venerdì 31 ottobre 2014

Pagina tredici, taglio basso


Diciamoci la verità, della povertà degli altri non ce ne può importare di meno. I soliti ridondanti dati su chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena ci hanno stancato. C’è una specie di feticismo in chi parla e scrive di queste cose trite e ritrite. Siamo sicuri che i sedicenti rivoluzionari riuscirebbero ad assicurare in un cambio di sistema una vita per lo meno uguale a quella presente? Avete visto nei paesi dove c’è stato il comunismo come andavano le cose? Eh già, perché lì comunismo c’è stato davvero, come provano le bandiere rosse e la statalizzazione delle fabbriche e dell’agricoltura. E del resto basta leggere Marx ed Engels per farsi l’idea che quello era proprio il comunismo come lo avevano profetizzato e descritto loro.

E poi, parliamoci chiaro, la massa è incapace di afferrare, sia pure mediante intuizioni grossolane, concetti come socialismo e comunismo, la loro naturale predisposizione è portata istintivamente all’utilitarismo individualistico. Li vedi in coda per l’iphone ultimo grido? Lasciamo perciò perdere certi discorsi ottimistici sulla natura umana, smettiamola con la fola del proletariato evoluto e cosciente. E poi il loro livello culturale è fatto di ristrette conoscenze professionali, quando va bene, e un’infarinatura raffazzonata di disordinate letture. La cultura, quella vera, è una creazione d’élite, le masse non c’entrano nulla.

giovedì 30 ottobre 2014

Smettiamola di risparmiare


A me piace leggere gli articoli che ogni tanto i padroni scrivono sui loro giornali, o sui giornali padronali della porta accanto. Carlo De Benedetti ne ha scritto uno per il quotidiano semiclandestino Il Foglio, dove dice le solite cose banali e spara numeri al lotto (l’Italia avrebbe “il 20 per cento del debito mondiale”).

Anzitutto scopre che il mondo non è più quello del 1992; se si fosse spinto appena un po’ più in là avrebbe scoperto che nemmeno il mondo del 1992 era più quello di appena tre o quattro anni prima. Poi c’informa, caso mai ci fossimo distratti, che l’Europa è in stagnazione e deflazione, rilevando che «i paesi cosiddetti periferici sono in una vera e propria trappola, stretti tra la moneta unica e la loro scarsa competitività: per guadagnare forza competitiva rispetto ai Paesi “core”, infatti, non potendo svalutare, devono tenere salari e prezzi a livelli molto bassi».

mercoledì 29 ottobre 2014

Cose che i nostri benefattori della politica sanno benissimo


Prendiamo questa notizia: nel 2013 al Sud i decessi hanno superato le nascite. Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918 cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima guerra mondiale. Il numero dei nati al Sud ha toccato il minimo storico: 177mila, il più basso dal 1861.

Ci sono molti modi per commentare una notizia simile. Per esempio, quale stimolo può avere una coppia a fare figli se vive non solo in una situazione socialmente degradata, ma se inoltre viene minacciata apertis verbis dal presidente del consiglio pro tempore? Per esempio, il Magnifico in camicia bianca ha dichiarato alla Camera che “al termine dei mille giorni il diritto al lavoro non potrà essere quello di oggi”. L’altro giorno ha ribadito che il posto fisso (avercelo!) deve essere un ricordo d’altri tempi, posto che ora le coglionate viaggiano via smartphone e non più per telefono a gettoni.


Fascisti in camicia bianca


Leggevo ieri mattina, in biblioteca, sul Corriere queste cose scritte da Francesco Piccolo:

La questione è se imboccare davvero la strada del riformismo; e cioè fare e non invocare riforme. Perché le risposte nella pratica sono sempre negative? Com’è possibile che ogni proposta di riforma riesce ad acquietare la sinistra e l’intero Paese solo se alla fine non se ne fa nulla? (Ed è ovvio che non stiamo entrando nel merito di ognuna, adesso). L’Italia ha una doppia anima reazionaria. È reazionaria perché è conservatrice: una larga parte del Paese non vuole cambiare nulla (non vuole nemmeno che tutto cambi affinché nulla cambi; non vuole cambiare e basta); ed è reazionaria perché è vittima, a sinistra, del sentimento di sconfitta dei rivoluzionari. La rivoluzione non c’è stata, o è stata persa. E tutti i reduci e i postumi della rivoluzione sono diventati reazionari: poiché il cambiamento non è stato radicale, ogni forma di cambiamento è insufficiente. È questa la frase che sentiamo sempre in questi mesi per le varie proposte: insufficiente. Sentiamo anche: peggiorativa, sia chiaro. E quando è peggiorativa, bene, se ne può discutere, si può combatterla; ma quando è insufficiente, bisognerebbe mettere in atto la vera rivoluzione in questo Paese: fare riforme insufficienti. Forse, il riformismo è esattamente questo: attuare una serie di riforme che riempiano man mano la distanza tra il punto di partenza e un punto di arrivo soddisfacente. In mezzo, c’è un cambiamento che avrà un cammino sempre meno insufficiente.

