martedì 31 luglio 2012

Questo Stato

Scrivevo il 20 giugno:

Sono tutti soddisfatti, da Grillo ai blogger de “sinistra”, perché finalmente Lusi va in carcere. Lusi è un mascalzone ma è anche un reo confesso, non ha la possibilità di reiterare i reati, d’inquinare le prove e non c’è pericolo di fuga. L’inchiesta è praticamente chiusa, quindi perché arrestarlo, perché metterlo in carcere prima del processo? Già, perché?

Se lo chiesero in molti, tranne coloro che in parlamento, senza conoscere gli atti, hanno votato per la carcerazione. Naturalmente se lo sono chiesto anche gli avvocati della difesa che hanno presentato istanza di scarcerazione al tribunale del riesame, il quale l’aveva rigettata. Ora la cassazione dice che non c’erano i motivi per la carcerazione. Pertanto Lusi è stato liberato? Manco per sogno, in Italia la giustizia è un mistero buffo infinito.

I buffoni dei media, senza commentare, danno notizia che la suprema corte ha deciso l'annullamento del provvedimento di carcerazione ma con rinvio degli atti allo stesso tribunale del riesame per una nuova valutazione. Che cazzo devono valutare visto che la cassazione ha già valutato che non sussistevano i motivi per il carcere? Questione di procedura, l'imputato non si poteva e doveva carcerare, ma dato che è in carcere, tanto vale che ci rimanga almeno fintanto che il tribunale del riesame prenderà in considerazione la sentenza il cui deposito è previsto tra un mese, salvo complicazioni. Poi i giudici ci penseranno su. Speriamo che nel frattempo al detenuto non succeda nulla di male.

E si tratta di un senatore della repubblica, pensa un po’ se era un povero cristo qualunque. Lusi è accusato di aver rubato decine di milioni di euro e per anni dalla cassa di un partito senza che nessuno si accorgesse di nulla.

Naturalmente quei giudici che hanno incarcerato un uomo senza che ve ne fosse la minima motivazione sul piano procedurale e sostanziale, continueranno pacifici a far carriera, magari a incarcerare senza alcun plausibile motivo altre persone. I parlamentari che per ragioni squisitamente politiche – compresa la setta pannelliana – hanno votato a favore dell’arresto di Lusi, non c’è dubbio che avranno ancora la faccia di dire che hanno agito secondo coscienza.

Nelle fandonie abituali si parla di Stato di diritto, ma questo Stato è il primo a stravolgere le sue proprie leggi e anzi si arriva al punto di fare delle leggi perché siano stravolte da coloro che sono in grado di farlo, come nel caso del finanziamento ai partiti, o come nel caso in cui lo Stato è venuto a patti con la sua entità omologa, la Mafia. Questo Stato, in tutte le sue articolazioni, è necessariamente disonesto perché disonesti sono gli scopi di coloro che lo controllano nella fitta rete di complicità funzionali fatte di legami personali di dipendenza e di protezione, di obblighi di gratitudine e di fedeltà oppure di ricatto.

lunedì 30 luglio 2012

Ecco gli exit poll delle prossime elezioni



Leggo che il Partito democratico, ossia la cricca che lo dirige, sarebbe contrario alle cosiddette preferenze nell’eventuale nuova legge elettorale. Non entro nel merito perché la cosa non m’interessa, né mi turbano, per contro, certi slanci morali, avendo chiaro da decenni che la democrazia in Italia è un affare di camorra e di mafia, di robusti affari e grandi interessi, in cui il parlamento è la sede legale dove avviene la gestione e spartizione dei posti e del bottino. Di questo dibattito sulla nuova legge elettorale, trovo però su internet alcuni curiosi e genuini commenti. Ne riporto uno testuale e preso dal blog di Gilioli:

