giovedì 10 luglio 2014

L’inutilità e criminalità di questo sistema economico è quotata in borsa


Guardando al passato possiamo comprendere quanto sia stato velleitario credere nella realtà e possibilità di un socialismo laddove dominava lo stesso principio capitalistico dello scambio di equivalenti e per di più su una base materiale della società angusta e miserabile.

La trasformazione sociale dal capitalismo al comunismo è possibile solo se le forze produttive hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, non prima. Di qui inizierà un lungo percorso che porterà gli uomini ad essere liberi quando cambieranno le condizioni materiali e sociali del lavoro, ossia quando sarà scomparsa la subordinazione servile alla divisione del lavoro e questo perderà la propria natura di valore di scambio.



Marx ha ben chiarito, tra l'altro, che è lo stesso movimento storico del capitale a creare le condizioni per il superamento del modo di produzione capitalistico, laddove si presenta sempre più marcata la sproporzione fra il tempo di lavoro impiegato e il suo prodotto, di modo che il furto del tempo di lavoro altrui, su cui poggia la ricchezza odierna, si presenta come una base miserabile rispetto all’inedita situazione creata dallo stesso sviluppo del capitalismo.

Dal punto di vista, per così dire, tecnico, possiamo trovare conferma di questo processo in atto semplicemente guardandoci intorno, o prendendo ad esempio notizie come quella circolata in questi giorni e che vede la Foxconn impegnata a muoversi verso linee di produzione robotizzate. È appunto il lavoro morto che si mangia sempre più quello vivo, laddove il capitale investito in sempre maggiori quote di capitale costante in rapporto a quello variabile pone le premesse per una sua sempre maggiore difficoltà di realizzare saggi di profitto adeguati in rapporto ai capitali investiti.

Non c’è da stupirsi che stando così le cose s’investa di più sulla distribuzione che sulla produzione, che la gestione del capitale diventi più redditizia nella circolazione finanziaria che nell’industria, salvo poi assistere periodicamente allo scoppio di bolle sempre più grandi per la semplice ragione che la circolazione e la speculazione non creano ricchezza, ma distribuiscono a piacer loro quella prodotta dal lavoro. Perciò si può affermare che l’inutilità e criminalità di questo sistema economico è quotata in borsa.

Il ritiro del capitale dalla produzione, o la sua allocazione in aree a maggior sfruttamento della forza-lavoro e a costi più bassi, ha prodotto disgregazione sociale e disorientamento in un’atmosfera di corruzione, di letargo rassegnato degli elementi migliori e di parodistica ribalta degli spiriti più clowneschi.


Inutile spiegare queste mutazioni del capitalismo a quegli asini che praticano la venalità come un’arte e insistono con le solite litanie sulla crescita, il debito, il deficit e tutti gli artifici contabili di un mondo pietrificato. Quei venditori d’illusioni monetizzate che rovistano dati e grafici nella stagnazione senza tenere in nessun conto che la produzione basata sul valore di scambio sta crollando e diventa un anacronismo.

Sarebbe come spiegare a un feudatario che le nuove condizioni economiche impongono la liberazione dei suoi servi perché la manifattura ha bisogno di manodopera libera, oppure cercare di convincere un funzionario delle dogane dell’ancien régime che le cinte daziarie sono un impedimento alla libera circolazione delle merci e offrono un buon pretesto alla rivoluzione in nome della libera circolazione delle idee.

7 commenti:

  1. L'organizzazione della società, da quando esiste il mondo, è sempre stata di tipo capitalistico ovvero ha sempre seguito la legge del più forte. Pesce grande mangia pesce piccolo. Nessuna particolare distinzione tra noi, definiti intelligenti, e gli animali, definiti stupidi. Il più forte impone al più debole di faticare per lui altrimenti lo uccide -> nascita del rapporto padrone - schiavo. Da ciò discende tutto.
    Ora succede che a furia di fare figli (produzione schiavi) i padroni si siano arricchiti a dismisura sfruttandone la forza lavoro e "pagandola" sempre meno fino ad arrivare a non pagarla quasi più come accade oggi. Oggi il salario non consiste più nel concedere il sale allo schiavo ma direttamente nel concedergli di vivere. Il surplus di forza lavoro e l'incalzante automazione (robottizazione) stanno distruggendo anche la logica del rapporto padrone-schiavo. La forza lavoro globalizzata (schiavi) vale quasi 0. Lo schiavo (lavoratore) ormai è vicino al punto di non ritorno (non avere più alcuna "forza contrattuale"). Non valere nulla significa, tra l'altro, non avere i soldi per comprare i beni prodotti dal capitalista. A chi cazzo venderà i beni prodotti il capitalista padrone? Siamo all'imminente scoppio della bolla. Che se ne fa un padrone di uno schiavo che vale 0 e che se ne fa uno schiavo di un padrone che non lo paga? A che servirà produrre un bene se i compratori (schiavi) non se lo potranno comprare?
    Molti schiavi saranno mandati al macero come i pomodori o le melanzane per calmierare il mercato (guerre) e/o diventeranno hamburger per Dudù.
    Ciao cara.

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  2. Gran post... lo appenderò in sala.
    Chapeau!

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  3. Insomma non c'è speranza.
    Orizzonti buii a ben guardare davanti a noi, sarò tacciato di pessimismo o realismo?
    Mi chiedo se l'impulso alla sopravvivenza prenderà mai il sopravvento all'anestetico oblio delle coscienze di massa, pur riconoscendo in tale staticità di azione e pensiero una rassegnazione nobile.
    In altre parole oltre a non votare, a comperare merci con ratio e consapevolezza, a rispolverare l'umanesimo sepolto in noi, mi domando, cosa può fare il singolo?
    Mi ricordo riunioni condominiali all'ultimo sangue...
    Grazie per ogni tipo di stimolo, anche quello buio di oggi.
    Roberto

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    1. sul fare non ho risposte, o almeno risposte certe e ad ogni buon conto non dirò mai a nessuno; armiamoci e partite. potrei fare un blog di successo se distillassi e vendessi illusioni di ogni tipo, ma è la cosa che m'interessa meno.

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    2. anzi, sono proprio le "facili risposte certe" il male da evitare come la peste... sarà la necessità storica a fare il grosso del lavoro. Al limite dovremo essere lì pronti, in modalità psicostoria alla Asimov, a cogliere le occasioni giuste per rendere il mondo, si spera, migliore.

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