venerdì 31 luglio 2015

Libertà di spia


Cercando di scansare, per quanto possibile, la merda estiva, oggi due righe a proposito di “wegen des Verdachts des Landesverrats”, cioè l’accusa di tradimento alla patria, reato del quale dovranno rispondere al tribunale federale due blogger, Markus Beckedahl e Andrew Meister. Quali straordinari segreti avranno rivelato alle potenze straniere e al mondo i due blogger?

I due giornalisti blogger avevano scritto nel febbraio scorso sul tema della sorveglianza massiccia e sistematica dell'Ufficio federale per la difesa della Costituzione sugli Uppdates, insomma generalmente sui contenuti di internet. In un altro reportage, messo online in aprile, Beckedahl e Meister narravano del cosiddetto Geheime Referatsgruppe, cioè di un reparto dei servizi d'intelligence interni tedeschi per la sorveglianza generale di tutto quanto appare, accade e viene scambiato in rete. Sono stati i vertici dei servizi a denunciare i due giornalisti.

Pertanto, non solo i perfidi amerikani (per una volta lasciatemelo scrivere così) controllano e sorvegliano, ma lo fanno tutti, i crucchi ma anche gli italiani. Vi sono siti “sovversivi” il cui controllo è costante e sistematico e per il resto ci pensano appositi strumenti di ricerca seguendo parole chiave e altre insospettabili tracce. In nome della lotta contro il terrorismo, s’intende.


P.S. Anche chi segue abitualmente blog “sospetti” è degno di “attenzione”. Sapevatelo.

giovedì 30 luglio 2015

Destino manifesto


Per molti aspetti la California rimase terra quasi ignota per molti secoli dopo le prime esplorazioni europee lungo le sue coste, tanto è vero che fu Thomas Jefferson a commissionare la prima spedizione ufficiale dopo la costituzione degli Stati Uniti d’America. Nel maggio del 1804, Meriwether Lewis e William Clark, insieme al loro Corps of Discovery, partirono da St. Louis e diciotto mesi più tardi raggiunsero l'Oceano Pacifico e si accamparono nei pressi della città odierna di Astoria, Oregon. Gli Stati Uniti avevano meno di 29 anni e il Canada non era ancora un paese. Si pensava che gli esploratori avrebbero incontrato mammut lanosi.

La California, cioè l’Alta California, divenne statunitense solo nel 1850, dopo che nel 1847 gli Usa avevano invaso il Messico. Stessa sorte era toccata al Texas. Allora tale strategia espansionistica si chiamava “Manifest destiny”. Poi si chiamò, di volta in volta, in altro modo.

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mercoledì 29 luglio 2015

Cronaca di un falso "autorevole"


Il New York Times riportava on-line giovedì scorso e venerdì a stampa la notizia che degli ispettori del Dipartimento di Stato avrebbero promosso un’indagine penale per il sospetto che Hillary Clinton abbia messo a rischio informazioni riservate, usando un account di posta elettronica privata dal 2009 al 2012, nel periodo in cui ricopriva l’incarico di Segretario di Stato. La notizia è stata ripresa con enfasi da tutta la stampa mondiale, naturalmente anche da quella italiana, sempre pronta a gettarsi a capofitto sulle cazzate.

Tratta da Dagospia

Chiaro quale effetto una simile notizia possa aver avuto su una candidata in corsa per la nomination alle presidenziali. L’articolo del Times, su tre colonne, ha scatenato una tempesta di fuoco alimentata ad arte nei media durante il fine settimana, tanto che la questione ha dominato talk show su tutte le reti televisive ed era praticamente l'unico argomento di discussione sui media dell’estrema destra e su Fox News.


martedì 28 luglio 2015

Una questione di portata epocale


L’occupazione in Italia, secondo il Fondo monetario internazionale, dovrebbe tornare ai livelli pre-crisi tra vent’anni. Più sette che sono già trascorsi. Dire tra vent’anni è come dire mai. Sono passati poco più di vent’anni da quando la tecnologia alla base del Web è stata resa pubblica, perciò tra altri vent’anni potremmo essere o tutti morti o a prendere la tintarella su Marte.

A me pare non si sia ancora compreso bene a fondo a quali mutamenti andremo incontro in un prossimo futuro, dopo quelli che già ci sono stati e che hanno rivoluzionato il mondo. Soprattutto non si vuole prendere atto, almeno a livello pubblico, di un fatto (e scusate la noiosa ripetizione). Non solo le nuove tecnologie stanno cambiando velocemente la scala del rapporto tra lavoro vivo e lavoro passato, ma tale processo inarrestabile dà luogo ad una dinamica dirompente e che investe il processo di produzione capitalistico. Da ultimo, ne ho scritto qui.

lunedì 27 luglio 2015

In linea di principio


“In linea di principio, un facchino differisce da un filosofo meno che un mastino da un levriero. È la divisione del lavoro che ha creato l’abisso tra l’uno e l’altro”.

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In che cosa consiste essere uno schiavo? Per uno schiavo moderno significa vivere nella costante paura di perdere i propri mezzi di sostentamento. Molti schiavi questa questione non se la pongono neppure, tale è la loro fiducia di riuscire, in un modo o nell’altro, a sbarcare il lunario. E a costoro sembra che questo sia vivere. Il dinamismo dei venditori d’illusioni funge da supporto.

Che cosa dà il diritto a un padrone di liberarsi del suo schiavo e dunque di togliergli i mezzi di sostentamento? La legge. Tuttavia lo Stato, attualmente, per mantenere disponibile un certo numero di schiavi, oltre che per prevenire disordini sociali, garantisce per breve tempo un sussidio di stretta sussistenza, in attesa che lo schiavo trovi un nuovo contratto (posto che lo trovi).

