venerdì 27 dicembre 2013

Requiem aeternam


Quando la salute di un paziente, contro le attese, peggiora visibilmente, bisognerebbe porsi domande sulla diagnosi e sulla terapia. E se il medico persiste con i suoi salassi nonostante il paziente sia morente, bisogna doverosamente metterlo in condizioni di non nuocere. Separare un simile archiatra dalla sua vittima, spesso risolve la situazione.

A fronte di una crisi tra le più gravi e persistenti della storia del capitalismo e dalla quale non si vede sbocco, non c’è un solo responsabile politico o economico che alla domanda se la diagnosi sulle cause della crisi sia corretta, postuli, almeno sotto il profilo teorico, un qualche dubbio sulle sue effettive cause, spostando i propri occhietti strabici sul modo di produzione capitalistico e le sue contraddizioni.

E invece questi irresponsabili persistono in una terapia, il modello ultraliberista, che si dimostra fallimentare ogni giorno di più. Essi si difendono nel dire che la colpa è del paziente che non segue pedissequamente la cura, dimostrandosi viepiù refrattario a dosi sempre più massicce di tagli alla spesa sociale e liberalizzazioni, dunque di opporre resistenza, l’ingrato ribaldo, al continuo salasso al quale è sottoposto.

Il dubbio, in questi signori, è assente, non solo perché individualmente sono dei saccenti cialtroni, ma perché in cuor loro (posto che ne siano provvisti) sanno bene di essere i primi responsabili dell’attuale disastro, e sono altresì ben coscienti che chiamare in causa il modo di produzione capitalistico sulle responsabilità dirette della crisi significherebbe pronunciare una sentenza di condanna a morte per il sistema, segnatamente per la classe sociale alla quale essi stessi appartengono.



Eppure un loro illustre rappresentante ebbe l’onestà intellettuale se non altro di ammettere che le teorie economiche che riguardano l’equilibrio dei fattori economici, altro non erano che espedienti, dimostrando (pur sempre a suo dire) che i postulati della teoria-neoclassica, e i succedanei apologetici, “si possono applicare soltanto ad un caso particolare e non in senso generale, poiché la situazione che essa presuppone è un caso limite delle posizioni di equilibrio possibili. Avviene inoltre che le caratteristiche del caso particolare presupposto dalla teoria classica non sono quelle della società economica nella quale realmente viviamo; cosicché i suoi insegnamenti sono ingannevoli e disastrosi se si cerca di applicarli ai fatti dell’esperienza”.

E se lo diceva un Lord, bisogna credergli. A sua volta egli proponeva un modello più aderente alla realtà che prendesse atto dello squilibrio tra domanda e offerta; e tuttavia, il poveretto, dovette ammettere che “La chiave del nostro problema pratico risiede in questa legge psicologica”, e “comunque – condivida o no il lettore la possibilità a priori di questa legge psicologica – è certo che l’esperienza sarebbe estremamente diversa da quella reale se la legge non valesse […] l’esperienza dimostra che di fatto deve valere qualche legge psicologica di questo genere”.

Vedete a che punto? Non ci resta che recitare un requiem aeternam, posto che, si ammette, il sistema capitalistico, lasciato alla sua spontaneità, non tende all’equilibrio, a causa della crescente divaricazione tra domanda e offerta causata da “qualche legge psicologica” [sic!], ossia dalla “diminuzione della propensione al consumo”. Come dire, consumate stronzi, altrimenti una “qualche legge psicologica” mi manda fuori quadra il sistema!

E, ad ogni modo, per ricondurre il sistema all’equilibrio, per dare lavoro e dunque per indurre al consumo quei refrattari degli operai, sarà necessario creare una “domanda aggregata”. Come? Con l’intervento dello Stato che mediante la definizione del saggio d’interesse, la politica fiscale, forme d’intervento e controllo sulla massa complessiva degli investimenti per determinarne il volume, metterà a posto le cose per un po’. Dopo di che, come sanno tutti gli scolari che ripetono la celebre frasetta keynesiana, “nel lungo periodo saremo tutti morti”.

