lunedì 7 aprile 2014

Aneddoti d'aprile



Verrebbe da dire, quasi parafrasando Marx, che la storia è storia della meteorologia. Per molto tempo l’obbedienza del popolo è stata soggetta alle condizioni climatiche più che a vicende d’ordine sociale. Il popolo vive stentatamente quando il pane è a buon mercato, ma quando questo viene a mancare emerge l’istinto dell’animale in lotta per la sopravvivenza. Tutti i governi, anche gli attuali, per mantenere la pace pubblica, dunque l’obbedienza generale, hanno bisogno di garantire al popolo la sopravvivenza. Viceversa, quando un fiume in piena arriva agli argini, non servono grandi onde perché esso straripi, ne bastano di piccole.

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Fu un’estate torrida e secca, il raccolto cattivo, ma il peggio doveva arrivare. Una grandinata come non s’era mai vista, dalla Normandia allo Champagne devastò tutto il territorio più fertile. Con le piogge il Rodano restò per due mesi fuori del suo letto. L’inverno che seguì fu il più duro, lungo e rigido dopo quello di ottant'anni prima, nel 1709. Gelò la Senna da Parigi a Le Havre, le temperature furono davvero polari. Interi boschi di castagni pietrificarono, e gli ulivi morirono. Nelle abitazioni – nelle campagne erano spesso dei tuguri di paglia – non c’era riscaldamento quale noi l’intendiamo oggi, e i vetri alle finestre cosa rara.

In primavera il governo si diede da fare, sapeva che senza pane sarebbe stata rivolta. Ordinava ai contadini, ai proprietari e mercanti di rifornire i mercati, e arrivò a raddoppiare il prezzo d’importazione, si oberava di debiti, spendeva 40 milioni per rifornire di grano la Francia. Invano nobili ed ecclesiastici moltiplicarono le loro elemosine, in alcuni casi persino indebitandosi, come l’arcivescovo di Parigi. E tuttavia i poveri e gli affamati erano troppi, né le sovvenzioni pubbliche e tantomeno la carità privata bastarono a sopperire al gran bisogno.

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Nella notte tra il 14 e il 15 luglio uno dei due protagonisti di un celebre scambio di battute fu il duca de La Rochefoucauld-Liancourt, un tizio con un nome troppo lungo per il test Invalsi. L’altro protagonista, com’è invece a tutti noto, fu Luigi XVI. Fu dunque il duca di Vattelapesca a svegliare il Re in piena notte per annunciargli la presa della Bastiglia. All’assonnato e sorpreso Luigi non restò che dire: “È dunque una rivolta”. A questo punto il duca pronunciò la storica frase: “Sire, è una rivoluzione”.


Prima d’essere una rivoluzione, fu una dissoluzione. A finire di distruggere la Francia dell’ancien régime furono le insurrezioni, non meno però delle leggi dell’Assemblea nazionale. E magari di questo dirò un’altra volta, con calma, tanto è storia vecchia e a noi non cale se non come mera curiosità.

1 commento:

  1. A me appassiona molto leggere di queste cose Olympe per cui aspetto il continuo.

    Ciao, Franco.

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