Solo un popolo ridotto all’idiozia


Quali obiettivi socialmente rilevanti si ripromette di raggiungere l’attuale politica economica dei governi nazionali e delle istituzioni europee? Nessuno. Le cosiddette riforme puntano innanzitutto a garantire la sostenibilità del debito (oltre a creare un sistema politico blindato), cosa di per sé giusta e necessaria. E però posto che tali riforme non raggiungono l’obiettivo (il debito pubblico continua a crescere sia in termini assoluti sia in rapporto al Pil in ogni paese) ci si dovrà porre, prima o poi, la questione in termini diversi. Nell’attesa – ahimè vana – di un cambio di paradigma, vedo di dire due cose che dovrebbero far riflettere.

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Il tema delle pensioni è scomparso dai titoli e anche dai sottotitoli dei giornali. Eppure la questione resta ed è il perno su cui necessariamente gira, dicono, il problema dell’occupazione. Per dar spazio a nuove assunzioni è necessario mandare a casa i lavoratori più anziani. È vero solo in parte e in certi settori non è vero per nulla. Il problema dell’occupazione non è se non in minima misura legato a quello della cosiddetta flessibilità in uscita. La questione occupazionale, qui e altrove, è legata a ben altre dinamiche, di cui si preferisce tacere. Oppure si dice che è legata allo sviluppo delle nuove tecnologie e dei processi tecnici. Insomma le solite amnesie, le analisi meramente descrittive che non colgono, non possono, le contraddizioni reali del capitalismo.

domenica 26 luglio 2015

Solidarietà tra vassalli


Ho letto con interesse l’articolo su cinque colonne a firma Dominique Strauss-Kahn oggi sul Sole 24ore. In buona sostanza dice – da francese che si rivolge ai tedeschi – che la Germania non può far da sola e che non era il caso «di cogliere l’occasione di una vittoria ideologica su un governo di estrema sinistra col rischio di frammentare l’Unione». Chiaro a quale governo alluda con quell’enfatica etichetta. Come se un governo di sinistra ­– non dico in Grecia ma in qualsiasi altro paese d’Europa – fosse cosa realistica. Un governo di sinistra con le vigenti regole europee – per non dire del resto – non è neppure ipotizzabile. Cosa questa che non ci si vuole mettere nella zucca, specie in Italia.

Strauss-Kahn se le cose non le dice troppo esplicite, però allude. Come quando scrive – a proposito della comune cultura europea – che «Questa cultura […] incarna e rivendica più di qualsiasi altra quella che il filosofo tedesco Jürgen Habermas chiama la “solidarietà civica”, quando scrive, per esempio, che “il fatto che la pena di morte in altri paesi sia ancora applicata serve a rammentarci di cosa è fatta la specificità della nostra coscienza normativa”». Chi vuole può cogliere il riferimento all’amiko americano.

Curioso poi anche questo elenco: «L'Europa è Michelangelo, Shakespeare, Cartesio, Beethoven, Marx, Freud e Picasso».

Tabula rasa


Dal 2011 e poi a più riprese, scrissi di quanto fosse diventata “lurida” Roma, città che peraltro molto pulita non l’è mai stata. E dunque ben prima che il dottor Marino se ne dis-occupasse. Pare si scopra solo ora che la capitale è diventata “peggio di Beirut” – come ebbe a dirmi un giornalista de Il Giornale incontrato in treno (pensa te in chi s’imbatte Cappuccetto Rosso). Una questione seria e drammatica d'igiene urbana e sociale è finita per diventare una questione politica, una situazione alla quale, ahimè, nessuno credo potrà porre rimedio per le normali e consuete vie amministrative. Come a tutto il resto in questo paese.

venerdì 24 luglio 2015

Guerre fiorite


In un recente post accennavo all’uso di cibarsi di carne umana presso le popolazioni mesoamericane. Un lettore, in un suo commento, richiamava la tesi dell'antropologo Marvin Harris, in Cannibali e Re, un vecchio libro che a suo tempo ebbe un largo riscontro di lettori. In buona sostanza “l'uso di carni umane era dovuta ad una carenza di proteine, mancando in quelle zone validi animali trasformatori di vegetali in carne”.

Soggiunge il lettore che per l'antropologo la causa era dovuta ad un fatto ben chiaro: “l'America centrale si trovò, alla fine dell'epoca glaciale, di fronte a un esaurimento delle risorse di carne animale più grave che in qualsiasi regione […]. Ma se la carne veniva fornita in grande quantità alla nobiltà, ai soldati e al loro entourage, e se l'offerta veniva sincronizzata per compensare i deficit di produzione del ciclo agricolo, Montezuma e la sua classe dirigente mantenevano abbastanza credito politico per evitare il crollo politico”.

Il lettore, nel suo commento, svolge inoltre un’interessante considerazione facendo riferimento al “libello di Jonathan Swift sulla carestia in Irlanda contenuta nel famoso testo Una modesta proposta. Come lo scrittore percepisse nettamente il legame possibile tra aberrazioni alimentari e controllo di classe. Oggi va fatta un'altra considerazione: il cibo spazzatura è abbondante per i poveri, vedi i dati sulla obesità nei pesi occidentali, mentre quello migliore è riservato per pochi privilegiati”. Su tale ultima osservazione mi riservo di rispondere in un altro momento.

Provo formulare una risposta premettendo che non ho alcuna pretesa specialistica nel trattare l’argomento, e dunque illustrerò semplicemente il mio punto di vista ricavato sulla base di poche e occasionali letture su un argomento molto dibattuto e assai complesso.