I risultati si sono visti, l’aumento della spesa pubblica, accompagnato da una fase espansiva, ha consentito al sistema di navigare spedito, fino a quando non sono esplose, inevitabili, le contraddizioni di fondo, che però, sia chiaro, nulla hanno a che vedere con l’aumento del debito pubblico, il quale è solo un effetto delle politiche di “equilibrio”, nonché, dal lato politico, delle ruffianerie del sistema per compare consenso e sconfiggere l’antagonismo di classe.

Oggi, per contro, abbiamo a che fare con la caduta della redditività del capitale, il trasferimento di ricchezza dal lato pubblico a quello privato, la finanziarizzazione dell’economia. La cosiddetta globalizzazione e l’enorme sproporzione tra capitale costante e variabile determinata dai progressi tecnologici hanno creato, tra gli altri effetti, la disoccupazione di massa nelle aree metropolitane di più antica industrializzazione. La risposta del capitale non si è fatta attendere: bisogna distribuire l’opulenza con chi ha meno. Grandissime teste di cazzo chiosate con le vostre critiche laterali questo articolo del New York Times, noto quotidiano comunista.

Le suddette testone dovrebbero quanto meno aver chiaro che la domanda di manodopera regola necessariamente la produzione degli uomini, come di ogni altra merce. Ma qui, ammetto, andiamo sul difficile, il materialismo dialettico è troppo ostico per chi s’è laureato in scienze del cazzo a 28 anni. E però sono comiche le diatribe sulla disoccupazione, la denatalità e l’invecchiamento della popolazione (s’abbia il coraggio di dirlo esplicitamente: ‘sti cazzo di vecchi, inutili, eliminiamoli direttamente una buona volta, sai che beneficio per i conti pubblici!). 

Al Keynes e ai suoi poveri epigoni hanno fatto seguito e da contrappunto i furbastri che dicono che la politica economica dovrebbe limitarsi alla politica monetaria. E da questo punto in poi inizia un altro capitolo, scritto in americanese, tradotto in caratteri gotici e poi fotocopiato in corsivo italico.



5 commenti:

  1. Ci sarà senz’altro un dotto motivo. Perché «requiem in aeternam»?

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  2. Sí, dico, perché non «requiem aeternam», come da formula canonica?

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  3. I politici ladroni sono semplicemente perfetti esecutori - ben pagati - degli ordini loro impartiti dalle multinazionali il cui vero obiettivo è privatizzare il maggior numero possibile di servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie, come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano “ostacoli commerciali”. Abbiamo dimenticato la lettera della BCE del 5 agosto 2011, il pareggio di bilancio, Monti, la Fornero e Berlusconi e Letta e Bersani, Napolitano, Renzi etc. etc.?
    Questa banda bassotti è al soldo delle lobbies che difendono il cibo-spazzatura, le coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il tabacco, sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi. In più queste lobbies difendono i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra oltre ai loro clienti più potenti ovvero le grandi banche. Meno conosciute delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a singole multinazionali, sono in forte crescita le lobby-fantasma, solitamente definite “istituti”, “fondazioni” o “consigli”.
    Più in piccolo basti pensare alle cronache delle ultime ore che hanno visto alla ribalta tal Luigi Tivelli, il lobbista che infinocchia i pivelli, che nello sprint finale della legge di stabilità cercava di far cambiare al Pd il proprio emendamento salvando una lunga schiera di pensionati eccellenti.
    Insomma lobbies di ogni tipo che pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica (fino a negare l’evidenza scientifica) per convincere i consumatori del valore dei loro prodotti-spazzatura.
    Da tali organismi e da tali personaggi è folle aspettarsi che facciano qualcosa per i sudditi ormai visti esclusivamente come un mucchio di limoni da spremere. Loro, di certo, un progetto per il futuro del mondo (il loro arricchimento) ce l’hanno e lo stanno perseguendo perfettamente.
    Nessuna geniale teoria di economia. Semplicemente “rubare e saccheggiare” protetti dalle polizie.
    Senza dare troppo nell’occhio, pian pianino, con calma, giorno dopo giorno. “Passo dopo passo” direbbe Bassolino.

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