lunedì 5 maggio 2014

"Evviva Germania"


Il generale Krafft von Dellmensingen, capo di stato maggiore della 14^ armata comandata da Otto von Below, scrive, nel suo Lo sfondamento dell’Isonzo, che già dopo poche ore l’inizio della cosiddetta battaglia di Caporetto, ovvero la XII e ultima battaglia dell’Isonzo, venivano catturati migliaia di prigionieri italiani (alla fine saranno 300mila), i quali, “parte allegri e parte frastornati”, si affrettavano sulla strada verso Tolmino, nell’intento di mettersi al più presto al sicuro, “agitando fazzoletti bianchi al grido: Evviva Germania”. Questo era indice, secondo il generale, “che la loro volontà e il loro coraggio erano caduti molto in basso”.

Che non volessero più combattere è cosa certissima, quanto al coraggio, quelle truppe, quasi tutte composte di contadini analfabeti non aventi diritto di voto, ne avevano mostrato fin troppo. Tra le cause della disfatta di Caporetto, ve ne fu una di fondamentale – sottaciuta – che viene prima delle motivazioni di strategia e di tattica, e ben si accorda con la situazione di sfinitezza e frustrazione delle truppe dopo due anni e mezzo d’inutili e sanguinosissimi assalti frontali. Questa si chiama sfiducia, nei comandanti militari, così come nella classe dirigente nazionale.

*

«L’inverno sarà duro nelle Alpi. Hai provveduto completamente agli approvvigionamenti invernali per l’esercito?», chiese in una sera d’agosto 1915 Francesco Saverio Nitti al presidente del consiglio Salandra (*). E questi, ch’era stato il più tenace assertore dell’entrata in guerra, gli rispose: «Il tuo pessimismo è veramente inesauribile. Credi che la guerra possa durare oltre l’inverno?».

Ricorda Piero Melograni, nella sua Storia politica della grande guerra, che il generale Cadorna, da parte sua, conversando in una sala del Senato ai primi di aprile del 1915, affermava «che l’Italia, entrando in guerra, poteva essere sicura di essere dopo un mese a Trieste». Va tenuto conto, a tale riguardo, che lo stesso Cadorna, a tempo debito, ammetterà che, presa Trieste, la città per la sua posizione non sarebbe stata difendibile.

Riporto un altro esempio, esilarante, del livello di certi ministri di allora (e di sempre). Scrive Angelo Gatti nel suo diario che il Ferdinand Foch, il comandante in capo francese in visita al fronte italiano, chiese a un certo punto se il conte di Cavour era di Verona. No, gli rispondono i generali italiani, era di Cavour. Possiamo immaginare che il francese si chiedesse tra sé: dove cazzo si trova Cavour? Ad ogni modo gli italiani soggiungono: «la sua famiglia era Benso di Cavour. «Non è esatto [osserva nel suo diario il Gatti], ma pazienza. L’enorme è che, sentendo Benso di Cavour, Bissolati per due volte ministro del re e uomo politico, domanda: chi è Benso? E quando gli dicono che è Cavour, dice che non ha mai saputo che si chiamava Benso» (**).

*


Che cosa succedeva al fronte? Ci si batteva contro un esercito numericamente superiore e ben armato? Tutt’altro, gli effettivi austro-ungarici saranno per tutta la durata della guerra ben inferiori a quelli italiani (nel 1917 saranno in rapporto quasi di 1:3), e per quanto riguarda l’armamento riporto un passo dalla Relazione ufficiale austriaca:

«Non di rado, la prontezza dei complementi ad entrare in campagna fu subordinata all’ arrivo di fucili: non di rado essi giunsero alle Armate senza armi, e, data la scarsezza di armamento, vi fu perfino qualche Comandante che propose di tenere i disarmati tanto vicini alla linea di combattimento che ognuno di essi potesse immediatamente prendere il posto di un morto o di un ferito» (L’ultima guerra dell’Austria-Ungheria – Relazione ufficiale compilata dall’Archivio di guerra di Vienna, vol. II, trad. it. 1935, Roma, p. 15).

Un esempio della nostra situazione al fronte: circa 800 uomini della brigata Puglie, che aveva occupato la q. 28 ad est della foce del Timavo, sono passati il 29 maggio 1917 armi e bagagli al nemico. E pure con gli ufficiali, almeno così pare. Non era certo il primo caso di diserzione di massa né sarà l’ultimo (tanto per dire, nel 1917 in Sicilia si contavano 20mila renitenti alle armi fuggiaschi nelle campagne e nei monti). «E ancora più grave – scrive Gatti – è il fatto che il duca d’Aosta [c.te 3^ armata], il quale ha cominciato a fare l’inchiesta, ha riferito di aver notato come segni d’intesa, fatti da ufficiali e soldati delle brigate siciliane: ed ha detto che sente intorno a sé come un sordo malcontento».

