domenica 14 dicembre 2014

Quel dialettico di Federico Rampini


Fa sempre un po’ sorridere vedere la sorpresa degli opinionisti che scoprono improvvisamente il movimento dialettico nei fenomeni (naturali, economici, sociali, ecc.). È il caso del buon Federico Rampini, quello che prende “ispirazione” dagli articoli della stampa americana prima di scrivere i suoi, neanche fosse un blogger, insomma il Larry King “de noantri”. Scrive:

Ancora poche settimane fa prevaleva una lettura di questi eventi dal lato dell'offerta: l'energia costa sempre meno perché se ne produce sempre di più. Questo è positivo, per chi la consuma. Ma più di recente è prevalsa la lettura dal lato della domanda: l'energia costa sempre meno perché se ne consuma sempre meno.


Bastava leggere Diciottobrumaio e si risparmiava i soldi dell’abbonamento al FT. Magari scopriva che non solo la domanda “è in forte calo in Usa e in Europa” (ma non in Asia, caro Rampini, legga bene i dati), ma che il suo era un “prezzo speculativo, e siamo in una fase di netta deflazione”. Legga il grafico qui sotto e scoprirà l’evidenza.


10 commenti:

  1. Crisi per chi?

    "Nell'intero 2014, stima Bloomberg, le aziende quotate nella Borsa americana spenderanno 914 miliardi di dollari tra dividendi e buyback: questo significa
    che useranno il 95% dei loro utili non per investire, non per redistribuire ricchezza alzando i salari ai dipendenti, ma per gratificare gli investitori di Wall Street. E per “truccare” un parametro su cui si basano i bonus degli amministratori delegati: l'utile per azione, che nell'ultimo trimestre è salito del 4% solo per questo."

    http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2014-12-14/wall-street-drogata-buy-back-112924.shtml?uuid=ABvPmdQC

    Ciao, gianni

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  2. Risposte
    1. Ma come ragiona Barnard?

      "col petrolio a poco i prezzi calano di più e le aziende incassano meno".

      Se un' azienda paga meno una materia prima per la sua produzione, può abbassare il prezzo dei suoi prodotti della stessa differenza costituita dal risparmio sulla materia prima, senza che per questo diminuiscano di un cent gli utili . Semmai scende il fatturato. Discesa che in questa dinamica non influisce sulla dimensione della forza lavoro.
      Discesa che tra l'altro potrebbe anche non realizzarsi, o realizzare addirittura il suo contrario, poichè a causa di una discesa dei prezzi la merce prodotta potrebbe essere venduta di più.
      ciao,gianni

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    2. Azzardo una risposta alla Paolo Barnard

      In regime di deflazione all'abbassamento dei prezzi non corrispondono maggiori vendite (altrimenti ci sarebbe equilibrio tra domanda e offerta). Tanto premesso se prima una TV si vendeva a 1000 mentre ora in deflazione si vende a 900 ti ritrovi in casa 100 € in meno. Tra i costi per produrre una TV c'è l'energia (che grazie al petrolio scende un po') ed i salari che però restano uguali. Quindi con la riduzione del prezzo scende anche un po' l'utile.
      Col tempo per mantenere gli utili inalterati devi pagare meno gli operai o addirittura licenziarli.

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  3. beh, allora ti piacerà anche questo, per fare un altro passo nel deirio:

    "Per poter pagare dividendi più alti Apple potrebbe dover ricorrere ad un prestito. Huberty ha osservato che la liquidità oltreoceano ha limitato la flessibilità della compagnia, situazione che potrebbe essere risolta raccogliendo debiti a basso interesse. "
    http://www.businessmagazine.it/news/apple-morgan-stanley-prevede-iphone-economico-e-maggiori-dividendi-agli-azionisti_45988.html

    Sono degli artisti. gianni

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  4. Ciao Olympe.
    Il calo della domanda dell'energia, e quindi del petrolio, influisce nel far abbassare ulteriormente il saggio del profitto?
    Stiamo parlando di una merce in fin dei conti, diffusissima al mondo.
    Mi sbaglio Olympe?

    Ciao, Franco.

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  5. Olympe, c'è qualcosa di più, non è solo un problema economico.
    Come dici giustamente tu: “Noi viviamo in un’epoca che per certi aspetti ricorda quella superficiale della vigilia del 1914, in cui è del pari assente non già il presentimento di generiche minacce, siano esse scatenate da eventi naturali o bellici, bensì la consapevolezza della gravità e incombenza reale di tali minacce. S’è persa memoria del recente passato, e con essa s’è estinto il senso di tragedia e di ammonimento che quel passato porta con sé. E ciò corrisponde, se la stupidità raggiunta non ci impedisce di comprenderlo, a una precisa operazione politica”.

    http://www.infoaut.org/index.php/blog/global-crisis/item/13486-guerra-del-petrolio?-spigolature-geopolitiche-21

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    1. non ho mai detto che è solo un problema economico, ritengo tuttavia che oggi il prezzo del petrolio sconti: 1) un aumento dell'offerta; 2) una diminuzione della domanda (ci può stare anche una domanda sostanzialmente stabile a fronte di un'aumento dell'offerta); 3) il processo deflattivo anche a fronte di un prezzo del petrolio (tenuto conto dei costi vivi della sua produzione) che aveva raggiunto picchi di pura speculazione. Se a ciò aggiungiamo anche le manovre e contromanovre in tema di geopolitica, mi sembra che il quadro sia abbastanza esaustivo. La realtà è fatta di leggi di tendenza e di controtendenza. ciao

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