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Storia antica


Oggi i quotidiani si dedicano alla fantascienza, ma da domani ritorneranno alla fantapolitica, dagli omini verdi a Verdini. L’accodo tra Renzi e Berlusconi è più saldo che mai, l’invio di truppe in appoggio al governo mi pare evidente. Aspettiamo settembre per vedere Verdini e Bersani alle prese con i tortelli alla festa del Pd, ma forse Bersani non sarà invitato.

Oggettivamente si persegue un processo di differenziazione sociale sempre più marcato, promuovendo gli interessi socio-economici dei soliti strati sociali privilegiati e benestanti. Delle misure di flessibilità in merito alla Fornero non si parla più, tutto rinviato a dopo che i renziani avranno colonizzato Marte. Al primo scossone delle Borse, al primo robusto scatto dello spread, non resterà che varare con urgenza più stringenti “riforme”, non già per tagliare gli sprechi e la corruzione, ma per bastonare ancora la spesa sociale.


Il tema dell’estate e del prossimo autunno è già stato lanciato: la riduzione delle tasse. Soprattutto a chi le evade o le può eludere in punta di diritto. L’attivismo pubblicitario della Nasa serve per ottenere altri finanziamenti, ai giornali per vendere qualche copia in più, a noi per sognare un altro mondo, ai padroni per continuare a fotterci in questo. Storia antica.

giovedì 23 luglio 2015

I nostri vicini





Verso le 17,30 leggo che la Nasa alle 18, ora marziana, avrebbe diffuso un comunicato di cui immagino saprete già tutto. Mi dico: ecco che anche la Nasa si butta sull’avanspettacolo. Tre ore dopo, con una suspense che ormai si faceva incontenibile e che quasi mi costringeva a cenare in fretta, butto l’occhio ai giornali italiani per scoprire la scontatissima minchiata del secolo. Quindi vado su NYT, Le Monde, El pais, ecc.. Manco l’ombra della sensazionale notizia. Non so ora, alle 22.20. Cento miliardi di galassie, cento miliardi di stelle (il pangrattato dell'universo) in ognuna di esse (anche se molte sono diverse dal nostro Sole), il fatto che esista un altro pianeta dove si sia evoluta vita intelligente non è solo un’ipotesi ma una certezza che nessun terrestre potrà mai certificare de visu. E allora? Anche fosse, non è un pianeta a due passi da noi. Per contro, se esistesse un altro pianeta a portata di cerbottana abitato da gente come noi terrestri, questo fatto dovrebbe solo preoccuparci. Se invece dovessero essere diversamente intelligenti da noi, i nostri vicini da stasera dovrebbero perdere il sonno.


P.S. : vedo ora che Le Monde ha dato la notizia alle 21.52 e El Pais alle 20.46. Dunque solo dopo aver ascoltato i TG italiani. Il NYT solo nella rubrica "scienza". Keplero 452b ha un diametro del 60 per cento maggiore della Terra, non si conosce la sua massa.

Il cabarettista



Un foglio che non può essere preso sul serio, effigia, in chiave promozionale, Slavoj Zizek nientemeno come un “filosofo marxista”. Posto che non esiste al mondo un “filosofo” marxista, sarebbe curioso sapere che cosa c’entri Zizek con il marxismo. Quella di Zizek è un’ideologia contemplativa, la sua presunta critica “anticapitalista” un surrogato assai degradato di ciò che è il marxismo. Questo filosofo, di tendenza carrierista, non ha nulla a che fare con la critica reale del modo di produzione capitalistico, prova ne sia il fatto stesso che si prende cura di contestare la cosiddetta curva di Laffer, come se le contraddizioni in cui si dibatte questo sistema dipendessero dal livello di tassazione di profitti e rendite. E anche come outsider del pensiero borghese non ha nulla da offrire al marxismo posto che intrallazza con la psicoanalisi lacaniana. In fin dei conti è uno dei migliori cabarettisti del capitalismo, un cavallino docile con il quale la stampa reazionaria può giostrare come vuole etichettandolo come "marxista". Del resto è sforzo vano far intendere alle teste di rapa che essere anticapitalisti e stalinisti non significa essere marxisti, e che i marxisti non intrattengono rapporti di qualsiasi natura con il potere.

La questione


Si ha notizia che la Cina sta acquistando enormi quantità di oro (ah vecchio ubriacone, avevi torto, com’è noto) e pare si stia sbarazzando dei titoli del Tesoro americano attraverso operazioni che passano per il Belgio. Ad ogni modo si tratta di dettagli che impegneranno le tastiere di chi crede di saperne di più.

Sta di fatto che nell'attuale fase storica il trionfo del capitalismo poggia (indiscutibilmente, cari i miei cantori) su un gigantesco castello si carta, un’infinita e intricatissima catena di sant’Antonio, comunque la si voglia chiamare nello slang tossico-finanziario, che inevitabilmente si spezzerà rivelando la follia del gioco, la realtà della grande truffa dei dementi a danno dei non vedenti.

I governi, dal canto loro, comprano tempo, non potendo far altro, impediti a risolvere anche le più banali controversie. L’abbiamo visto per ultimo con il caso ellenico. Si stampa denaro in cambio di titoli spazzatura e di promesse. E si tira innanzi (il debito italiano è aumentato, negli ultimi 3 anni e mezzo, da 1.907 a 2.218mld, grossomodo di oltre 80mld l'anno).

Dopo il crollo del sedicente comunismo, dopo aver spazzato via i cosiddetti partiti operai, dopo aver fatto tappezzeria del sindacato, coriandoli delle ideologie da sonnambuli, il solo crollo che sia parso indegno alla borghesia di segnalare è proprio quello della sua menzogna. Che però è nei fatti.

