrogo io per primo i limiti delle mie cognizioni.
    Voglio precisare però anche che non è mia intenzione screditare l'elaborazione teorica: vale cioè anche l'osservazione inversa rispetto a quella sin qui svolta, ossia i soli “numeri” dell'economia non sono sufficienti se a loro volta non si collegano a un'articolata riflessione che tenga conto della struttura sociale, dell'ideologia, delle contraddizioni che la filosofia può rilevare, ecc.

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