mercoledì 14 marzo 2012

Lo scienziato non era neppure la metà



Il 14 marzo, alle due e quarantacinque pomeridiane, ha cessato di pensare la più grande mente dell’epoca nostra. L'avevamo lasciato solo da appena due minuti e al nostro ritorno l’abbiamo trovato tranquillamente addormentato nella sua poltrona, ma addormentato per sempre. Non è possibile misurare la gravità della perdita che questa morte rappresenta per il proletariato militante d'Europa e d'America, nonché per la scienza storica. Non si tarderà a sentire il vuoto lasciato dalla scomparsa di questo titano.

Così come Darwin ha scoperto la legge dello sviluppo della natura organica, Marx ha scoperto la legge dello sviluppo della storia umana, cioè il fatto elementare, finora nascosto sotto l'orpello ideologico, che gli uomini devono innanzi tutto mangiare, bere, avere un tetto e vestirsi prima di occuparsi di politica, di scienza, d'arte, di religione, ecc.; e che, per conseguenza, la produzione dei mezzi materiali immediati d'esistenza e, con essa, il grado di sviluppo economico di un popolo e di un'epoca in ogni momento determinato costituiscono la base sulla quale si sviluppano le istituzioni statali, le concezioni giuridiche, l'arte ed anche le idee religiose degli uomini, e partendo dalla quale esse devono venire spiegate, e non inversamente, come si era fatto finora (*).

Ma non è tutto. Marx ha anche scoperto la legge peculiare dello sviluppo del moderno modo di produzione capitalistico e della società borghese da esso generata. La scoperta del plusvalore ha subitamente gettato un fascio di luce nell’oscurità in cui brancolavano prima, in tutte le loro ricerche, tanto gli economisti borghesi che i critici socialisti.

Due scoperte simili sarebbero più che sufficienti a riempire tutta una vita. Fortunato chi avesse avuto la sorte di farne anche una sola. Ma in ognuno dei campi in cui Marx ha svolto le sue ricerche – e questi campi furono molti e nessuno fu toccato da lui in modo superficiale – in ognuno di questi campi, compreso quello delle matematiche, egli ha fatto delle scoperte originali.

Tale era lo scienziato. Ma lo scienziato non era neppure la metà di Marx. Per lui la scienza era una forza motrice della storia, una forza rivoluzionaria. Per quanto grande fosse la gioia che gli dava ogni scoperta in una qualunque disciplina teorica, e di cui non si vedeva forse ancora l'applicazione pratica, una gioia ben diversa gli dava ogni innovazione che determinasse un cambiamento rivoluzionario immediato nell'industria e, in generale, nello sviluppo storico. Così egli seguiva in tutti i particolari le scoperte nel campo dell'elettricità e, ancora in questi ultimi tempi, quelle di Marcello Deprez (**).

Perché Marx era prima di tutto un rivoluzionario. Contribuire in un modo o nell'altro all'abbattimento della società capitalistica e delle istituzioni statali che essa ha creato, contribuire all'emancipazione del proletariato moderno al quale Egli, per primo, aveva dato la coscienza della propria situazione e dei propri bisogni, la coscienza delle condizioni della propria liberazione: questa era la reale sua vocazione. La lotta era il suo elemento. Ed ha combattuto con una passione, con una tenacia e con un successo come pochi hanno combattuto […].

Marx era perciò l'uomo più odiato e calunniato del suo tempo. I governi, assoluti e repubblicani, lo espulsero; borghesi, conservatori e democratici radicali, lo coprirono a gara di calunnie. Egli sdegnò tutte queste miserie, non prestò loro nessuna attenzione e non rispose se non in caso di estrema necessità. È morto venerato, amato, rimpianto da milioni di compagni di lavoro rivoluzionari in Europa e in America, dalle miniere siberiane sino alla California. E posso aggiungere, senza timore: poteva avere molti avversari, ma nessun nemico personale.

Il suo nome vivrà nei secoli, e così la sua opera!
[Dall'orazione di Engels in occasione dei funerali di Marx]

(*) Stephen Gould, il grande paleontologo, scrive che Marx ed Engels «capirono subito a cosa fosse arrivato Darwin e utilizzarono il contenuto radicale della sua opera» (Questa idea della vita, Editori Riuniti, p. 18). Sul tipo di “utilizzo” che Marx ed Engels fecero di Darwin, il chiarimento ci viene proprio da Engels nella sua orazione funebre: Così come Darwin ha scoperto la legge dello sviluppo della natura organica, Marx ha scoperto la legge dello sviluppo della storia umana”.

In una lettera a Engels del 16 gen. 1861, Marx scrive: «Molto notevole è l'opera di Darwin, che mi fa piacere come supporto delle scienze naturali alla lotta di classe nella storia. Naturalmente bisogna accettare quella maniera rozzamente inglese di sviluppare le cose. Ma, nonostante tutti i difetti, qui non solo si dà per la prima volta il colpo mortale alla "teologia" nelle scienze naturali, ma se ne spiega il senso razionale in modo empirico».

In seguito, vista la piega che stava prendendo il darwinismo in mano agli ideologi borghesi, Marx in una lettera a Kugelmann del 27 giugno 1870, ebbe modo di precisare ironizzando contro F. A. Lange: «riassume l’intera storia in un’unica grande legge della natura. Questa legge della natura è la frase struggle for life, la lotta per l’esistenza (in questa accezione l’espressione darwiniana diventa mera frase) e il contenuto di questa frase è la legge malthusiana del popolamento, o piuttosto del sovrappopolamento. Invece di analizzare lo struggle for life come si presenta in diverse determinate forme sociali, non occorre far altro che tradurre ogni lotta concreta nella frase “struggle for life”, e questa frase nelle “fantasie di popolamento” di Malthus. Bisogna ammettere che questo è un metodo molto persuasivo, per l’ignoranza e la pigrizia mentale ostentatamente scientifica e ampollosa» [Meoc, XLIII].


Non è vero, come si compiace di ricordare ancor oggi la propaganda borghese ed ecclesiastica (mons. G. Ravasi su il Domenicale de Il Sole 24 ore dell'11-2-2007), che Marx propose a Darwin di potergli dedicare Il Capitale e che questi rifiutò l’offerta. Dedicherà invece l’opera a Wilhem Wolff, un operaio tedesco: «Al mio indimenticabile amico, l’ardito, fedele, nobile pioniere del proletariato» morto in esilio nel 1864. L’equivoco su questo presunto rifiuto nasce da una lettera di Darwin del 12 ottobre 1880. La lettera non era rivolta a Marx ma ad Aveling, il genero di Marx, compagno della figlia Eleanor (che ereditò la corrispondenza). Si pensò che la lettera fosse rivolta a Marx perché per errore finì tra la sua corrispondenza. Aveling chiese a Darwin in una lettera dell'11-10-1880 di potergli dedicare una propria opera. La faccenda è ipotizzata, dapprima, da Lewis S. Feuer in Is the Darwin-Marx correspondence’ authentic?, in Annals of Science, 32, 1975, pp. 1-12, poi ripresa e definitivamente chiarita nel numero successivo (33, 1976) della rivista (Feuer, Carroll, Colp, pp. 383-394). Responsabile del "disguido" sembra essere stato uno studioso sovietico, Ernst Kolman, nel 1931 (per una rapida ricostruzione vedi qui). È documentato invece che Marx inviò a Darwin una copia della seconda edizione del Capitale con dedica. Darwin rispose con una lettera di ringraziamento il primo ottobre 1873.

(**) Fisico francese che fece i primi tentativi di trasmissione dell'energia a distanza.

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