martedì 17 luglio 2012

Ancora una volta: il nostro 25 aprile e il loro

Ieri, Franco, un lettore, mi segnalava un post dal titolo intrigante: La sinistra italiana che non ha futuro perché non ha passato.

Non ho voglia oggi di tirarla per le lunghe andando a spiegare che la sinistra italiana ha un glorioso passato, ovviamente non privo di contraddizioni e lacerazioni e ciò che non ha passato, invece, è quella che l’autore del post chiama ancora “sinistra” in riferimento anzitutto al Partito democratico.

Ciò che invece vorrei mettere in luce, sono tre considerazioni di carattere storico contenute nel post e che credo meritino una qualche precisazione, per quanto ne sarò capace.

La prima: “il fascismo godeva di consenso autentico”.

Ne tratto per cenni. È vero, ci fu consenso autentico al fascismo, soprattutto da parte dei fascisti, della borghesia e degli agrari, dei commercianti e degli studenti, con propaggini tra i contadini emiliani e gli operai. Nell’autunno del 1921, al III congresso, appena un anno prima della marcia, il fascismo può contare solo su 141.000 iscritti, sempre se è reale tale cifra ufficiale (la CGIL nel 1920 aveva due milioni d’iscritti, e il PCD’I dopo solo un anno dalla fondazione e in quella temperie ne contava 43.000).

Poi, in seguito, anche da parte della maggioranza degli italiani ci fu un imponente consenso al fascismo, però non va dimenticato come fu costruito tale consenso, in quali condizioni si trovava l’Italia e il suo grado di sviluppo economico e sociale, laddove nel primo dopoguerra gli analfabeti erano il 50% della popolazione con punte del 90% in molte zone. Né vanno dimenticati i caratteri peculiari del Risorgimento italiano che non ebbe una forte adesione degli strati popolari e ciò non fu senza conseguenze sul futuro della nazione, laddove una borghesia semifeudale da un lato e dall’altra una borghesia industriale sviluppatasi in modo artificiale e parassitario furono costrette fin dall’inizio a rinunciare ai principi di libertà.

Non bisogna dimenticare un punto fondamentale del regime fascista, e cioè che esso è l’organizzazione che dà alla borghesia italiana la possibilità di esercitare in ogni momento una pressione armata sulle masse salariate. La Milizia, organizzazione armata di partito, è una delle basi principali della forza della dittatura. Bisognerebbe tener conto che pur in tale quadro non mancarono migliaia di antifascisti perseguitati, condannati dai tribunali speciali o esuli. E di quanti, per esempio, combatterono il fascismo in Spagna. Del resto, distrutti o assorbiti gli altri partiti, dispersi o cooptati i vecchi quadri della classe dirigente italiana, per lustri gli italiani furono indottrinati dalla propaganda fascista. E tuttavia, tolti i numerosi quadri della burocrazia fascista, la maggioranza degli italiani offrì sì un consenso al fascismo, ma si tratto largamente di un consenso passivo, ottenuto anche con tutta una serie di condizioni e costrizioni che li costringeva ad iscriversi al partito e a partecipare alle sue manifestazioni. E che si trattasse di un consenso passivo si vide non già nel 1943, a guerra perduta, ma si può leggere nei rapporti di polizia dopo pochi mesi di guerra. È in tali frangenti che si misura la forza del consenso, non alle sagre paesane.

La seconda: “Il 25 luglio del 1943 il fascismo è stato mandato in pensione dai fascisti, questa è la verità storica”.

No, questa non è la verità storica, ma nel migliore dei casi un abbaglio, nel peggiore la ripetizione di un truismo reazionario. Il fascismo non fu mandato a casa dai fascisti, ma dalla monarchia e dalla borghesia per salvare se stesse e per farlo si servirono di alcuni alti gerarchi fascisti come emissari.

La terza: La sinistra ha costruito il Grande Falso negli anni’50. Adorato e accolto con trionfo (clandestino) dalla destra e dalla Chiesa. Spingendo il popolo italiano a interiorizzare il concetto e l’idea che, in realtà, il 25 aprile 1945 gli italiani hanno concluso la guerra vittoriosamente: FALSO.

Se s’intende la guerra proclamata dalla monarchia e dal fascismo è vero che gli italiani l’hanno persa. Se per “25 aprile 1945” s’intende la guerra partigiana combattuta contro il nazifascismo, ebbene sì, gli italiani, con 40mila caduti, l’hanno vinta. Anche se naturalmente non da soli, come del resto nessun paese ha vinto quella guerra da solo. Le forze partigiane sono riuscite, sul piano strettamente militare, a tenere in scacco e quindi lontano dai combattimenti al fronte, ben sette divisioni tedesche e decine di migliaia di fascisti. Capisco che questi fatti non siano ancora stati digeriti, ma bisogna farsene una ragione.

11 commenti:

  1. Eh,sì:"bisogna fare molta attenzione di questi tempi."
    Che il probabile calduccio dell'autunno ecciti la fantasia di qualcuno,che vorrebbe saltare sul carrarmato alla Eltsin;che invece qualcun altro non gradirebbe il contraddittorio sull'egemonia (leniniana e non gramsciana,che sarebbe meglio),e che invece qualcun altro ancora stia foraggiando l'utile manodopera.

