martedì 26 febbraio 2013

Hanno votato uno show



Provo dare una lettura un po’ diversa di quanto è successo nelle urne sulla falsariga del post di ieri, laddove rilevavo come l’andamento della spesa pubblica subisca l’andamento dello sviluppo contraddittorio del modo di produzione capitalistico e della lotta tra le classi. Tale assunto, mi pare sia necessario per guardare e riassumere in modo corretto il riflesso che le politiche economiche inevitabilmente producono anche sotto il profilo elettorale. Infatti, le forme più o meno “democratiche” di gestione politica, rilevano un aspetto non marginale del circolo vizioso in cui si dibatte la borghesia soprattutto nelle situazioni nazionali ove essa è costretta a svelare troppo sulla natura camuffata della sua dittatura reale.

Noi veniamo da un periodo nel quale gli sfruttatori politici degli sfruttati e degli ingenui, ambiziosi pescecani ai quali la borghesia imperialista ha affidato il compito di suonare il piffero della democrazia borghese, hanno fatto di questo paese un baraccone della burocrazia parassitaria, dello spreco più sfacciato, delle scorribande più incredibili tra banche, fondazioni, partecipate, eccetera. Il tutto nel quadro travisato della cosiddetta “integrazione europea”, un processo che ha la pretesa di creare un’interdipendenza tra Stati diseguali, sotto l’egemonia del capitale tedesco-americano.

Tale progetto d’ingegneria istituzionale e politica è realtà ben consolidata che risponde agli interessi economici esclusivi della borghesia imperialistica e anzitutto dei suoi segmenti più forti, a cominciare, come detto, da quello germanico. La dominanza politica degli Stati più forti su tutta l’area, sostenuta dalle istituzioni europee – in primis la Bce – , si traduce in una interdipendenza economica sotto il dominio del capitale più forte, quindi con la gerarchizzazione e funzionalizzazione dei ruoli dei singoli Stati all’interno della UE. Ora ne prendono atto in molti e anche gli sciocchi amano ripetere cose simili.

Sennonché, la nuova fase del ciclo economico capitalistico, che chiamano globalizzazione, ha prodotto una nuova gerarchia nell’ambito della divisione internazionale del lavoro, con quello che ne è conseguito e che ben conosciamo; quindi ha avuto via libera dai governi, dai parlamenti e dalle organizzazioni economiche internazionali, un imponente fenomeno speculativo favorito anche dai nuovi sistemi telematici. Per farla breve, ciò si è tradotto nei fenomeni della crisi attuale, alla quale si è risposto con piani di austerità che invece di allentarne la morsa finiscono inevitabilmente per stringerla ancor più e soffocare l’economia, soprattutto nei settori produttivi medio-piccoli e meno protetti.

In tal modo, in Europa, invece di ottenere l’unità – non dico dei proletari, giammai – ma anche solo dei “cittadini” e dei popoli, si è ottenuto il rafforzamento del grande capitale multinazionale. Per non tirare in lungo il post, diciamo che a livello politico, nei contesti nazionali, stanno sorgendo dei movimenti di protesta popolare che mirano a scalzare i vecchi e putridi partiti politici mandando i loro esponenti all’ospizio. Ecco quindi che abbiamo presente un movimento, nato per iniziativa di un ex attore comico, che agisce come catalizzatore della sofferenza e della protesta provocata dalla crisi e dalle risposte demenziali che ad essa sono state date da un’accolita d’intemerati imbecilli (*), e ottiene alle elezioni un pieno di voti. Si dirà che si è votato uno show, e questo in parte è vero. In proposito vedrò di dire qualcosa nel merito in un altro post, anche perché questa mattina ho letto sul sito di Grillo cose che hanno attinenza con una concezione della politica di natura marcatamente autoritaria, per non dire altro. Cosa che ovviamente è sfuggita a molti, ma non c’è da sorprendersi.

(*) Da Berlino, il ministro dell’Economia tedesco, Philipp Roesler, ha sottolineato che «non c’è alternativa alle riforme strutturali già in corso, che includono il consolidamento del bilancio e lo stimolo della competitività» e ha aggiunto di «aver immaginato un risultato migliore per i partiti riformisti».







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