martedì 28 ottobre 2014

La loro coscienza di classe, in assenza della nostra




Non devono sorprendere le parole con le quali il presidente del consiglio dei ministri replica alla sorpresa espressa dal segretario del maggiore sindacato italiano dopo l’incontro con alcuni ministri che non avevano alcun mandato a trattare: “Se i leader sindacali vogliono discutere delle leggi, debbono farsi eleggere”. Detto da chi è diventato presidente del consiglio per nomina e senza passare dalle elezioni, non è solo iattanza e arroganza, ma il risultato dell’estinzione della sinistra riformista e della senescenza del sindacato di riferimento.

Tali soggetti politici e sociali pagano, in generale, lo scotto di una mentalità subalterna non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno. Una mentalità che è frutto dello sfarinamento ideologico, culturale e politico della dirigenza del Pd, ibridata con elementi provenienti dalle frange più reazionarie del partito cattolico di cui Renzi è la più chiara espressione.

lunedì 27 ottobre 2014

Vecchio squadrismo e nuove parole d'ordine


Il mondo è cambiato, grida Renzi Matteo dallo stesso palcoscenico in cui uno speculatore finanziario e suo finanziatore afferma che lo sciopero non deve più essere un diritto. E lo fa, Renzi, per giustificare la sua politica economica estremista, d’impronta reazionaria. Il mondo è cambiato, dice, ma a me personalmente non convince, poiché si tratta pur sempre di quello stesso vecchio mondo capitalistico di prima, le cui contraddizioni si vanno divaricando in modo estremo sotto l’incalzare della crisi dalla quale non c’è uscita per le vie ordinarie.

domenica 26 ottobre 2014

Perché alla sinistra riformista puzza l'alito


Credo sia necessario chiedersi per quali motivi degli accademici molto noti anche al grande pubblico per la loro attività pubblicistica e la loro esposizione mediatica, considerati personaggi di impegno politico di sinistra, si prendano tanta cura in ogni occasione di riseppellire Marx e di pisciargli sulla tomba. Dichiarare per esempio che il materialismo storico, dunque anzitutto la concezione materialistica della storia marxiana, “non ha inventato nulla a riguardo” di determinazioni quali la “proprietà privata, lo Stato e l’origine della famiglia”, essendo queste “scoperte” divenute già presso gli autori classici greco-latini una “specie di storia” in cui viene in luce l’origine del conflitto sociale, senza aggiungere null’altra precisazione che possa far capire il senso relativo della dichiarazione, può avere un impatto non secondario non solo presso il grande pubblico, ma anche presso un pubblico per così dire più raffinato.

sabato 25 ottobre 2014

Il fascismo è monocromo


Quale che sia il giudizio che si possa dare sull’origine, la consistenza e la coerenza della cultura politica e della cultura in generale di questa gente, o dei loro interessi particolari, l’alienazione che tale cultura impone consiste nel far ritenere a questi apparatčiki, dal loro Olimpo di classe dirigente, di essere diversi dalle anime comuni, di essere posti troppo in alto nella scala dei poteri, veri o anche solo presunti, come se anche loro non fossero dei poveri.

Essi possono vantare un’illusoria partecipazione personale al settore dominante della società attraverso il possesso di una o più specializzazioni culturali, esibite negli attestati di prestigiose università e di master assai costosi. Vi è in questo un’evidente volontà di ripararsi dietro ad una formazione di pensiero, ad una concezione del mondo che è il punto di vista della totalità borghese, fondata sulla separazione, sul ripudio di venire in rapporto con quella gente comune della quale, come sempre per sommo paradosso, essi dicono di essere in contatto, di farsene interpreti e di esserne senz'altro i portavoce.

venerdì 24 ottobre 2014

L'alito cattivo di Luciano Canfora


Il mio amico Luca, poeta sensibile e blogger gentile, mi segnala una recente intervista di Luciano Canfora che mi ha fatto capire come quarant’anni di letture marxiane siano state tempo alienato o quasi. Meglio tardi che mai, ma quale rimpianto. Il filologo e storico barese rivela quanto segue:

