sabato 26 aprile 2014

Filologia vigliacca


Il nome mi era noto come quello di un filologo di vaglia vissuto tra l’Ottocento e il Novecento (1863-1928), ma in quel nome, Cesare De Lollis, c’era un qualcosa di più che non riuscivo a rammentare, a fissare in un libro, una lettura, un episodio. Solo scorrendo la sua biografia mi sovviene dove l’ho incontrato e frequentato parecchi decenni or sono, ossia nella biblioteca universitaria di Padova, in via San Biagio, alle spalle dell’ex conservatoria dei beni immobiliari (vulgo: ufficio ipoteche) che ora ha cambiato denominazione in ufficio per il territorio (le riforme in Italia si fanno così). Fu lui, l’Olindo Giulio Cesare de Lollis che diresse, affiancando Henry Harrisse, la pubblicazione delle carte colombiane in occasione del quarto centenario del celebre viaggio. Dove altro avrei potuto leggere del Trattato di Tordesillas (a cui mi pare di aver dedicato un post) se non in quelle pagine?



Ebbene il nostro Cesare, a 54 anni suonati, decise di arruolarsi volontario nel 1917 e partire, quale ufficiale, per il fronte. Proprio lui che era stato deciso antinterventista, nel momento in cui la Patria correva gravissimo pericolo, non esitò un attimo a correre in suo soccorso. Partì da Roma il 28 ottobre, data fatidica per l’Italia e non solo per la nota marcetta, e infine giunse a San Vito al Tagliamento nella notte del 30. San Vito è un paese sulla riva destra dell’omonimo fiume, da dove traeva origine la famiglia di fra’ Paolo Sarpi, ed è qui che, in un primo momento, si pensò di arginare l’avanzata germano-austriaca dopo la penetrazione a Tolmino e Plezzo e la successiva rotta.

Giunto a San Vito, il nostro filologo volontario cercò invano qualche servo disposto a portargli la cassetta (la famosa cassetta degli ufficiali) fino alla sede dell’XI corpo d’armata dove doveva presentarsi. Infine trovò due buone anime di soldati ventenni disposti a portargli la cassa. Uno era un romano, tale Paolo De Franceschi, e l’altro un veneto (ma più probabilmente un tosco-emiliano), Giovanni Sbaragli, entrambi dell’80° rgt. di marcia. Se la caricarono sulle spalle la cassa, legandola a un grosso bastone improvvisato. Arrivato al comando, l’ufficiale fu accolto molto male perché si era servito per tale compito di due sbandati. Lo stesso capo di stato maggiore di corpo d’armata diede ordine di fucilare i due malcapitati.

Paolo, il romano, restituì a De Lollis il foglietto che questi gli aveva dato perché i carabinieri non lo fermassero lungo la strada. “Forse sperava che l’aiutassi” – ebbe a scrivere in seguito De Lollis  – “ma lo potevo fare io?”. Certo che lo poteva fare, almeno provarci, nella sua posizione. E del resto ne aveva anche il dovere, posto che era stato lui a condurli in quella situazione. Si trattava di due esseri umani, poco più di ragazzi, che stavano per essere fucilati. “Forse erano veramente colpevoli”, si giustifica De Lollis. Forse, dice il vigliacco. Se ne andò a dormire.



3 commenti:

  1. Molto meglio delle puntate su Renzi. A onor del vero del virgulto demitiano non se ne può più e lì di cultura storica se ne fa poca (nulla).

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  2. La vigliaccheria è inversamente proporzionale all’etica.
    Meno valori hai nel cuore e più sei un vigliacco.
    L’etica, diversamente dalla morale (ed oltre il suo significato etimologico), è un amore intimo e personale per il bene. Una madre accetta come giusta la condanna a morte del figlio disertore (morale) ma cerca comunque di nasconderlo e farlo scappare per salvargli la vita (etica). L’etica è la base stessa dell’amore.
    Non puoi amare una donna ed usarla come una cameriera o per scopartela e basta. E, viceversa, non puoi usare un uomo come un bancomat in cambio di prestazioni sessuali. Eppure quasi il 100% dei comportamenti sociali (la famiglia, ad esempio) si basa essenzialmente su questo do ut des. Un baratto, uno scambio, un contratto. Come al mercato.
    E’ proprio la mancanza di etica (ricerca del bene) a spingere gli umanoidi a disprezzare ed offendere la vita dei propri simili pur di ricavarne un vantaggio personale.
    Si dice che l’uomo si distingua dagli animali proprio per l'autocontrollo e la razionalità che prevalgono sull’istinto e sull’impulso. La verità è che l’uomo di distingue dagli animali proprio per la incontrollabile vigliaccheria di procacciarsi il piacere dando dolore e morte ai propri simili. E’ quanto accade nel mondo dove pochi padroni, pur di perpetuare e/o aumentare il proprio piacere, non si fanno scrupolo di utilizzare come bestie i propri simili (i capitalisti, ad esempio).
    Insomma il vigliaccio è quello che occhio non vede cuore non duole.
    E quasi sempre, quando l’occhio non vede ed il cuore non duole, il Cesare De Lollis di turno si autoconvince anche che ammazzare il prossino sia il miglior regalo che gli si possa fare spedendolo in paradiso lontano da questa valle di lacrime.
    Ciao cara.

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    1. il fatto è che dice che forse erano colpevoli. ma colpevoli di cosa dopo quello che avevano combinato il governo (patto di londra all'insaputa del parlamento) e quell'imbecille di cadorna e dei suoi generali? sempre solidali tra loro i borghesi. se il partito socialista non fosse stato un partito di rinnegati, quella si prestava ad essere l'occasione buona per sbarazzarsi di tutta quella gente.

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