io sono meridionale, ho votato fino allo scorso anno in Campania, ti assicuro che preferenze o meno il voto di scambio c’era e c’è. La differenza consiste nella gestione del voto di scambio: con le preferenze, ogni candidato ha un suo pacchetto di voti, a suo nome, che si porta con sé nel tempo, lo seguono, anche se cambia partito; senza preferenze, il candidato possessore di pacchetto porta il suo pacchetto in dote al tale partito X e chiede agli elettori di votare la lista, non il suo nome. Esempi:

      nel 2008, nel mio collegio, campania 2, con il Porcellum in atto, Veltroni segretario non volle candidare nel Pd il vecchio De Mita; lui – armi, bagagli e pacchetto – andò all’Udc e candidò il nipote; il nipote risultò primo dei non eletti alla Camera, col pacchetto di voti dello zio. pacchetto ingente, che funzionò l’anno dopo quando lo zio si candidò alle Europee (con preferenza);
      sempre nel 2008, tale democristiano siciliano di vecchia guardia, passato al Pd – Cardinale fa di cognome – non si candidò, ma Veltroni mise nelle liste sua figlia (la figlia di Cardinale); il pacchetto di voti del padre passò integro alla lista Pd e difatti la figlia venne eletta;
      come si fa a far eleggere i cooptati, col Porcellum (segretari, portaborse, assistenti, fidanzate, figli)? li si piazza nelle liste dei collegi sicuri, dove i maggiorenti locali hanno pacchetti così ingenti che bastano a eleggere se stessi e altri, perché i voti alla lista sono così tanti che gli eletti scorrono fino a posizioni basse della lista;
      come si fa, invece, a far eleggere i cooptati, con le preferenze? si fa col sistema numerico che si vede nel film “il Portaborse”: tu, elettore mio, di me capoccia locale, voti me, che sulla lista sono il numero 1 e i numeri 5 e 12 (cooptati miei, della corrente mia). In questo modo, ogni Ape Regina locale si trascina con sé un paio di api operaie. Peraltro, si riesce – come spiegato nel film – al millesimo a controllare se la tale famiglia Tizia-Caia ha dato i voti precisi, secondo tripletta indicata.

Cosa significa? Che se io, capoccia locale, ti indico come votare in cambio di qualcosa, ti spiego se devi votare me, il mio nome, o il nome del partito.

Fatta la legge, trovato l’inganno: il guaio vero delle preferenze (e motivo per il quale Bersani non le vuole, a mio parere) è che viene meno la sudditanza fra colui che ha redatto le liste (”io sono il capo, io ti ho messo in lista in posizione alta e tu sei stato eletto”) e colui che viene eletto (”devo obbedire al capo perché mi ha consentito l’elezione”). Con le preferenze, l’eletto dice al capo: “faccio come mi pare, sono voti miei”.
Esempio: guarda tutta la diatriba fra i bersaniani e Adinolfi; cosa dicono i bersaniani ad Adinolfi? “Tu stai in parlamento coi voti del pd, non tuoi, perciò non puoi criticare il pd, devi obbedire”.
E questo è il nodo cruciale: un parlamento di soldatini obbedienti VS un parlamento di capetti locali.

PS: il manifesto riprodotto si può trovare cliccando QUI.

Seahaven


Dopo un mese abbondante di calcio europeo, ecco finalmente le olimpiadi, in attesa della coppa Italia, dei campionati, del ritorno dei vip spettacolari dalle vacanze iniziate a maggio. A Londra, migliaia di giovanotti, seguiti e coccolati da allenatori, medici, preparatori, massaggiatori, accompagnatori, psicologi, dietologi, cuochi, procacciatori e soprattutto sponsor, dovranno dar prova di saper abbassare di qualche decimo di secondo i record stabiliti quattro anni prima, se vorranno apporre la propria firma nel prossimo contratto pubblicitario. Un Truman show che non ha bisogno di nascondere le telecamere, anzi guai se qualche personaggio che si ritiene importante viene “bucato”. Segue subito la protesta ufficiale. Com’è piccino e miserabile questo mondo di zombie dove non trovano adeguato spazio ben altre situazioni: cinque detenuti impiccati, tre poliziotti penitenziari suicidi con la pistola di ordinanza, un internato nell'Opg di Aversa ucciso dal compagno di cella (gli ha dato fuoco con la bombola del gas), un detenuto morto nel carcere di Siracusa dopo 25 giorni di digiuno, altri cinque carcerati “deceduti per non meglio precisate cause naturali”. Solo in luglio.