Una storia dell’umanità in sintesi l’ha già raccontata Lucrezio, il poeta latino del tempo di Cicerone e di Cesare, a metà del primo anno Avanti Cristo. Nel quinto libro del De Rerum Natura, una pagina formidabile, una specie di storia dell’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, dice che il conflitto e quindi la storia conflittuale dell’umanità, comincia quando fu scoperta la proprietà. “Res reperta”, appunto la proprietà, e “aurunque”, cioè l’oro. Riferimento del valore convenzionale. E forse, anche se non possiamo saperlo con certezza, probabilmente già Epicuro si soffermava molto su questo punto se lo stesso Lucrezio appunto lo ha molto tradotto parafrasandolo e rievocandolo. Io sono convinto che Lucrezio sia stato un pensatore originale e molto importante. Comunque l’intuizione che l’intera vicenda umana sia legata a questo fenomeno e alla dinamica della proprietà e al conflitto che essa determina, diventa lì, nel suo pensiero, molto chiara. Ed è altrettanto chiara e ben presente nella consapevolezza e nella coscienza di tutti gli storici e i pensatori del mondo antico, che sono millenni di storia non certamente un quarto d’ora. Insomma il materialismo storico non ha inventato nulla a riguardo, ha solo preso coscienza di un convincimento radicato nella realtà.

giovedì 23 ottobre 2014

Nessun falso, solo una svista



Scriverei il “falso” secondo un lettore a proposito dei dati sulla povertà negli Usa. Effettivamente ho scritto 48,7 per cento di poveri, laddove avrei dovuto scrivere 48,7 milioni. Un abbaglio, grave, ma sempre di un errore si tratta, non di un falso, anche perché poi preciso nel post che il tasso medio di povertà nazionale è circa il 16%. Anche perché negli anni ho riportato sempre correttamente i dati del Census Bureau. Dunque 48,7 milioni di poveri, e del resto come chiamare altrimenti coloro che per mangiare, per sopravvivere, hanno bisogno dei buoni alimentari governativi? Ringrazio il lettore per avermi segnalato questa svista, ma non accetto l’accusa malevola di falso.



Ad ogni buon conto, considerando la tabella qui sopra, anche nell’errore la verità non è molto lontana da un dato reale che vede quasi la metà della popolazione americana o in povertà assoluta oppure in difficoltà.

mercoledì 22 ottobre 2014

Fate figli, poi ci penserà la carità pubblica


Nel supplemento mensile al rapporto sulla povertà negli Usa (non ce ne può fregare di meno, vero?) pubblicato la settimana scorsa dal Census Bureau, si legge che il 48,7 per cento degli americani vive sotto la soglia di povertà.

Il 37 per cento degli abitanti di New York (non Nuova Delhi) sono stati colpiti da “privazioni materiali gravi”, come l’alloggio e i servizi primari (luce, acqua, riscaldamento, ecc.). Circa il 60% dei newyorkesi risulta avere gravi o moderati problemi materiali. Eppure 52 dei super ricchi della lista Forbes400 risiede a New York. Se il tasso medio di povertà assoluta nazionale è circa il 16%, quello della mitica California supera il 23 per cento. Povertà assoluta!

Renzi Matteo nel suo recente viaggio in California si sarà ben guardato dall’entrare in contatto con tale realtà, e del resto quale personaggio “di sinistra” e di “centrosinistra” si prenderebbe la briga di entrare in contatto con le famiglie povere qui in Italia?

Vengono alla mente molte cose, ma la prima considerazione è molto semplice: nel XXI secolo la metà della popolazione americana se la passa male o anche peggio, in molti paesi europei la situazione e simile e in taluni anche peggiore. Pure in Italia, se non ci si ferma solo alle apparenze, ossia al tenore di vita dignitoso delle fasce sociali garantite ancora da un reddito o pensione sopra i mille euro, la situazione per il resto sta diventando sempre più grave. E quali sono i provvedimenti più urgenti del governo? Spostare l’accredito della pensione dal primo al dieci del mese. È con simili intelligenze, quelle che si stanno attrezzando per imbastire un regimetto parafascista, che abbiamo a che fare. Andrà peggio, hai voglia.



martedì 21 ottobre 2014

Il tema della lotta



«La contraddizione è universale, assoluta,
essa esiste in tutti i processi di sviluppo delle cose
e penetra tutti i processi dal principio alla fine».


Lavoro, uguaglianza e pari dignità, abitazione, istruzione e sanità gratuita, previdenza e assistenza nella vecchiaia, piena libertà d’espressione, sono questi gli elementi fondamentali e irrinunciabili su cui si viene a stabilire un’autentica democrazia. In nessun paese capitalistico questo tipo di democrazia si è realizzato, anche se in taluni paesi, ma assai meno negli Stati Uniti d’America, alcuni di questi diritti e principi sono divenuti realtà, pur se spesso in modo contraddittorio, parziale e vincolato. In tema di lavoro, uguaglianza e pari dignità siamo ben lontani – e sempre più con il procedere della crisi e della violentissima offensiva borghese – dall’aver raggiunto gli obiettivi auspicati, costituzionalmente sanciti, e del resto ciò è reso impossibile dallo stesso dispotismo economico su cui poggiano concretamente tali sistemi classisti.


lunedì 20 ottobre 2014

Finché non manderemo a cagare gente come Landini ...


