venerdì 19 aprile 2013

Più duro della quercia



Querbracho è il nome commerciale di un tipo di legno che nell’uso comune è diventato anche il nome di alcune famiglie di alberi dell’Argentina settentrionale e del Paraguay. Deriva ovviamente dallo spagnolo, cioè da quiebra hacha (spezza-scure), e ciò indica la sua caratteristica principale, ossia la durezza. Dalla corteccia del quebracho rosso si ricava un estratto ricco di tannino un tempo adoperato per la concia delle pelli. Recentemente, ma questo particolare lo aprendo da Wikipedia, con tale nome si indicò anche una moneta non ufficiale circolante in Argentina nella provincia del Chaco (da non confondere con quella del Choco di cui ho detto qualche giorno or sono).



Ha le foglie simili a quelle del faggio, corteccia grigia striata e, appunto come detto, legno rosso, duro come l’acciaio e molto pesante. È possibile spezzarlo solo con asce speciali, che i locali chiamano hacha de tumba. I braccianti (braceros) addetti al taglio dovevano far fronte al caldo e alle febbri, si cibavano di ananas selvatici e anche di scimmie urlatrici, e ci vuole una bella fame per mangiare delle scimmie senza pelo e puzzolenti (*).

Vicino al Tropico del Capricorno, scorre il Rio Bernejo (che localmente assume diversi nomi) che si divide in due rami, il più meridionale attraversa la provincia del Chaco, assumendo un andamento che definire tortuoso è un eufemismo. Lo chiamano Bermejito, perché è il ramo più piccolo e in alcuni periodi può essere in secca e perciò non navigabile nemmeno per le piccole imbarcazioni. Ciò nonostante si provò molto tempo fa a renderlo utile per il trasporto commerciale, ma il problema principale non fu rappresentato tanto dalla tortuosità e dalle secche stagionali, quanto dalle enormi quantità di sedimenti di ogni tipo che il fiume trasporta. Compresi molti rami e tronchi d’albero.

E anche fosse navigabile davvero, chi pensi di poter trasportare via fiume i tronchi di querbracho, sfruttando la corrente, si sbaglia di grosso. I tronchi non galleggiano, vanno a fondo, perché il legno di querbracho non è soltanto durissimo, ma anche molto più pesante dell’acqua. Eh, la natura sembra a portata di mano, ma non si fa dominare così facilmente.

Sulle rive del Bermejito si possono ancora vedere i resti di alcune città un tempo abitate, come Concepciòn de Buena Esperanza, alias Concepciòn de Bernejo, esistita a cavallo tra XVI e XVII secolo, il suo nome è stato d’augurio. La sua posizione fu strategica perché permetteva di collegare attraverso la fitta foresta (il settore forestale del Chaco era noto ufficialmente come l’Impenetrabile) le zone costiere del Vicereame del Rio de la Plata con le zone occidentali. Il percorso all’interno della foresta tra una vegetazione legnosa, secca e spinosa, era detto percorso macomita (senda de los macomitas), dal nome di una località. La zona è abitata da tribù indigene di etnia wichí, dette spregiativamente matacos, forse da matar, uccidere.

Tali tribù, seppur divise tra loro anche per mancanza di una cultura comune, attaccarono la città nel 1631, distruggendola. Gli abitanti si rifugiarono a Corrientes (**). Negli anni successivi ci furono molti tentativi di ripopolare la città, ma nel 1645 essa fu abbandonata definitivamente. Ciò ha avuto conseguenze disastrose per la linea commerciale tra le province del Nord Ovest e il Paraguay, basti dire che si dovette attendere oltre due secoli (1878) per vedere ri-fondata ufficialmente una città,  Resistencia, capitale del Chaco, ad opera di emigranti friulani, considerati i padri fondatori della capitale, detta anche la “città delle sculture”, ovviamente in legno!

P.S. : che io sappia, non ho parenti friulani o parenti italiani in Argentina. Anzi, direi che in generale non ho quasi parenti diretti, per fortuna. Però, secondo la cd teoria dei sei gradi di separazione tutto è possibile. Anche Peron era di origini friulane e anche lo scrittore statunitense Gore Vidal.


(*) Altamirano, Dellamea, Sbardella, Historia del Chaco, Cosmos Editorial, Resistencia, Chaco, 1994.

(**) Corrientes è la capitale dell’omonima provincia, al confine con il Paraguay, divisa da un’altra città, Resistencia, capitale del Chaco, dal passaggio di un’affluente del Paranà, che in quel tratto segna appunto il confine tra le due province argentine.



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