E anche la generazione di voci bianche che ne canta le lodi magnifiche e progressive è poco brillante, ben dimessa rispetto a quelle che l’hanno preceduta. Le discussioni filosofiche, senza mai arrivare a una concezione generale, il tipo di vita, le mode artistiche sono ridicole sotto tutti i piani. Nel discorso politico mostrano sicurezza di sé e però si avverte benissimo che loro stessi sospettano il peggio.


Ebbene sì, la questione non è se, ma quando.

mercoledì 22 luglio 2015

Un sistema mortale


Gli Stati Uniti d’America sono la nazione più potente e ricca del pianeta, dove è più alta la concentrazione d’individui ricchi e dove più diffuso sembra essere il benessere materiale. E tuttavia gli Usa presentano delle contraddizioni sociali che nel XXI secolo non dovrebbero più avere ragione d’essere. Sennonché la povertà, assieme allo spreco, è il prodotto più peculiare del sistema economico vigente.

Per avere la misura del livello di civiltà raggiunto da una nazione è necessario tener conto anzitutto delle condizioni di vita dei bambini (sviluppo, istruzione, nutrizione), degli anziani (previdenza e assistenza) e delle donne (diritti).

martedì 21 luglio 2015

Limone e liquirizia


Quando si parla di crisi generale storica del modo di produzione capitalistico il senso comune non coglie la realtà di tale concetto e la sua intrinseca dinamica (*). Ci sono epoche nelle quali tutto sembra inutile e la nostra epoca di questa inutilità ci parla in ogni momento. Del resto che senso ha rivolgersi al senso comune per simili faccende? Già Rosa Luxemburg ebbe a osservare a tale proposito che ogni periodo forgia il suo materiale umano e che se la nostra epoca avesse veramente bisogno di lavori teorici, essa stessa creerebbe le forze necessarie alla sua soddisfazione. Per intendere il significato esatto di tale fatto, come in quasi tutti i giudizi dell’intelligenza, occorre innanzitutto rovesciarlo. L’epoca attuale può offrire un saggio dell’intelligenza ma non un uso delle sue molteplici possibilità poiché essa è legata alla conservazione fondamentale di un ordine antico.

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lunedì 20 luglio 2015

Gli aztechi non erano vegani


Di seguito un altro post estivo al quale farà seguito, questa sera o domani, un post “tecnico” dove si pongono in evidenza i motivi per i quali l’attuale non è una classica crisi di ciclo ma si configura come crisi generale storica del modo di produzione capitalistico. Insomma, romanzo d’appendice.

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Dopo il grande successo del post sull’eutanasia dei poveri e sulle minacciose formiche che puntano a dominare il pianeta, propongo qualche spigolatura su temi affini. Per esempio il mais. Nella zona prealpina in cui abito è la coltura dominante. Con enormi getti d’acqua a tutte le ore del giorno e della notte s’innaffia questo tipo di coltura. Non è raro, passando a piedi o in bici per qualche strada interna, beccarsi un’improvvisa doccia gratis. Quanta acqua serve per produrre una pannocchia? Tanta. In questa zona l’acqua necessaria è attinta dalle numerose roste in cui nuotano anche trote e avannotti, ma anche temoli, pesci marcatori di un buon stato di salute di quelle acque, nonostante certa gentaglia continui a usarle come pattumiere.

Anche oggi, nell’insalata, oltre a certi semi, ho aggiunto del mais. Nel caso fosse “trans” non me ne importa nulla, del resto di ciò che viene definito “bio” ho sempre diffidato. E poi senza il mais la cucina veneta non sarebbe la stessa cosa. Oltre alla polenta, il mais mi fa venire subito in mente le tortilla (di mais), cioè il piatto base della cucina centroamericana; quindi i tamales, una sorta di panzerotti cotti a vapore, ripieni di carne macinata e salse, avvolti in foglie di mais o banana (vi sono un’infinità di ricette ognuna con molte varianti); il pozole, molto noto, è invece un piatto a base di mais tenero, carne di maiale e peperoncino (quanto a quest’ultimo, massima attenzione in quei luoghi, quello calabrese è acqua fresca). L’atole, invece, è una bevanda ottenuta facendo bollire farina di mais in acqua o latte (consiglio il latte), cui si aggiunge zucchero, cannella, ma soprattutto (a mio gusto) cioccolato (allora si chiama champurrado e a colazione è ottimo), ecc..

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«L'innato e storico disprezzo»


In un lungo editoriale di prima pagina su Il Sole 24ore di ieri si leggeva:

L'Europa […] si presenta oggi come una sorta di bazar amministrativo, centralizzato e dominato sia da qualche Stato membro, sia soprattutto dalle opache strutture del Mercato finanziario globale. L'influenza di quest'ultimo ha tolto qualsiasi risvolto democratico alle istituzioni dei vari Paesi membri, la cui politica economica, alla quale è in particolar modo legata quella sociale, è formulata dall'esterno e quindi siamo nel pieno di un'economia eterodiretta alla quale i governi altro non possono fare che obbedire.

Sempre ieri, nel suo consueto sermone domenicale, Eugenio Scalfari scriveva a sua volta:

L'anti-europeismo tedesco si spiega molto facilmente: deriva da un innato e storico disprezzo che i tedeschi nutrono da sempre presso le altre nazioni che convivono con loro nel medesimo continente.

