martedì 1 maggio 2012

Le brioches



Nei palazzi romani si comincia a capire che qualcosina non funziona più, e anche il grande cahier de doléances televisivo non basta più a contenere e irreggimentare la protesta. Allora si ricorre alle brioches, ai commissari ad acta, come quello che avrebbe dovuto tagliare gli stipendi della politica portandoli nella media europea e che si è visto costretto alle dimissioni. Che sia solo fumo negli occhi si capisce già dal fatto di mettere Giuliano Amato consigliere del premier sui finanziamenti a partiti e sindacati. Costui punta al Quirinale, figuriamoci se farebbe mai qualcosa che possa dispiacere a chicchessia. Enrico Bondi sarà invece nominato commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi con il compito di definire il livello di spesa per voci di costo. Stipendio: 150mila euro.


Vi pare possibile razionalizzare della spesa in un paese in mano a banditi di tutte le risme? Se la prendono con quel poveretto di Grillo per una frase comiziale. Sentite queste, di frasi, scritte sul Corriere della Sera da un procuratore di Palermo:


Come mai commercianti e imprenditori a Palermo, a Napoli, in Calabria continuano a pagare in massa il pizzo e, a differenza del fruitore medio, non si bevono la buona novella che la mafia è alle corde? […] Mentre sceneggiatori continuano a proiettare catarticamente il male di mafia sul monstrum (colui che viene messo in mostra) - Riina, Provenzano, Messina Denaro, i casalesi - elevato a icona totalizzante della negatività, centinaia di processi celebrati in questi ultimi quindici anni hanno raccontato un’altra storia della mafia, sacramentata da sentenze passate in giudicato, che fornisce risposte illuminanti a molte delle domande di cui sopra. Un’altra storia intessuta di centinaia di delitti, di stragi di mafia decise in interni borghesi da persone come noi, che hanno fatto le nostre stesse scuole, frequentano i nostri stessi salotti, pregano il nostro stesso Dio... Un’altra storia che ha dimostrato come la città dell’ombra - quella degli assassini - e la città della luce, abitata dalle “persone perbene”, non siano affatto separate ma comunichino attraverso mille vie segrete, tanto da rivelarsi come due facce dello stesso mondo. Un’altra storia che racconta l’osceno di questo Paese, quel che è avvenuto ob scenum, mettendo a nudo un fuori scena affollato di una moltitudine di sepolcri imbiancati che hanno armato la mano dei killer o li hanno protetti con il loro silenzio complice.


[…] Centinaia di processi che costringono a rileggere la storia della mafia non più come una storia altra, che non ci appartiene e non ci chiama in causa, ma piuttosto come un terribile e irrisolto affare di famiglia, interno a una classe dirigente nazionale tra le più premoderne, violente e predatrici della storia occidentale, la cui criminalità si è estrinsecata nel corso dei secoli in tre forme: lo stragismo e l’omicidio politico, la corruzione sistemica e la mafia. Tre forme criminali che essendo espressione del potere sono accomunate non a caso da un unico comun denominatore, che è il crisma stesso del potere: l’eterna impunità garantita ai mandanti eccellenti di stragi e omicidi politici e ai principali protagonisti delle vicende corruttive.

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