Verso l’una, in televisione, c’è Concita De Gregorio. Oggi con ospite il filosofo Gilioli, presenti in studio studenti della Luiss. Ciò doveva essere sufficiente per spegnere, ma per farlo ho atteso pronunciare domande di questo tipo: “Lei è di destra o di sinistra?”.

*

Afferma il segretario generale della Fiom, Landini, nella sua intervista a Il Fatto:

«Ho pensato: ma a Renzi cosa hanno fatto di male quelli che per vivere devono lavorare? Perché ce l’ha così tanto con loro? Prevale in questi discorsi la logica padronale. Non autoritaria, proprio padronale: cioè di chi vuole poter disporre di te e della tua vita».

domenica 19 ottobre 2014

Buon cinema


Del regista Mario Martone avevo visto e apprezzato solo Morte di un matematico napoletano. Ora nella ricostruzione cinematografica della biografia di Giacomo Taldegardo il rischio di strafare in un senso o nell’altro era molto alto, ed invece il regista partenopeo è stato bravo a ricostruire la vita di Leopardi “con rispetto, su di una solida conoscenza della sua epoca e delle vicissitudini della sua esistenza”, come scrive sul Domenicale Goffredo Fofi.


Il giovane favoloso è in distribuzione con ben 200 copie, e però è in programmazione nella provincia di Vicenza in sole due sale: in un piccolo cinema del capoluogo e a Bassano del Grappa in una sala parrocchiale con pochi posti (sabato spettacolo unico)! Situazione che è specchio dei tempi e di un provincialismo peraltro smentito dalla ressa per procurarsi un posto. 

Un consesso ridibile


Chi sul groppone ha un discreto numero d’anni, ricorderà come la domenica mattina non si potesse fare colazione se non dopo essersi recati a messa e aver fatto la comunione. Poi, con il tempo, questa usanza è diventata ridicola e non manca ormai molto che le cialde con l’idolo di farina siano distribuite in self-service previa introduzione di monetine, magari con opzione di vari gusti. Ed è perciò tanto più ridibile vedere circa duecento anziani maschi, vestiti in modo stravagante, fingere di discutere se le suddette cialde di farina possano essere somministrate anche ai divorziati-risposati.

venerdì 17 ottobre 2014

Non è la Rai, è Credit Suisse


Una grande stanchezza emana da tutto ciò a cui assistiamo, e dunque ci vuole un bel coraggio (chiamiamolo così, per comodità e con molta approssimazione) ad interessarsi di certe cose e ancor più scriverle insistentemente in un blog. Della ricchezza e della povertà, delle disuguaglianze sociali, per esempio, ma anche di tutto ciò che non rientra nell’immediato chiacchiericcio quotidiano volto al disorientamento.

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Leggo che la metà dei ricchissimi è negli Usa, un quarto in Europa, e un quinto in Asia. Sorprenderà, ma il reddito medio in Italia è tra i più alti del mondo, però va tenuto conto (altrimenti certe situazioni non si spiegherebbero) che l’Italia, paese in cui s’annunciano ogni giorno misure di tagli alla spesa sociale e ai redditi più bassi, è il sesto paese del mondo per numero di superricchi. Va dunque notato, in riferimento a questi numeri medi, che Trilussa c’entra parecchio e che ormai in Italia si gestisce prevalentemente il patrimonio acquisito.

giovedì 16 ottobre 2014

Sempre dopo


Avete votato in grande maggioranza i governi e i sindaci dell’”evento imprevedibile”, dell'"emergenza", quelli dei condoni e delle leggi speciali che consentono di moltiplicare le volumetrie e costruire ovunque in territori fragilissimi, non curanti del fatto che d’autunno da sempre si scontrano fronti atmosferici, e da epoche immemorabili si registrano alluvioni e fenomeni estremi con danni ingenti e numerosi morti. Eventi che oggi possiamo ben prevedere sulla semplice base dell'esperienza e i cui effetti potremmo in gran parte prevenire. La colpa ora è dei “cambiamenti climatici” e del “meteo.it” e dei suoi effimeri “modelli matematici”, non già del cemento e della speculazione; responsabile è l’acqua alta e non l’escavazione di canali in laguna di Venezia; ancora dei temporali e non già che a Roma e altrove non si fa nulla per tenere puliti scoli e tombini perché “ce deve pensà er comune, che io pago le tasse e ciò da lavorà”.


Erano i black-bloc a distruggere la città di Genova, ricordate? Sono le gondole il vero pericolo in Canal Grande, rammentate? E siete ben contenti che dove c’erano rogge e torrenti siano stati realizzati parcheggi e strade, che negli sbocchi a mare siano stati fatti attracchi per le vostre “barche”, villette a schiera dove prima c’erano gli ulivi, o vigneti dove prima c’erano castagni, come succede non solo in Toscana.