Che non si tratti di un fatto occasionale ma appunto di un innato e storico disprezzo è confermato da questo articolo, soprattutto la sconcertante parte conclusiva, pubblicato da Die Welt, certamente un giornale conservatore ma non apertamente razzista. E ciò serva per farsi un’idea del clima che si respira in Germania, soprattutto presso la borghesia tedesca per poi “discender per li rami”, in relazione alla crisi greca:

“L'idea che i Greci dei tempi moderni si sarebbero comportati come discendenti di Pericle o di Socrate e non come un insieme di slavi, bizantini e albanesi è diventato per l’Europa un dogma”. Poi prosegue: “Gli architetti dell’UE non potevano sottrarsi a questa credenza, e in questo spirito hanno portato nel 1980 l'insolvente Grecia nella barca europea con le conseguenze che possiamo vedere tutti i giorni”.

Si tratta dello stesso disprezzo che si può cogliere a piene mani in rete, contrabbandato per sano e virtuoso realismo. Non voglio nascondermi le gravi e storiche mende delle società meridionali, ma si stia bene attenti perché sotto la patina dell’efficientismo e dell’ammirata disciplina tedesca si nascondono le tare di un’idea di supremazia autoritaria a sfondo razzista che ha provocato fin troppi e ripetuti disastri.

domenica 19 luglio 2015

Grasso alle vongole



La questione del divieto di pescare e vendere vongole sotto la taglia di 2,5 cm mi ha incuriosito ancora, anche perché sul Corriere ne parla Aldo Grasso in un articolo disinformato nel quale peraltro non si capisce che cavolo voglia dire, nel senso che la butta in caciara.

Ed è così che scopro che il divieto, cioè la fissazione della taglia a 2,5 cm, risale alla fine degli anni Sessanta, misura poi recepita dal Regolamento del Consiglio dell’Unione europea n. 1967 del 2006. Dunque il divieto non è nuovo, anzi è antico. Allora che cosa succede di nuovo? I cosiddetti vongolari protestano poiché i controlli ultimamente si sono fatti più stringenti. Fino a qualche mese fa rischiavano anche una condanna a due anni e 4.000 euro di multa. Ora la pesca sottomisura è stata depenalizzata, ma resta l’ammenda. Chiedono una maggiore tolleranza e soprattutto di poter pescare entro le 0,3 miglia marine, cioè sottocosta. E qui la questione si complica assai. Che cosa significa tolleranza? Se non va bene quel limite di taglia allora si modifichi, e sulla necessità di renderlo più conforme alla realtà della vongola in Adriatico mi pare sia questione di buon senso. Ma se c’è un limite, questi va rispettato. Quanto alle 0,3 miglia marine, il limite va lasciato così per i motivi che i pescatori conoscono benissimo. Che cosa vogliono risucchiare con le loro idrovore, anche gli ombrelloni della spiaggia?


Eccetera


“È una questione di sopravvivenza. Una crisi economica così profonda e radicale – dagli effetti strutturali maggiori di quella del ’29”. Lo scrive Il sole 24ore in riferimento all’Italia ma il discorso può essere allargato al sistema nel suo complesso. Prosegue il giornale confindustriale: “Qualcosa si è rotto nell'anima di molti: lo spiega bene il suicidio di Egidio Maschio, uno degli imprenditori simbolo del Nord-Est e della piccola e media impresa italiana”. L’anima, come la chiamano, in questo caso è lo specchio di una realtà non più sostenibile e non solo e non fondamentalmente per i motivi adotti dal quotidiano: “quattro milioni e centoduemila connazionali si trovano in condizioni di povertà assoluta, il cuneo fiscale per il lavoratore dipendente single ha raggiunto il 48,2% nel 2014, mezzo punto in più rispetto al 2013 e dodici punti in più della media Oecd”.

Nell’articolo il quotidiano non cita due dati riferibili alla disoccupazione (totale e giovanile). Vero che c’è il lavoro nero, quello che chiamano “sommerso”, e tuttavia si tratta di numeri impressionanti che ci riportano con il discorso sempre allo stesso tema: c’è sempre meno bisogno di lavoro, soprattutto in alcuni segmenti produttivi e poi anche nei servizi. È questo un tema che non può essere affrontato da un singolo paese, e solo in una certa misura da una singola area economica,  e mi riferisco all’Europa, di per sé già così eterogenea economicamente e industrialmente.

sabato 18 luglio 2015

Sempre troppo lucidi i reazionari


La vicenda che ha viste protagoniste da un lato un’adolescente e dall'altro la cancelliera Merkel è eloquente della gente con la quale abbiamo a che fare, del livello raggiunto dalla leadership europea in generale e di quella tedesca in particolare. È pacifico che “non possiamo accogliere tutti”, si tratta di un fatto di realtà. Altra questione è tener conto di come vanno dette le cose, questo genere di cose, dovendo considerare le circostanze e chi si ha di fronte, nell’occasione un’adolescente, una palestinese proveniente dai campi profughi del Libano.

La ragazzina avrebbe potuto rispondere così: «Con la stessa teutonica durezza e lo stesso pragmatico realismo posso dirle, Signora Cancelliere, che se noi siamo qui a supplicare una richiesta di asilo o cerchiamo un lavoro, non è per caso, ma perché fuggiamo, spesso correndo gravi rischi, da situazioni di conflitto e di disperazione. È vero, avete accolto già molti immigrati, ma non per buon cuore, ma perché servivano alla vostra economia. Non li avete dovuti costringere a forza, non li avete deportati in Germania per lavorare come un tempo, ci sono venuti “volontariamente”, sospinti dal bisogno e da prospettive di vita migliori. Ora, le situazioni che ci costringono all’emigrazione sono in larga misura, non da oggi, dovute alle scelte politiche ed economiche dei paesi occidentali, dei quali la Germania non è ultima come importanza e ruolo. Inoltre, Signora Merkel, se sono scoppiata in lacrime è perché quelle sue parole di risposta dirette a una ragazzina, le ho avvertite come una totale mancanza di sensibilità e d’intelligenza, come un’accusa e un rimprovero. E quanto a questo, voi tedeschi immemori, siete sempre stati troppo lucidi per rimproverarci di non esserlo abbastanza».  



venerdì 17 luglio 2015

Nuovi orizzonti ?


