venerdì 12 dicembre 2014

Correva l'anno, loro volevano finisse subito


Che cosa rende legittimo questo sistema? Un patto sociale periodicamente ratificato con le elezioni politiche. Dunque è il voto l’espressione più esplicita con cui questo sistema si procura la propria base legale di legittimità. Quando il diritto di voto diventa finalmente universale, il potere politico che ne è espressione diretta si dichiara legittimato democraticamente. E tuttavia ciò è sufficiente per stabilire che si tratti di un regime effettivamente democratico, per quanto imperfetto? Non si vuole forse nascondere dietro un principio di uguaglianza politica formale dei cittadini, fatto passare per un potere di scelta,  una sostanziale disuguaglianza sociale? Se è così, la questione non riguarda forse la legittimità stessa di questo sistema? Chi contesta questo sistema in radice dovrebbe aver cura di tenerne conto.



Se la parità formale dei diritti e dei doveri, l’uguaglianza, è inficiata fin dal principio dalla disparità di condizione sociale, non salta forse agli occhi che ogni tentativo di rimediare, con il compromesso e le “riforme”, a questa contraddizione è debole quando non assolutamente inefficace, e che questo tipo di strategia politica sta sempre molti passi indietro alla realtà? E, del resto, se lo scopo è quello di riprodurre sostanzialmente le stesse condizioni sociali di classe atte alle necessità del capitale, cosa aspettarsi?

La classe dominante, nelle sue diverse fazioni, il potere politico-istituzionale nelle sue molteplici articolazioni, ha tutto l’interesse, specie nelle situazioni di crisi, che lo scontro da sociale diventi politico, dunque sia posto sul piano ideologico, perché ciò è congeniale per il controllo delle dinamiche sociali, posto che l’ideologia dominante è sempre l’ideologia della classe dominante. In altri termini, il potere media e maschera la vera natura dello scontro.

Quando lo scontro, invece, da politico-parlamentare assume forme antagoniste specifiche e acute, per esempio con lo sciopero generale, la classe sociale dominante, attraverso i suoi corifei politici e mediatici, strilla che ciò mette in pericolo la stabilità del sistema, la tenuta del paese come si suole dire, e dunque anzitutto gli interessi dominanti, ossia la riproduzione tranquilla delle dinamiche sociali di classe ed economiche dello sfruttamento.

Tanto più la crisi sociale s’aggrava, tanto più lo scontro di classe diventa acuto, tanto più le forme di lotta vengono ad organizzarsi e a coinvolgere le masse, tanto più l’ordine costituito avverte la minaccia e predispone la risposta. Quando il sistema di classe si sente minacciato, il tratto distintivo della sua risposta è l’intimidazione e la violenza. Ma un sistema che si dice democratico non può ricorrere a forme straordinarie di violenza e d’intimidazione senza gettare la maschera, perciò ha bisogno anzitutto di fabbricare un clima sociale di grave minaccia, di creare una specie di risposta sociale autoimmunitaria, uno stato d’eccitazione permanente che produca un consenso spontaneo, un sentimento diffuso che nulla può ridare sicurezza se non l’intervento deciso ed eccezionale.


Siccome la crisi è uno stato permanente nell’attuale fase storica del capitalismo, lo Stato borghese che di questo sistema economico e di dominio di classe è l’espressione, sia pure in forme mediate che dissimulino per quanto possibile la realtà, opera nel senso descritto, quotidianamente, sotto traccia. Nell’uso sapiente della comunicazione sociale, nell’individuare di volta in volta un bersaglio cui dirigere la protesta e il mugugno sociale, come vediamo anche in questi giorni. E però nelle circostanze in cui la situazione può sfuggire di mano, in cui gli ordinari mezzi d’intossicazione di massa non bastano più, allora entrano in gioco altre articolazioni, per nulla parallele come si vorrebbe far credere, ma organiche al sistema, o cooptate al bisogno. Era questo lo scopo delle bombe del 12 dicembre 1969, l’anno dello sciopero generale per le pensioni, delle lotte per il contratto dei metalmeccanici, il 1969 dell’autunno caldo, come si ebbe a definirlo poi, l'anno delle lotte e delle bombe. Quel periodo storico che la Rai ha distrutto, per ordine politico, dalle sue videoteche.