E dopo ogni “evento imprevedibile” siete lì a lamentarvi, a insultare e a minacciare, a fischiare il Saragat (1966) o il Grillo di turno (2014), a spalare fango e chiedere aiuti. A imprecare il cielo perché piove a dirotto per ore e torrenti e fiumi portano a valle ciò che trovano lungo il percorso. Una volta ricevuto il contributo, rimesso in ordine il negozietto e la pizzeria, ridipinto il garage e la cantina, sarete pronti a recarvi alle urne, a votare, mugugnando s’intende. Fra due o tre anni, forse già il mese prossimo, sarete daccapo con l’”evento imprevedibile”, il sindaco bastardo, il governo infame e il Tar che mischia le carte. Mai usare per davvero i badili prima, rimuovere la fanghiglia di politici, affaristi e menefreghisti che ci sta intorno ogni giorno; sempre dopo.

mercoledì 15 ottobre 2014

Diretto o derivato, ma sempre da dietro


In un’epoca come la nostra, così plurima d’incertezze spacciate in qualità di responso scientifico, è un’impresa distinguere il vero dal verosimile. In epoche remote non era certo diverso per le verità di fede, come cita per esempio Elias Bickerman a proposito di certi testi del Vecchio Testamento: bastava retrodatare la redazione dei “fatti” descritti e il vaticinio miracolistico era bell’è servito. Oggi non usa più questi “rimedi” d’epoca, l’alterazione della cronologia, però si ottiene lo stesso effetto di sofisticazione con altri metodi, e come ieri la maggior parte delle persone non sono in grado di avvedersi dell’imbroglio, o piuttosto non sono interessate a distinguere i fatti dalle loro interpretazioni, trarre l’oggettività e la consistenza, porsi dei dubbi, mentre chi sarebbe in grado di esorcizzare le nuove verità di fede o sta dall’altra parte della barricata, dove trova miglior moneta, o spesso è disilluso e afono.

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martedì 14 ottobre 2014

Su alcune vecchie foto di Cartier-Bresson e alcune "nuove" chiacchiere


Alla mostra in corso al museo dell’Ara Pacis dedicata ad Henri Cartier-Bresson, un fotografo sopravvalutato a tal punto da diventare un’icona (*), vi sono alcune immagini – queste sì interessanti per la loro immediatezza – che ritraggono le diverse espressioni di alcuni acquirenti nei grandi empori in contesti sociali ben diversi, per esempio in Germania o in Unione sovietica nell’immediato dopoguerra. Viene dunque da dire, guardando quelle immagini che ci sembrano remote, che la felicità appare essere irrimediabilmente legata ai consumi, al raggiungimento di un livello di benessere materiale minimo.

lunedì 13 ottobre 2014

Una giornata (un po') particolare


Questa mattina a Roma era estate, come del resto nei giorni scorsi. M’incamminavo in via della Chiesa Nuova, una stradina che dall’omonima piazza conduce a via del Governo Vecchio (le signore meno giovani ricorderanno), quando con passo d’oca mi sorpassa la signora Irene Pivetti (qualcuno se la ricorda?), diretta a razzo con la sua cartella e le chiappe strette chissà dove, certamente per attività molto importanti. Dopo aver attraversato piazza Navona, arrivo a palazzo Madama, le cui adiacenze sono sempre luridissime (non solo di lunedì). Incrocio due senatori in blu e una senatrice che indossa una mise da testimone di nozze. Ed è a questo punto che ho una botta di stupidità, poiché mi rivolgo, pacatamente, ai tre con una domanda: “Scusate, ma se non riuscite a tenere pulito nemmeno a casa vostra, come potete pensare di essere utili a qualche cosa?”. I tre non fanno una piega e, ignorandomi, proseguono per i casi loro e senza perdere il filo dei loro concetti. Che gliene frega a lor signori di questo e di quell’altro, tanto di grulli che votano si trovano sempre. E pure di gente sciocca come me che, pur non votandoli, si rivolge con domande irricevibili.

*


venerdì 10 ottobre 2014

Quanto la situazione sia grave


Il mondo è diviso tra: 1) chi s’illude che modificando le regole del gioco il sistema possa migliorare a vantaggio di tutti, e 2) tra chi non s’illude e crede sia il gioco stesso ad essere truccato. In altri termini: tra chi s’illude che la contraddizione fondamentale, tra salario e profitto e tra lavoro e capitale, sia superabile con le riforme, e chi crede che tale contraddizione non sia eliminabile senza superare il sistema che la produce. In altre parole ancora: tra chi crede e argomenta in 928 pagine che la contraddizione fondamentale di questo sistema risieda nell’ineguale distribuzione della ricchezza e chi, invece, verifica ogni giorno come l’ineguale distribuzione della ricchezza costituisca solo l’effetto della contraddizione fondamentale. Insomma, il mondo è diviso tra gente che non capisce un cazzo e chi, come me, perde tempo ed energie a confutare tutte le prospettive illusorie sul piano della teoria. Intanto la prassi capitalistica se ne va per la sua strada e se ne fotte di tutti.