Il viaggio dalla sonda New Horizons e il suo flyby con Plutone e il suo satellite Caronte è una conquista scientifica e tecnologica di prim’ordine. In “solo” nove anni e mezzo, grazie alla “fiondata” gravitazionale di Giove, la sonda è riuscita a raggiungere l’ultimo e più lontano dei pianeti (sebbene declassato a “nano”) del nostro sistema solare, a una velocità di circa 15 km/s. Ad ogni modo P. è il più grande oggetto della Fascia di Kuiper assieme con Eris.

New Horizons è una sonda relativamente piccola, sembra un pianoforte a coda sormontato da una grande parabola radio (i segnali impiegano 4.5 ore ma il flusso è di appena circa 1-4 kbps). Non può essere alimentata da pannelli solari, data la distanza dal Sole (nel suo afelio Plutone riceve il 280% di luce in meno, la Terra solo un -5%; ad ogni modo P. riceve un millesimo della luce che investe la T.), ed è invece alimentata da un generatore termoelettrico a radioisotopi che sfrutta il decadimento del diossido di plutonio, e genera solo 200 watt di potenza che gli permettono di operare con i suoi sette strumenti, e con 12 watt per la trasmissione dei dati alla Terra.

Scopo di questo post non è certo quello di offrire dettagli tecnici sul viaggio e il flyby, dapprima con Giove e poi con Plutone, della sonda, peraltro diffusissimi in rete. E poi milioni di persone hanno seguito l’evento in televisione o su Internet, in attesa di ricevere le prime foto della mappatura. Vorrei invece svolgere una riflessione: in appena mezzo secolo da quando sono stati lanciati i primi satelliti spaziali, veicoli artificiali hanno visitato tutti i pianeti del sistema solare. Solo quest'anno, sonde spaziali hanno studiato Mercurio, Marte, gli asteroidi, una cometa e ora Plutone. Questi importanti risultati scientifici stanno in netto contrasto con le crisi sociali, economiche e politiche apparentemente irrisolvibili sul nostro pianeta.

La formica di Calvino


Dapprima una doverosa rettifica: nel post alle vongole di ieri, scrivevo che tra le vongole sottomisura vietate c’erano anche le “pevarasse”, cioè le Venus gallina. Per fortuna tale prelibatezza non rientra in quelle considerate dagli idioti di Bruxelles. Confermo il resto.

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Annunciavo, sempre ieri, due righe sulle cavallette fritte, una leccornìa secondo alcuni. Non ho nessun dubbio a credere a tale attestato di bontà e, sempre per quanto mi riguarda, non chiedo altre verifiche.

È abbastanza noto il fatto che nella cucina ebraica tutti gli invertebrati non sono kosher, cioè nelle regole alimentari stabilite nella Torah, così come interpretate dall'esegesi del Talmud e come sono codificate infine nello Shulchan Aruk che prescrive le norme rituali e comportamentali ebraiche. Fanno eccezione le locuste, dichiarate koser (o kaser) con dispensa rabbinica. Del resto è difficile credere che durante il famoso esodo nel deserto gli ebrei si nutrissero solo di manna. Ad ogni modo a Venezia non mi risulta alcun consumo, nemmeno in tempi straordinari, di questa prelibatezza.

*

Se l’idea delle cavallette fritte vi rivolta un po’, pensate al mezcal aromatizzato (una tequila), una bevanda alcolica (da non confondere con il pulque) ricavata dal maguey (un’agave) e molto diffusa in Mexico. Queste agavi in Mexico sono chiamate mezcales, da cui il nome della bevanda. Ebbene esistono vari tipi di aromatizzazione, con dei vermi rossi (bruchi delle agavi) e un tipo di aromatizzazione fatto con i petti di pollo crudi. Vero che noi usiamo metterci l’uovo nel marsala, ma c’è una grande differenza mi pare.

E, sempre a proposito di prelibatezze, male che vada potremmo nutrirci di formiche. Pare che rappresentino un quarto della massa animale del pianeta e producono una gran quantità di metano che certo non fa bene all’ozono stratosferico. È il caso di dire: due piccioni con una … formica.


Se oggi siamo alle prese con la Xylella fastidiosa che sta devastando gli ulivi pugliesi, negli anni Venti e Trenta vi fu un’invasione di formiche nella riviera ligure di ponente. Italo Calvino, figlio di un esperto floricultore e di una botanica, dedicò all’evento un suo racconto: La formica argentina.

giovedì 16 luglio 2015

Ci fottono con le nostre stesse parole


Scrive Gilioli nel suo blog:

«Il fatto è che per circa un secolo, in Europa ma non solo, nelle democrazie i cittadini hanno potuto scegliere tra destra e sinistra nella convinzione - spesso al tempo fondata - che la vittoria dell'una o dell'altra avrebbe avuto effetti diversi sul proprio Paese e sul proprio domani.

Questo non solo è stato il fondamento della democrazia, ma soprattutto ha garantito nelle coscienze delle persone un fattore indispensabile dell'esistere: la speranza di un cambiamento. La possibilità interiorizzata di un'alternativa al presente.