La lista Falciani


È notte fonda e l'unica luce che illumina la sala è il monitor di un pc. L'uomo che armeggia sul computer ha un'identità che non può essere rivelata ma è un esperto dei sistemi che consentono ai grandi capitali di dribblare le maglie del fisco. Digita le password muovendo le dita con rapidità e all'improvviso lo schermo si rianima. Migliaia di numeri riempiono il monitor: conti cifrati, codici interni, flussi finanziari. E soldi, tanti, che si muovono al sicuro dietro il paravento di trust e società panamensi, delle Cayman, delle Isole Vergini Britanniche, di Jersey, del Liechtenstein, del Vaticano e degli altri paradisi fiscali protetti dalle più impenetrabili leggi bancarie del mondo.

Ricordate quanto scrivevo in questo blog a proposito delle retate tra le baite cortinesi alla ricerca di evasori fiscali? Per scovare quei poveracci con assurdi pellicciotti, commercianti e gente di spettacolo, non c’era bisogno di far tanto chiasso. Gli italiani detengono circa il 6% della ricchezza mondiale, ma ne dichiarano quando va bene solo il 3%. E il resto?

È noto come i defunti i propri soldi e le altre bagatelle di cui godevano li debbano per forza di cose lasciare su questa terra. Chiunque, per riceverli in eredità, se ne ha diritto, deve compilare il cosiddetto modello 4 e consegnarlo all’agenzia delle entrate. In quel modello gli eredi devono scrivere fino all’ultimo centesimo di quello che il defunto aveva in banca, vuoi in liquido, titoli o altro. E ciò vale anche per gli immobili. Poi c’è il capitolo donazioni. Insomma, scovare i grandi patrimoni è questione di clik non operazione di berretti verdi.

Invece per i patrimoni depositati all’estero, bisognerebbe chiedere qualche ragguaglio all’ingegner Hervé Falciani, nato a Montecarlo ma in possesso di passaporto italiano, già esperto informatico per conto della Hsbc, una delle più grandi e potenti banche del mondo, il primo istituto finanziario europeo con sede a Londra. Falciani, che lavorava in una filiale svizzera della HSBC, alcuni anni fa ha consegnato i dati in suo possesso alle autorità francesi. Il caso non ha ancora smesso di fare scalpore.

24.000 conti di clienti svizzeri della HSBC, 15.000 conti aperti e 9.000 chiusi, centinaia di migliaia di operazioni lecite ma anche sospette, come quelle rivelate dalla commissione del Senato americano compiute dai narcotrafficanti messicani e da una banca saudita considerata vicina ad al-Qaida. E tanti, tantissimi evasori fiscali. Ma è chiaro che tanti dati a disposizione possono essere gestiti e usati anche diversamente.

Falciani teme per la sua vita e a buona ragione. Non credo per gli evasori scoperti in Francia (ben 6.613 nomi o entità), né per le migliaia di nomi o entità italiani consegnati dai francesi alla Guardia di Finanza e alla procura di Torino e poi smistati in 151 procure di tutta Italia. I motivi devono essere altri, se per esempio un giudice istruttore francese sta indagando per quale motivo quei dati sarebbero stati modificati dopo che Falciani li aveva consegnati.

Quei dati rappresentano un’infima percentuale dell'intero materiale trovato nel computer sequestrato a Falciani. Il resto è rimasto nascosto, una mole infinita d’informazioni. Per esempio i magistrati italiani (forse con l'eccezione della procura di Torino) non hanno mai chiesto di avere accesso ai dati mancanti. Per quale motivo?