    Se la casta degli scimuniti mostrasse la decenza apparente dell'inclusione democratica (ovvero dargli la loro giustificata rappresentanza dello 0.5%)che porterebbe almeno l'effetto visivo di qualcosa che si muove,invece infiltra,provoca.
    Non ci pensano neppure al contraddittorio,gli fa venire il mal di testa come ai pugili suonati.
    "Si scannino fra loro".
    Una cappa di piombo:che molto gli nuocerà;e torniamo agli avvertimenti della 'vecchia volpe americana'.
    Ciao,
    franz

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  2. Io non sarei stato lì tanto a ribattere a un revisionista filofascista. Con certe teste proprio non ho dialogo.

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    1. sì, l'impulso è quello, ma ci sono lettori giovani del web che hanno bisogno di sentire anche campane diverse

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  3. siccome ho "antenati" sia operai che contadini devo ricordarle che al consenso del fascismo contribui' anche una certa politica " operaistica" ( dopolavori, colonie, mutue ect)
    I contadini invece "acconsentirono" meno perche'nulla fu fatto per loro (gli agrari erano tutti "fascistissimi" ) a parte tanta retorica "campagnolistica"

    ma il grosso del consenso fascista derivo' dalla politica " antidepressione" e di affermazione
    nazionale degli anni ' 30 ( oggi si direbbe "sovranista " :-))
    ws

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  4. "...ebbene sì, gli italiani, con 40mila caduti, l’hanno vinta." Così leggo e riporto. Solo che ITALIANI, non è una categoria sociologica marxista. Lei m'insegna che è appunto una finzione: gli italiani non esistono. Allora è una classe che ha vinto, la borghesia, ma quella americana e sopra tutte le altre. Quando manderemo alla malora quel periodo storico? Saluti rossi.

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  5. Io aggiungerei una piccola postilla alla terza risposta che viene direttamente da uno dei più grandi intellettuali viventi per di più statunitensi, Noam Chomsky: " l'Italia era un caso diverso: la resistenza italiana era talmente forte che in pratica aveva liberato da sola l'Italia del Nord e teneva bloccate sei o sette divisioni tedesche; il movimento operaio era molto organizzato, con un forte appoggio da parte della popolazione. Quando gli eserciti americano e britannico arrivarono al Nord, furono costretti a rovesciare il governo che era già stato insediato dalla resitenza in quelle regioni e a sabotare i numerosi progressi fatti verso il controllo operaio delle industrie. E rimisero al posto di comando i vecchi padroni, dal momento che la rimozione di questi collaboratori del fascismo era stato una "destituzione arbitraria" dei legittimi proprietari: usarono proprio questa espressione. Quindi sabotammo anche le procedure democratiche perchè era evidente che le elezioni successive sarebbero state vinte dalla resistenza e non dagli screditati conservatori. In Italia c'era il pericolo che vincesse la democrazia - il governo statunitense la definiva tecnicamente "comunismo" - e come al solito bisognava impedirlo".

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    1. caro Maurizio, non vorrei darli una delusione, ma non sono del tutto d'accordo. non solo gli alleati ...

      è vero che la classe operaia e le avanguardie di massa stavano ricostruendo la società italiana (al nord) secondo una nuova direzione del tutto opposta a quella del fascismo e del capitale, ma la dirigenza del PCI scelse la continuità con la tradizione borghese prefascista nei suoi aspetti più progressivi.

      insomma non tutto nero e non tutto bianco, ci furono ampie zone di grigio
      forse fu un bene perché ciò evitò una deriva di tipo greco, ma su questo punto si può discutere a lungo. grazie del contributo e dell'attenzione
      saluti

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    2. Cara Olympe, quello che scrivi è verissimo e lo riporta lo stesso Chomsky nel complesso del suo saggio "impedire la democrazia in Italia" all'interno di "capire il potere". Il mio contributo era solo per ribadire che nonostante tutto una parte dell'Italia riuscì a vincerla quella guerra.
      D'accordo con te anche sulle scelte del PCI di allora e sulle eventuali conseguenze, anche qui evidenziate da Chomsky sul fatto di impedire a qualunque costo che vincessero i "comunisti", che avrebbe portato una strategia diversa.
      Grazie a te per le perle che pubblichi ogni giorno.

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  6. D'accordo sui principi, ma proprio per pignoleria storiografica aggiungerei che moltissimi tra quelle decine di migliaia di fascisti non sarebbero comunque andati al fronte contro gli angloamericani, anche senza guerra partigiana. Perché non erano in condizioni di farlo. La controguerriglia della RSI, con qualche rara eccezione, fu fallimentare, e il grosso delle operazioni antipartigiane di punta lo svolsero i tedeschi. Se furono fallimentari già contro i partigiani, a maggior ragione non sarebbero stati utilizzabili al fronte. L'apparato militare tardomussoliniano era ipertrofico a livello territoriali e furerie - quelli che la guerra la facevano dietro un tavolo - e molto gracile nel ramo combattimento.
    mauro

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    1. grazie ancora per il contributo e le gentili parole
      olympe

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