Ora questa possibilità sembra essere stata abolita, almeno in Europa».

Vedete fino a dove può arrivare un’illusione? Gilioli è un simpatico ragazzo, ed è anche abbastanza intelligente, ma la paura lo fotte. La paura di dire, anzitutto a se stesso, la verità. Quella possibilità “di un'alternativa al presente”, alla quale egli si riferisce, non è mai esistita. Credo e spero che non servano delucidazioni e disegnini in merito. E del resto che ce ne può importare di voler convincere gente già convinta di suo come Gilioli?

Nessun grande cambiamento e alternativa e mai venuta mettendo una scheda nell’urna. È vero che la scheda nell’urna ha “garantito nelle coscienze delle persone un fattore indispensabile dell'esistere, la speranza di un cambiamento”, ma appunto si tratta solo di una vana speranza, di dare un senso illusorio all’esistere dello schiavo, e fanculo la realtà dei rapporti sociali.

Gilioli, data la sua posizione di classe, date le sue ferme idee sulla democrazia e dintorni, continuerà a crederci, a illudersi e a illudere. E quando questa illusione s’incrina è pronto a crearsi un alibi. Che si chiami Schäuble o Peperino, fa lo stesso. Egli è un elemento perfettamente funzionale al sistema (perciò lo stipendiano), anche quando denuncia le contraddizioni di questo sistema, purché si astenga di andare in radice al problema (nel qual caso lo inviterebbero a desistere e se insistente gli toglierebbero gli alimenti).

È nel flusso della comunicazione sociale che si generano tutte le nuove ideologie e che le forme ideologiche cristallizzate rigenerano la loro funzione sociale. Ne sono un esempio eloquente i commenti che seguono a ogni post di Gilioli e gli altri in rete. È qui che le idee del dominio si radicano, diventano forze materiali di conservazione. Mi spiace dirlo, ma ci fottono con le nostre stesse parole.


Povertà, vongole e soliti idioti di Bruxelles

Post aggiornato con nuovi e precisi dati qui.


In uno dei paesi più ricchi e benestanti del mondo, famoso per il suo stile di vita, i poveri assoluti sono circa il 7 per cento della popolazione residente. E si canta vittoria perché questo dato pare essersi stabilizzato nel 2014 dopo anni di crescita. Il presidente del consiglio arriva a dire: «E’ una buona notizia ma sarò felice quando vedrò dati di crescita superiori allo 0,1». Superiore allo 0,1? Che cosa significa “crescita”? L’Italia è uno dei due paesi europei dove crescono di più i nuovi milionari. «I dati della povertà assoluta continuano, cioè, ad essere da Terzo mondo e non si sono fatti passi in avanti», afferma una delle solite associazioni di consumatori, evidentemente non sapendo che cos’è la povertà nel cosiddetto Terzo Mondo. E tuttavia questi dati, accompagnati da quelli sulla povertà relativa (12,9 per cento della popolazione, ma nei grandi comuni raggiunge il 19,8), sono impressionanti. Ci parlano di una forbice tra povertà e ricchezza che si sta sempre più divaricando. Una povertà che nei prossimi decenni, stante l’aumento della disoccupazione e del “precariato”, e con le pensioni che verranno in essere (che non garantiranno nemmeno la mera sopravvivenza), possiamo star certi che i poveri, comunque definiti assoluti o relativi, saranno alcune decine di milioni. E tuttavia ciò che occupa l’Europa dei burocrati con decine di milioni di disoccupati e di poveri, è vietare la commercializzazione delle vongole dell’Adriatico perché anziché essere di 25 mm lo sono solo di 22. In tal modo non saranno vietate solo le cosiddette vongole veraci (che "veraci" non sono per nulla) ma anche le “pevarasse”, cioè le vongole poveracce, quelle piccole vongole che mangiavano i poveri, queste sì autentiche vongole autoctone che da milioni di anni non raggiungono in genere i 25 mm, ossia il Maximum Sustainable Yeld, il massimo rendimento sostenibile decretato dai soliti idioti di Bruxelles.

L'eutanasia dei poveri


Sempre a proposito di vegetali velenosi, probabilmente Valentino Rossi non sa che l’olio che lubrifica il motore della sua moto (Castrol) è estratto da un comune seme di ricino molto più velenoso del cianuro o del veleno del cobra.

Anche una sola foglia di oleandro se ingerita può provocare la morte. È bene evitare di cucinare alla griglia con un fuoco di legno di oleandro perché può rivelarsi velenoso. Solo in Lombardia in due anni sono stati registrati 40 casi di avvelenamento da oleandro. In India i contadini poveri lo usano per il suicidio.

Anche le lucciole che ancora in qualche caso riusciamo a scorgere in queste notti estive perché creano bioluminescenza, sono pericolosissime se ingerite. Esse contengono una sostanza molto simile alla digitalina, ma molto più potente. Perciò bocca chiusa.

Ci sono moltissimi modi assai economici per farla finita, senza dover ricorrere alle cliniche svizzere.


Oggi sono in giro a libri (vanno cercati, come i funghi allucinogeni) perciò accontentativi, ma nel prossimo post: cucina kashèr e cavallette fritte, ecc..

mercoledì 15 luglio 2015

Attenzione alla lattuga!