UBS, la più grande banca svizzera, lo scorso anno ha raggiunto un accordo per consegnare i dati di più di 4.000 conti alle autorità statunitensi per evitare il processo penale. Ma loro sono amerikani.

Intanto Falciani è stato arrestato a Barcellona il 1° luglio e rinchiuso nel carcere di Madrid. Il 5 luglio le autorità di Berna hanno chiesto la sua estradizione, dando seguito a un mandato di arresto internazionale che lo accusa di furto di dati bancari. La corte di Madrid ha 40 giorni di tempo per decidere sulla richiesta. Alla fine è stato l'unico a finire in carcere.

domenica 29 luglio 2012

La merda della merda


L’editoriale odierno di Eugenio Scalfari offre la misura della sua concezione –pragmatica a parole ma idealistica negli effetti – della realtà e della storia. Egli vede nel progetto di costruzione della nazione europea come il risultato degli sforzi congiunti di alcuni illuminati statisti e soprattutto di alcuni saggi tecnocrati che avendo nelle mani le leve della finanza europea provvederanno con giusti interventi al salvataggio del continente contro il mostro della speculazione finanziaria che vorrebbe divorarlo, mettendo poi a regime le discrasie debitorie provocate dalle camarille nazionali.

Il problema – scrive – è formare una classe politica degna di questo nome e dei compiti che l’aspettano. Egli auspica, infine, il costituirsi di una diffusa coscienza di appartenenza e quindi di un condiviso sentimento europeista da parte dei popoli che ne fanno parte, senza peraltro chiedersi per quali motivi questo comune sentire non sia presente tra i popoli, dopo mezzo secolo, e sia anzi quanto mai distante come risultato.

Egli non crede, come certi critici, che:

l'Europa è nata male, è un'entità sbilanciata da tutti i lati, zoppa, gobba, deforme, con istituzioni-fantasma scritte sulla carta ma prive di autorità sostanziale, detenuta dai governi nazionali e affidata ad una tecno-struttura priva di autorevolezza e di visione politica.

[…] Non penso che il mezzo secolo trascorso sia un periodo eccessivamente lungo: i grandi Stati nazionali, la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, gli Stati Uniti d'America, impiegarono secoli prima di imporsi al potere sovrano dei loro vassalli e agli Stati confederati con uno Stato federale. Mezzo secolo non è molto ed ha comunque realizzato un periodo di pace e di amicizia tra Entità che erano vissute in guerra tra loro per oltre un millennio. La pace fu soltanto un breve intermezzo, la guerra fu la condizione permanente.

La pace europea, seguita al secondo conflitto mondiale, non è merito né degli accordi commerciali e infine nemmeno dalla moneta unica. Né la situazione storica, politica ed economica degli Stati europei può essere paragonata a quella dell’epoca della formazione dei grandi Stati nazionali e men che meno a quella degli Stati Uniti d'America, nati dopo una guerra civile. Dal punto di vista borghese, è sufficiente dire che l’Europa non ha una lingua comune, un sistema di difesa unificato, un’istruzione parificata e l’economia dei diversi Stati è quanto di più concorrenziale esista con un dominus che la sovrasta: la Germania, cioè una nazione – per dirla con Marx – che è la merda della merda (*) e alla quale interessa solo ed esclusivamente la propria bilancia commerciale (vedi qui).

La Germania non metterà mai in comune i debiti pubblici degli altri paesi europei se non in cambio del controllo pieno e totale della sovranità, dell’economia e delle banche degli altri paesi. La Germania non sarà mai un comune membro dell’Europa, ma l’arcigna e arrogante matrigna.