Prosegue Angelo Gatti: «Una causa specifica si può trovare in un discorso che mi ha fatto il ten. col. Orta: il quale mi dice che il gen. Tettoni, comandante del VII corpo d’armata, dal quale dipende appunto la brigata Puglie, avrebbe portato i soldati veramente al macello, gettandoli innanzi incessantemente senza nessun avvedimento tattico. Riferisco ciò che mi hanno detto: in una camerata d’ospedale, di cui non mi hanno voluto dire il nome, 45 ufficiali feriti di quel corpo d’armata avrebbero detto che un’altra volta quello che è successo non sarebbe in nessun modo successo, e che Tettoni è un macellaio».

P.S.: domani un post sulla tattica, su questioncelle che non proprio tutti conoscono.


(*) Il primo ministro era Salandra, un pezzo di reazionario di prima grandezza, il quale nelle sue memorie scrisse che con la guerra aspirava a purgare il liberalismo dalla “scoria” democratica. Il ministro degli esteri Sidney Sonnino, del quale già il nome indica l’inclinazione filoinglese (sua madre era gallese). Entrambi questi uomini in redingote erano appoggiati dagli strati alti della società e dai circoli industriali che caldeggiavano, per ovvi motivi di profitto, il riarmo e la guerra.
(**) Ad essere pignoli, va rilevato che se i Benso erano marchesi di Cavour, è pure un fatto che Camillo, figlio cadetto, alla nascita non aveva diritto al titolo. Pertanto c’è da supporre che, secondo l’uso invalso, quello di conte, titolo a scalare rispetto a quello di marchese riservato al primogenito, fosse un titolo di cortesia. Tuttavia, a sapere esattamente come vanno queste cose d’araldica c’è da perdersi.


6 commenti:

  1. Il problema del passaggio al nemico nella Prima guerra era che - a differenza della Seconda, dove in mano agli alleati occidentali e salvo eccezioni anche importanti i prigionieri italiani stavano relativamente bene - si andava a finire nei campi austriaci, dove si faceva la fame e le condizioni potevano essere pessime.

    Una volta finita la guerra, nel 1918, agli ex-prigionieri (considerati in blocco una vergogna nazionale) era riservato un trattamento a dir poco umiliante. C'è un libro edito da non molto su un campo raccolta ex-prigionieri in Emilia. Un campo di concentramento, una specie di purgatorio punitivo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. caro Mauro, lasciami dire che quel "relativamente" andrebbe scritto in maiuscolo. se eri prigionieri dei francesi in africa ci rimettevi minimo la salute, e con gli inglesi non era meglio.

      quanto ai prigionieri del primo conflitto, rilevo che benché l’invio di viveri e vestiario a favore dei prigionieri fosse divenuta prassi accettata, il governo italiano fu l’unico a rifiutare di inviare pacchi viveri ai suoi soldati fatti prigionieri in guerra. Alla Croce rossa, a titolo di concessione, era stato permesso di accettare i contributi in denaro, ma solo per gli ufficiali!

      Elimina
  2. I poveri vanno alla guerra, a combattere e morire per i capricci, le ricchezze e il superfluo di altri. (Plutarco)

    RispondiElimina
  3. 'Che non volessero più combattere è cosa certissima'

    Certissima. Nonno ragazzo del '99, se vivo, potrebbe confermare. Disertore.

    RispondiElimina
  4. Salve Olympe.
    Il dialogo tra Nitti e Salandra è per caso riportato nel volume “Rivelazioni” dello stesso Nitti?
    Perché più volte l’ho visto da lei citato in questi anni, e starei pensando di cercarlo.
    Mi sembra di capire che da Nitti ci siano pervenute molte dichiarazioni interessanti sullo stato di questa “Repubblica democratica”…

    Nel frattempo, anche il libro di Gatti è stato aggiunto alla lista della spesa.
    Grazie infinitamente per le dritte.

    P.S.: nel caso se la fosse persa ieri sera, si diverta:
    http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-38e982e7-a1e6-411a-bb0b-4df308426836.html

    RispondiElimina
    Risposte
    1. il dialogo è riportato da gatti a p. 224 nell'ultima ediz.
      nitti vale la pena leggerlo perché è un teste di prima mano, caustico e obiettivo
      grazie, ma non posso con augias, mi è stato proibito dal medico
      cordiali saluti

      Elimina