lunedì 2 luglio 2012

Niente miracolo


Le avventure calcistiche della nazionale sono per molti aspetti lo specchio del carattere nazionale italiano. Ci si affida più al caso che all’organizzazione, capaci di gesti rimarchevoli, di entusiasmo spesso esagerato, confidando nell’estro e nell’improvvisazione. Un po’ in tutte le cose, dal calcio alle catastrofi naturali, siamo fatalisti. Grande partecipazione e solidarietà, ma assolutamente irresponsabili riguardo la prevenzione. Prima di tutto viene il business cementizio, il villino a 50 metri dal mare, da condonare con pochi spicci, la casetta sulle pendici del Vesuvio, il capannone davanti alla villa del settecento, la discarca a ridosso del parco, il camping nel greto del fiume.

Del resto della nazionale di calcio (per non dire degli altri sport) ci accorgiamo solo quando deve giocare nei tornei che contano. Per il resto viene prima il business dei club, la coppa Italia giocata a ridosso degli europei. Tanto poi un ragazzo di vent’anni al quale addossare il peso delle responsabilità si trova sempre, nel bene e nel male. Un calciatore, un tecnico, un politico, un ministro, un guru d’assidere in trono finché verrà il momento di scaraventarlo nella polvere per aver interrotto il sogno.

Mentre tutto va a rotoli, ma per davvero, il Partito democratico non ha ancora detto con chi, in autunno o fra otto mesi, andrà alle elezioni e soprattutto in quattro anni non ha redatto uno straccio di programma. Anche in questo caso s’improvviserà al momento. Nessuno sa dire quali forze politiche e con quali proposte governeranno questo paese, con quali progetti concreti per l’avvenire. La dipendenza strutturale dal debito, il dualismo nord-sud e l’emorragia della spesa pubblica, il lavoro, i problemi dell’agricoltura, quelli dell’artigianato e della formazione, quindi la scuola, la sanità e l’assistenza, la cultura e la difesa del patrimonio, il taglio degli sprechi e la riduzione della burocrazia, controlli bancari seri sui flussi di denaro, sui patrimoni all’atto delle successioni, sugli intrecci societari, la riforma costituzionale, ecc.. Non la rivoluzione si chiede, ma un blando riformismo che ci faccia uscire un poco dalle secche e dall’apatia.

Ps. : quando c’è un ministro indagato per frode fiscale (centinaia di milioni), il quale non solo non si dimette ma non ha nulla da dichiarare al riguardo, come si deve sentire il contribuente?

1 commento:

  1. Il PD non ha un programma e NON ha!L'arroganza di prendersi la responsabilità con la fiducia al governo dimostra quanto sia assente politicamente, tanto da proporre un prossimo governo con Monti diventato loro scudo .

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