E allora che si fa? Se la vostra domanda è stata questa, dopo aver letto queste righe e aver considerato la vostra esperienza di vita nelle sue pieghe, allora vuol dire che non avete letto quello che ho scritto qui per anni e, cosa notevolmente più importante, non avete capito un bel niente della vostra esperienza di sfruttati. E pazienza; ma soprattutto, se avete ancora bisogno di qualcuno che vi dica cosa fare, ciò dimostra quanto la situazione sia grave.

giovedì 9 ottobre 2014

Il Bronzo di Ferrara


Sembra proprio che i famosi Bronzi non si possano muovere dalla Calabria per raggiungere Milano in occasione dell’Expo. Non credo che il giudizio espresso dall’apposita commissione (c’è sempre una “commissione”) circa la trasportabilità dei Bronzi sia stato un giudizio “politico”, come sostengono Sgarbi e Maroni. Non credo nemmeno si tratti di un giudizio “tecnico”, come sostiene il ministro.

Dice la commissione regia che non si può in alcun modo escludere "un pregiudizio alcuno per la loro integrità e conservazione". Se ciò vale per i Bronzi, vale per tutte le opere, poiché nessuno può escludere a priori “pregiudizio alcuno per la loro integrità". Quanto alla conservazione, non credo che a Reggio gli facciano le coccole ai Bronzi.

Oltretutto i Bronzi non hanno bisogno di misure di climatizzazione particolarmente speciali. Con i mezzi tecnologici e di trasporto oggi a disposizione credo che i Bronzi potrebbero essere inviati con poco rischio (il rischio zero non esiste) anche sulla Luna e, tra un po’, anche su Marte. Posto che nello spazio extraterrestre sono inviate quasi con cadenza quotidiana e senza problemi attrezzature ben più delicate dei Bronzi.

Pertanto, il ministro Franceschini, estense di natali, c’invita a recarci a Reggio Calabria a vedere i Bronzi di Riace, magari percorrendo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, oppure la linea ferroviaria Napoli-Reggio. C’è anche l’aereo, però con il forte rischio, se partite in questi giorni, che il volo sia di sola andata (qui). Per l'Expo attiveranno il servizio mongolfiera, lo stesso mezzo con il quale, secondo i timori della commissione di cui sopra, si sarebbero traslati i Bronzi a Milano.

*

Ripartire dall'abc


Stiamo sperimentando, non da oggi per la verità, quanto sia pervasivo e totalitario il dominio del capitale. Fa tenerezza (non voglio usare un’altra espressione) sentir minacciare il segretario della Fiom, l’unico pezzo di sindacato ancor oggi esistente, di voler occupare le fabbriche. Ha ragione la stampa reazionaria, dunque tutta quanta, a richiamarlo alla realtà. Di quali fabbriche stiamo parlando? La vera forza sta in quel 40 e oltre per cento di giovani disoccupati dei quali il sindacato non si è occupato (o poco), una generazione, e anche due, di giovani e meno giovani smarriti e rincoglioniti, abbandonati da un sindacato che ha curato l’orticello e da un partito estinto e sostituito da un cartello elettorale. Del resto, si è detto e ripetuto che la sconfitta è stata bruciante. Una sconfitta che era già nelle premesse, bastava leggere e far tesoro di un opuscolo scritto oltre 160 anni or sono e “destinato alla pubblicità”, cioè al proselitismo, un Manifesto appunto, la cui potenza analitica e validità premonitrice possiamo verificare ancor oggi. Non si chiedeva quindi un grande sforzo teorico per comprendere come barriere nazionali, formazioni politiche, cartelli sindacali, eccetera, avrebbero costituito solo una fase, poiché il capitale “non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti della produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l’insieme dei rapporti sociali”.

mercoledì 8 ottobre 2014

Gilioli, il carro e i buoi


Il lavoro, roba d’antiquariato (*). Esisteva ben prima delle piramidi egizie. Dire che il lavoro è nato con l’uomo non è un’esagerazione, poiché è lo specifico dell’uomo, ciò che fa la differenza tra lui e il resto. Solo la mano dell’uomo è altamente perfezionata dal lavoro di centinaia di migliaia d’anni. La mano umana è al contempo l’organo del lavoro e il suo prodotto. La mano dell’uomo più imbranato può compiere centinaia di operazioni che nessuna scimmia può imitare. Nessuna mano di scimmia, per quanto abile, ha mai prodotto il più rozzo manufatto umano (**).

