venerdì 22 giugno 2012

Era il 22 luglio 1944



Era il 22 luglio 1944 quando i delegati di 44 paesi lasciarono il Mount Washington Hotel di Bretton Woods, un villaggio del comune di Caroll, contea di Coos (New Hampshire), con il primo esplicito accordo internazionale sulle regole dei pagamenti tra paesi. Gli obiettivi principali erano la crescita bilanciata del commercio internazionale, promuovere la stabilità dei cambi e la riduzione degli squilibri delle bilance dei pagamenti. Keynes credeva nella pietra filosofale, il bancor, così come poi in Europa si crederà, almeno inizialmente, alle virtù taumaturgiche dell’euro. Invece del bancor fu adottato il dollaro convertibile a 35 per oncia e con il FMI che avrebbe dovuto provvedere agli aggiustamenti dei tassi di cambio. Dopo l’agosto 1971, il dollaro divenne a tutti gli effetti per gli Usa un mezzo di scambio “gratuito” e illimitato garantito dai missili e dalle portaerei, una forma di signoraggio questa sì reale.

A distanza di quasi 70anni, e dopo la caduta del famoso Muro, il capitalismo globale ha creato una catastrofe a livello globale con un forte e insostenibile squilibrio delle bilance dei pagamenti, debiti statali stratosferici e una speculazione finanziaria che fa semplicemente ciò che vuole. Ancora una volta nella storia si ignora tranquillamente il fatto che denaro e moneta non sono la stessa cosa, convinti di poter stampare all’infinito carta inconvertibile, ma prima o poi ci si dovrà arrendere ai fatti, per esempio a quello che vede le banche ricolme di carta senza valore e quindi di debiti che non possono onorare.

Per quanto riguarda invece la produzione, essa si contrae anche in Cina, India e Brasile, nonché in Germania e anche  negli Usa sta rallentando (vedi Federal Open Market Committee). In Italia la produzione è in caduta libera, anche se il commercio con l’estero fino all’anno scorso ha dato buoni risultati. Per fine anno si parlerà di una nuova fase acuta della crisi e del resto i nodi restano irrisolti a cominciare dal forte e insostenibile squilibrio delle bilance dei pagamenti.

La Cina è costretta a comprare debito pubblico americano (è poi il paese che detiene la più alta riserva in dollari) per sostenere le proprie esportazioni verso gli Usa, ma fino a che punto questi ultimi potranno indebitarsi? Circa 14.000 miliardi di dollari (escluso il debito locale e quello bancario), non sono pochi nemmeno per gli Usa. E infatti la Cina sta gradualmente riducendo i titoli Usa in portafoglio, così come Russia (-15,00%), India (-23,44%), Malesia (-12,00%) ed altri. La lotta sul mercato internazionale dei titoli del debito pubblico condotta dagli americani e dagli inglesi va vista anche in questa prospettiva.

Fatto singolare, anche l’Italia detiene una ventina di miliardi del debito Usa e perfino la Spagna, in profonda crisi e bisognosa di soldi ha più che triplicato gli aiuti agli Usa: dai 4,20 miliardi di dollari del dicembre 2008, è passata ad avere titoli del debito Usa pari a 13,50 miliardi! La Polonia, altro esempio, dai 3,30 miliardi di dollari in titoli Usa, del dicembre 2008, è passata ad avere 23,40 miliardi, a marzo 2010.

Tanto per dire chi comanda.

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