domenica 18 novembre 2012

Più meglio assai



Potrebbe succedere presto un bel nuovo tonfo delle borse, anche se il sito di Wall Street Italia scrive, per contro, che da qui a dicembre “da un momento all'altro potrebbe verificarsi un bel rimbalzo”. Credo che le menti degli esichiasti del grande trading, coltivate alla stessa scuola, sbaglino previsione: il mercato azionario si è gonfiato abbastanza da schiattare di nuovo e con gran botto, se non subito, nei primi mesi dell’anno. Vedremo. C’è quelli che sostengono che il capitalismo – e, va da sé, il liberismo – andrebbe più meglio assai se la speculazione finanziaria fosse regolata. Speculazione e regolamentazione è un ossimoro molto cool – si dice così oggi – a “sinistra”.

Lo sviluppo economico, specie in alcune aree del pianeta, ha raggiunto il suo massimo storico, ossia vette produttive e consumistiche inedite. Le forze della natura – non meno che quelle del lavoro – sono state assoggettate come mai prima d’ora. La metodica contabilità pratica del capitale – che si vuole derivare fondamentalmente dalla metodica contabilità morale del protestante, dimenticando però che essa ebbe culla nella cattolica Italia – ha sottomesso uomo e natura al profitto e al suo accumulo, facendo diventare la nostra forma di vita semplicemente demenziale e autodistruttiva.

Il denaro è in tal senso essenziale per alimentare l’illusione di essere tutti membri di una società libera e fondamentalmente basata – se non proprio sull’uguaglianza – sulle pari opportunità. In realtà esso occulta i rapporti di assoggettamento – il lavoro coatto mostrato come libero scambio – e il fatto che alla maggior parte dell’umanità non è concesso altro, quando va bene, che il necessario per sopravvivere. Poi, a rappresentare questa illusione di libertà e consumo in forma abbagliante, ci pensa la propaganda, ossia ogni genere di pubblicità e di spettacolo, ombre del mondo reale.

Non sono pochi quelli che ritengono che il capitalismo infine – tra un paio di decenni – uscirà dalla presente crisi non meno bene di quanto è avvenuto in passato, magari dimenticando il come n’è uscito in precedenza e di quali potenzialità di sviluppo ha avuto agio. E questo perché non è chiara – nonostante il gran parlare – la dimensione delle contraddizioni accumulate che fanno di questa congiuntura una crisi di livello storico inedito. A cominciare dalla contraddizione tra processo lavorativo e processo di valorizzazione, tenendo quindi ben presente che il modo di produzione capitalistico si presenta essenzialmente come processo di produzione del plusvalore.

E questo fatto ha una rilevanza fondamentale sotto l’aspetto, per esempio, del rapporto sempre più squilibrato, nella composizione tecnica del capitale produttivo, tra la quantità di lavoro vivo e la massa di lavoro morto, così come l’aumento della composizione organica del capitale è una tendenza necessaria allo sviluppo del capitalismo e però rappresenta la causa delle crisi di sovrapproduzione.

Per contro, come sempre, c’è chi vede in questa crisi non solo il fallimento del capitalismo, ma sente già i rintocchi della sua campana a morto. Credo, a tale riguardo, si debba tener conto del livello di pervasività e successo – non meno che di ambiguità – raggiunto su scala globale dal modo di produzione capitalistico; non è pensabile quindi che esso verrà sepolto sull’istante da pur imponenti movimenti rivoluzionari per ora visibili solo dalla fortezza Bastiani. I problemi aperti, a tale riguardo, mi sembra non siano stati affrontati a livello teorico se non approssimativamente.

Mi pare anche chiaro che questo sistema economico non abbia più in sé la forza e nemmeno lo spazio – nonostante l’emergere di giganti come la Cina, l’India o il Brasile – per risolvere anzitutto due problemi: quello – come detto – della valorizzazione del capitale e poi dell’esaurimento delle risorse. In tal senso, i teorici della decrescita antepongono il carro ai buoi. Inoltre, le nuove potenze economiche di per sé non possono risolvere queste contraddizioni, anzi le aggravano. Non di meno, bisogna anche tener conto delle incognite geopolitiche generate dal confronto tra i due rivali di maggior peso, Usa e Cina.

2 commenti:

  1. Buona sera.

    Qual è la differenza tra "composizione tecnica del capitale", e "composizione organica del capitale" ?

    saluti

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    1. buona sera

      http://www.che-fare.org/archivcf/cf70/dossier%20crisi/cf70_composizione_capitale.htm

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