9 commenti:

  1. I governi usano le perenni "emergenze" per giustificare leggi restrittive di diritti ed aumenti continui di tasse e manganellate ai sudditi antipolitici eversivi. C'è sempre una crisi da risolvere con provvedimenti speciali e riforme urgentissime. E, dato il successo, se la crisi non c'è ne si sforna subito una ad hoc calda calda (brigate rosse, scioperi generali, attentati e bombe pagati e fomentati dai servizi segreti cioè dallo stato per "distrarre" il popolo e predisporlo all'obbedienza). Nel caso in cui il tiranno sia in difficoltà si autoscrive una lettera della bce e si auto ordina di fare governi con gente non eletta (monti, letta renzi e via così all'infinito) per fare subito riforma pensioni, del lavoro etc. Tutto è perfettamente pianificato come la sceneggiatura di una fiction. Nulla è lasciato al caso. Il suddito è generalmente ignorante e, tutto sommato, ama il proprio padrone. A Napoli aspettano ancora il re. Nel frattempo fanno il tifo per il Napoli, evadono quello che possono e studiano tutto il giorno come fottere il prossimo. Fanno solo "ammuina".

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  2. Anch'io penso che ci avviamo a vedere, forse a breve, un riprodursi molto fedele all'originale (anche se magari non esattamente identico) di quelle dinamiche.

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  3. poche volte mi è capitato di leggere un articolo così puntuale e da me appieno condiviso; complimenti.

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  4. 01/01/1948 - 12/12/1969: INIZIO e FINE della DEMOCRAZIA.
    Il migliore dei vari 20enni italici

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  5. Siamo davvero così sicuri sicuri che sia il potere a ribaltare sull'ideologico ciò che è sociale?
    Un esempio su tutti. Io non credo che le centinaia e forse migliaia di dirigenti e semplici attivisti che negli ultimo 30 (?) anni hanno frammentato la sinistra negli atomi di guzzantiana memoria siano stati tutti in malafede.
    Molto spesso leggendo il programma del Partito Comunista dei Lavoratori Destrorsi e confrontandolo con quello di molte formazioni simili provavo l'effetto 'Fronte di Liberazione della Giudea' e mi chiedevo perchè cazzo insistessero con queste assurde scissioni e lotte intestine quando status sociale, aspirazioni e azioni concrete coincidessero al 99%.
    O pensiamo agli USA, dove metà buona della popolazione con le pezze al culo (e sono 100M lì) crede ancora nel mito dell'american dream e schifa la timida riforma sanitaria di Obama. 50M di rincitrulliti dalla propaganda della Fox? Oppure, più realisticamente, 20M di rincitrulliti e 30 che, pur condividendo le pezze al culo e il mancato accesso a un'istruzione e dei salari di qualità, pensano che la soluzione al problema sia diversa, magari in salsa liberista estrema?

    Per avere le prove dell'imbecillità umana non serve analizzare l'intero XX secolo e l'inizio del XXI, credo basti presenziare a un'assemblea di condominio.

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    1. il potere fa la sua parte, e se ci sono 100mil di americani che credono a babbo natale è perché glielo fanno credere, non solo con babbo natale davanti ai supermercati. ci sono metodi molto più subdoli e sofisticati. dobbiamo sempre tener presente che la coscienza individuale può diventare coscienza soltanto realizzandosi nelle forme ideologiche dell'ambiente che gli vengono date.
      quanto alle riunioni di condominio, resta da spiegare per quale motivo i Penan, una popolazione del Borneo, non conoscono cosa sia la violenza, il furto, la truffa e altre piacevolezze simili. L’unico “crimine” di cui sono a conoscenza è costituito da rari casi di avarizia. L’avaro è però considerato semplicemente come una persona stupida. Non per nulla essi non conoscono la parola “grazie”, poiché ogni bene è diviso in comune, a cominciare dal cibo.
      non serve assistere alle riunioni di condominio per farsi un'idea del grado di schizofrenia raggiunto, basta attraversare le strisce pedonali, laddove esse esistono.

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  6. quando l'illusione del cambio si rivela solo un ennesimo cambio d'illusione, quando la via della speranza e pure quelal dell'ipocrisia risultano bruciate, allora il governo centrale, oggi come allora, deve velocemente scegliere con chi vuole governare il dissesto e la delusione del paese: con i sindacati o con i carabinieri? Oggi come allora con i carabinieri, nei secoli fedele. Ma il fatto che la strategia della tensione sia esistita, così brutale, così pochi anni fa, rende improbo riprodurla senz a precipitare nella farsa, con effetti del tutto incontrollabili. Inoltre, oggi, anche il più timorato dei borghesi vorrebbe "mettere una bomba".

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