E allora per quale motivo il lavoro è così bistrattato, considerato “una condizione che è raramente di soddisfazione e molto più spesso di sottomissione, ricattabilità, umiliazione, insomma di tempo umano pieno d’infelicità”? È dunque il lavoro solo un “mezzo”, come sostiene Gilioli, o è anche il primo bisogno della vita? C’è qui una prima contraddizione che Gilioli non sa superare, dato il suo ristretto punto di vista.

martedì 7 ottobre 2014

Lo stesso algoritmo



“Don’t waste time living someone else’s life. Stay hungry. Stay Foolish”

Di ciò che c’importa davvero, non si parla. Oppure se ne parla talmente tanto che alla fine ogni opinione vale zero. Ciò che cerca lo spettatore medio sono le rassicurazioni al proprio punto di vista, e i media sono pieni di punti di vista, altrimenti certe cose non si spiegherebbero.

Ad esempio, alla lunga l’ideologia dominante ha fatto propria la critica al lavoro e ha elaborato un paio di soluzioni: una per i tipi scaltri, ossia per quelli abbastanza lupi da aspirare a posizioni nella scala sociale in cui il lavoro prende la fisionomia di attività ludica. Puoi aspirare a fare lo speculatore di Borsa, oppure il venditore di cazzate di successo, o il politico (c’è solo l’imbarazzo degli esempi), quelle occupazioni che non sono lavoro e consentono di vivere nell’agio, con disponibilità di denaro, cocaina e scopate, ma puoi anche scegliere di essere più zen di così, vivere alla Casaleggio.

L’altra soluzione è per i tipi predisposti a credere alle loro stesse bugie, quelli che vogliono pisciare fuori dal vaso ma senza sporcarsi le scarpe. Cambiare il mondo quel tanto che corrisponda al modello che hanno in testa: sognano l’armonia, un capitalismo compatibile con il creato, in cooperazione perfino con la “buona finanza”. Loro sono degli illuminati, siamo noi che non capiamo il presente e soprattutto il futuro, quello degli algoritmi, per dirla alla Gilioli: ah, se Marx avesse avuto per mano gli algoritmi.


Ciò che cercano è un congruo sussidio, ma non come quello che propone Scalfari: pane, acqua e poco contorno. Frega un cazzo che il numero dei salariati nel pianeta sia mai stato più alto di oggi e le condizioni di lavoro peggiorino sempre più, questi qui vogliono abolire addirittura il diritto al lavoro, vogliono abolire un diritto che in questa società non esiste se non come obbligo assoluto. In queste proposte non c’è dimensione etica se non per misurare il loro ego, perciò questo modello asettico di capitalismo è complementare a quello orgiastico, del resto la fonte è la stessa, lo stesso algoritmo.

lunedì 6 ottobre 2014

Teste di ... legno


Il presidente della Confindustria, Squinzi, asserisce che i padroni non esistono più ma ci sono soltanto lavoratori che svolgono lavori diversi, alcuni manuali più o meno sofisticati di primo o di secondo o di terzo livello ed altri, gli imprenditori ed i loro collaboratori, lavori di testa, dedicati a relazioni sociali e politiche, alla creatività aziendale (riporto testuale la prosa scalfariana).

Secondo il presidente della Confindustria, ciò che distingue i padroni dai lavoratori è dunque il tipo di lavoro che svolgono, se lo svolgono con le mani o con la testa. Che poi si tratti di mani dure e callose, di operai con o senza testa, oppure di imprenditori con mani di fata e la testona di cazzo, poco importa. Squinzi non ci dice, perché non ha interesse, ciò che distingue nell’essenziale il capitale dal lavoro, il padrone dallo schiavo. Eh sì, perché anche l'antico proprietario di schiavi faceva un lavoro di testa e di punta, mentre spettava allo schiavo la manualità e prenderlo in quel posto. Vedremo di capire da soli la differenza tra il lavoro e il sollazzo (*).


domenica 5 ottobre 2014

Job, job, job, perfino alla parola “lavoro” hanno cambiato nome


Quando parliamo di dignità del lavoro, di qualità della vita e di benessere, di che cosa esattamente parliamo?

Un sistema sociale che vede disoccupati oltre il 40 per cento dei suoi giovani (in vaste aree del paese si arriva a superare il 50%), e in cui la disoccupazione complessiva è a due cifre, può essere considerato un sistema sociale fallito. Queste poche cifre costituiscono il bilancio di un disastro, una condanna senza appello di questo sistema economico-sociale, delle sue politiche che richiamano ed esigono obbedienza verso gli assurdi imperativi mercantili e monetari, da cui dipendiamo e siamo prigionieri.