C’è un solo modo per il quale l’Europa diventi finalmente l’Europa dei popoli, e ciò può avvenire con il seppellimento dell’Europa del capitale e dei banchieri nel quadro della rivoluzione mondiale. I prossimi decenni ci diranno se questa scossa rivoluzionaria sarà abbastanza forte per rovesciare la base di tutto ciò che è costituito, per un rivolgimento totale, ovvero se sarà giunto il momento in cui i popoli agiranno rivoluzionariamente e non solo contro alcune condizioni singole di questo sistema schiavistico, come è stato fatto altre volte, ma contro la stessa produzione della vita che questo sistema impone. Allora, per lo sviluppo pratico di questo cambiamento, sarà del tutto ininfluente se l’idea di tale rivolgimento è stata in passato già espressa mille volte, come la storia stessa del comunismo dimostra!

K.Marx, L’ideologia tedesca, MEOC, vol. V, p. 31.

sabato 28 luglio 2012

Più mitili per tutti


Ho scritto altre volte che il voto a Grillo e al suo Movimento può sembrare il male minore ma in realtà non porterà a nulla di concreto. Primo, perché la sua proposta è povera, fatta di ritocchi; secondo perché la politica nazionale, al punto in cui siamo, può poco; poi, per il motivo già detto tante volte, ossia la quantità di tutto ciò che ci viene imposto e inflitto ha già superato la soglia oltre la quale il riformismo possa portare a un cambiamento effettivo senza rompere violentemente con i vecchi equilibri.

Un esempio? Il post che pubblica il sito di Grillo oggi. A scrivere è uno degli Amici di Grillo a Taranto. Dopo averci raccontato un po’ di questo e un po’ dell’altro, conclude immancabilmente e democristianamente:

Ora c’è necessità di cambiare il tutto, di ripensare a un nuovo modello, che dia la possibilità di vivere agli abitanti senza dover scegliere tra lavoro o salute e non è più tempo di verificare se uno stabilimento vetusto possa continuare a marciare ancora per qualche anno prima di spegnersi “naturalmente”. Noi siamo con i cittadini e con gli operai, con i mitilicoltori e con gli allevatori. Solo unendoci potremo ottenere il rispetto del territorio, degli abitanti e il recupero della dignità. Lavorando insieme per costruire il nostro nuovo futuro. 

C’è da aggiungere altro? Sono con tutti e contro tutti. Dicono: Oggi tutti hanno imparato che atteggiamenti omertosi non bastano ad assicurarci la felicità. Torniamo a discutere insieme in piazza e in rete.

La felicità? Qui si tratta di decidere sulla più grande acciaieria d’Europa, se deve continuare o chiudere. C’è poco da discutere, devono dire in concreto cosa propongono di fare ora. L’acciaio o i mitili non inquinati? Entrambe le cose, subito, non si possono avere.

E allora incalzano il ministro: Quando Clini afferma che l'Ilva di Taranto potrà adattarsi alla normativa europea in 4 anni, sembra più il ministro del Lavoro con allo sviluppo economico che il ministro dell'Ambiente. Noi siamo convinti che in 4 anni si possano realizzare e costruire alternative alla grande industria molto importanti e dare lavoro a tutti i lavoratori dignitoso e sano. 

Quali alternative alla grande industria? La pesca dei mitili, l’agricoltura, l’edilizia e i lavori pubblici? Altro caporalato e immigrazione, ancora corruzione! Cosa ci può far credere che le cose cambieranno? E soprattutto nei quattro anni in attesa della redenzione, cosa si fa? Sussidi, risarcimenti, corsi e “perfezionamenti”. Troppe volte si è visto come i piani di riconversione (su cosa?) hanno portato solo sperpero di risorse. Chi ha votato per tanti decenni la classe politica locale e nazionale, in cambio di cosa l'ha fatto? A Taranto avrebbero dovuto tenere dapprima efficienti e pulite le strade, il bilancio comunale in pareggio, ecc.. Piccole cose, ma sarebbe stato un buon inizio di "normalità".