Come ho già scritto, il più grande dei problemi politici della modernità, il compito difficile, è quello di conciliare libertà e democrazia. E a che cosa serve la democrazia se non è subordinata alla libertà dal bisogno?

sabato 4 ottobre 2014

La più alta espressione simbolica



Prima ancora di essere una vittoria sul piano degli interessi concreti, quella della borghesia negli ultimi tre decenni è apparsa come una vittoria delle sue idee su quelle della dottrina sociale d’ispirazione “marxista”, o sedicente tale, così come s’era espressa e inverata per un secolo e mezzo. Nella realtà, non si tratta di una vittoria di “argomenti”, di “ragioni”, bensì anzitutto di un successo che ha avuto come base la necessità del capitale di allargare il privilegio di consumare alle classi subalterne. La democrazia è figlia del libero scambio, e la pubblicità commerciale è la sua più alta espressione simbolica.

venerdì 3 ottobre 2014

Un selfie


«Proletari di tutti i paesi, unitevi!». Non c’è frase che apparentemente non sia più lontana dalla realtà di questa. Perché i proletari di unirsi pare non ci pensino proprio. Paradossalmente, ad unirsi contro i proletari è il capitale. E con quale innegabile successo ben lo vediamo. Eppure le stesse forze, le stesse leggi, che spingono il capitale a fare del pianeta un unico mercato, preparano la strada per quello che, come tendenza di fondo e come possibilità, potrà essere un nuovo internazionalismo proletario. Non subito, non ora, chissà.

giovedì 2 ottobre 2014

Non c’è più Olimpia ...


Ascoltavo questa mattina l’ottimo professor Paolo Simoncelli:

«La crisi, la morte dello Stato nazionale … non deve far dimenticare che le conseguenze, vale a dire la globalizzazione, il neoliberismo, eccetera, hanno portato alla liquidazione dell’intera tradizione umanistica; non c’è più la latina “traditio”: la “traditio” è la trasmissione di una cultura. Non c’è più il testimone da passare, non c’è più Olimpia; e Atene è stata sostituita da Francoforte, che ha comportato l’abrasione di qualsiasi retaggio d’identità culturale …».

È troppo tardi per piangere la scomparsa del nostro latinorum, sostituito dall’idioma anglosassone, per dolersi della scomparsa delle librerie sostituite da Amazon, troppo tardi per la nostra arte sostituita da surrogati come Pollock e Hollywood. Restano giusto le sagre paesane e la moda vintage per rievocare e inseguire un mondo che non esiste più.

mercoledì 1 ottobre 2014

Averlo saputo per tempo ...


Il poetico Gilioli vuole sopprimere “il diritto al lavoro”, rivendicando con ciò la gratuità di beni e servizi primari. Peccato non averci pensato prima. Osserva che si tratta di distribuire al meglio il lavoro e la ricchezza prodotta. Vediamo se le due cose stanno insieme oppure fanno a calci nelle parti basse e a cazzotti sui denti.

Il lavoro, per chi non possiede mezzi propri di sostentamento e in una società divisa in classi, è anzitutto un obbligo assoluto, non già un diritto (chiedere dati all’Istat sulla disoccupazione). Per chi non possiede che le proprie braccia, tale obbligo si esprime in una sola forma, mascherata sotto varie denominazioni: lavoro schiavile, servile, subordinato, salariato, ecc.. Ognuno può scegliere la declinazione che più gli piace fino al punto di chiamare questa società liberale e democratica, la più adatta a sviluppare il talento e a garantire le pari opportunità.

Ma che cos'è questa crisi?

Con nota di numerelli ad uso degli estimatori di Piketty che questi numerelli in Marx dice che non riesce a trovarli, poveretto.

“Ah la crisi…
Ma cos’è questa crisi?
ma cos’è questa crisi?
Metta in scena un buon autore
faccia agire un grande attore e vedrà…
che la crisi passerà!”


La crisi è una tendenza necessaria del modo di produzione capitalistico, e tuttavia presso la pubblicistica borghese i motivi della crisi non sono per nulla chiari e anzi regna la più totale confusione. E ciò non deve stupire posto che la coscienza si realizza nelle forme dell’ideologia della classe dominante, la quale non ha il minimo interesse a far chiarezza sul punto perché ciò metterebbe in pericolo il suo potere e i motivi conservativi che lo sostengono.

Per classe dominante dobbiamo intendere anzitutto la classe sociale che possiede non solo il controllo dell’economia, ma anche il controllo della produzione, della circolazione e interpretazione della comunicazione, facendo sì che il suo progetto di società sia quello accettato e prevalente. In tal senso l’ideologia è essenzialmente la falsa coscienza espressa nella forma di teorie e di discorsi.

C’è forse qualcuno degli economisti, politologi, sociologi e tuttologi borghesi che s’è preso la briga di mettere a confronto le proprie tesi sulla crisi con la legge generale dell’accumulazione capitalistica? Si comportano come dei medici che invece d’indagare l’eziologia di un morbo disputano sull’efficacia dei loro rimedi, quasi unanimi nell’indicare nel salasso l’approccio d’elezione.