Immancabili come sempre i consigli per “combattere il caldo”. Anzitutto vestirsi leggieri e tanta frutta e verdura. Come se in questo periodo ci si sedesse a tavola col piumino a ingollare polenta e cotechino. Quello di consumare frutta e verdura in abbondanza è comunque un consiglio evergreen, e mangiare “naturale”. Come se i costituenti del “naturale” non fossero elementi chimici. Anche con i prodotti “naturali” bisogna stare attenti, posso al riguardo dire che per esempio il consumo prolungato di un certo tipo di lattuga può dare qualche effetto indesiderato. Personalmente opto per una dieta quanto più varia possibile, ma anche questa è un’ovvietà. Vi comprendo, sia pure saltuariamente, la carne. Bisogna essere fuori di testa per andare in Toscana e astenersi da una costata di chianina. Per esempio.

Qui sotto descrivo gli effetti collaterali di un tipo di “lattuga” molto particolare e che può provocare addirittura il cancro.

Scoprire la necessità significa trovare la libertà


In questi giorni a proposito della vicenda ellenica, e dunque a riguardo di fatti e misfatti dell’unione europea, si sente spesso invocare i diritti dei popoli, la democrazia e altre simili fantasie. Rilevava un antico tedesco che componendo migliaia di volte la parola popolo con la parola democrazia, la parola diritti con la parola uguaglianza, non ci si avvicina alla soluzione del problema neppure di una spanna.

La domanda che invece ci dovremmo porre, di là delle considerazioni su quanto sia iniquo e bastardo questo modo di governare i processi di cambiamento, è dove ci sta portando tale mutamento delle cose.

martedì 14 luglio 2015

Letture per le vacanze


Sulle sorti magnifiche e progressive del capitalismo (detto senza ironia), e dunque anche su quelle della Grecia, ebbe a scrivere Karl Marx quando aveva 27 anni, cioè quasi 170 anni or sono. Non già in una delle sue opere di maggior peso scientifico, ma in un libello di propaganda destinato a quegli operai che sapevano leggere (non molti) e capire.

Oggi che sono in molti a dire di saper leggere e non pochi coloro che si piccano di capire, gli scritti di Marx vengono trascurati o tutt’al più approcciati nell’interpretazione di qualche povero disgraziato. I motivi adotti sono i più vari e tuttavia riconducibili a poche auliche sentenze: Marx sarebbe il padre putativo del sedicente comunismo sovietico e cinese, dunque eponimo delle carestie e dei gulag; sarebbe anche stato confutato, pure se non si sa bene da chi e soprattutto come; nella più benevola delle motivazioni, egli avrebbe analizzato e descritto il capitalismo di un’epoca alla quale non apparteniamo più. Si può dunque evincere, da un rapido ma esaustivo sondaggio, che non v’è individuo alfabeta che non possa dall’alto in basso sputargli in faccia.

Da quel libello, ripeto, di tono divulgativo ma non per questo meno acuto e pregnante, traggo qualche passo, giusto un assaggio per suggerire una lettura o rilettura per le prossime vacanze:

lunedì 13 luglio 2015

Ad kalendas græcas


Ho letto il comunicato finale del cosiddetto Euro Summit. Non mi pare contenga cose così straordinarie da far gridare allo scandalo. Le riforme che si vanno chiedendo alla Grecia, dalle pensioni alle privatizzazioni, sono analoghe a quelle che sono state in gran parte realizzate anche in Italia, Spagna, Portogallo, ecc. secondo la dottrina neoliberista. Con una differenza nelle forme e nella sostanza in cui ciò è avvenuto: se questi paesi sono stati ridotti a uno stato semi-coloniale, per la Grecia siamo alla colonizzazione pura.

Perché una differenza sostanziale, rispetto a solo 15 giorni fa c’è, ed essa è costituita dal fondo di garanzia di 50 miliardi (un quinto del Pil) e dai licenziamenti collettivi, e un controllo dittatoriale sulle politiche economiche e sociali del paese. La Grecia è stata trasformata in un laboratorio per imporre in tempo di pace il tipo di condizioni precedentemente associate con la guerra. Non pochi hanno notato che il linguaggio è lo stesso. Ecco a cosa è servito il referendum ed ecco dunque il motivo della riprovazione (quasi) unanime contro l'atteggiamento tedesco (ma il documento con le condizioni di resa l'hanno firmato tutti).

Solo così



La Germania è stata la responsabile principale di due guerre mondiali. Si è resa protagonista in entrambe di atti di barbarie degni dei Teutoni descritti dal Gibbon. Contrariamente a quanto comunemente si crede, la Germania ha ripagato solo in parte i suoi debiti di guerra dopo il primo conflitto, e dei danni causati nel secondo, com’è noto, ha ripagato solo briciole. Per la sua riunificazione (decisione politica incauta) essa ha ricevuto aiuti dagli altri paesi europei. Questi fatti, non lontanissimi nel tempo, non possono essere dimenticati.


Ora è anzitutto la Germania che con più durezza chiede alla Grecia di varare delle riforme per un welfare più sostenibile economicamente. E va bene, alcune riforme sono necessarie e talune urgenti. E però il debito pubblico greco, diventato insostenibile e aumentato a dismisura per rimborsare le banche europee e per pagare interessi folli, deve essere in gran parte condonato. Solo così un paese come la Grecia può ripartire, solo con questo atto di generosità e di lungimiranza politica l’Europa può dimostrare di essere qualcosa di più di una moneta e una fiera di avidi mercanti. In questo modo l’autorevolezza non diventa autoritarismo, la severità non sembrerà vendetta, il giudizio non scade in disprezzo.

domenica 12 luglio 2015

L'altra faccia della crisi


La partita che si gioca tra l’Ue e la Grecia appare sempre più come un tiro alla fune. La questione, con ogni evidenza, è sempre più politica, anche se in discussione vi sono decine di miliardi di nuovi aiuti. Un gioco di tira e molla almeno a livello di trattative, perché sul piano pratico siamo sempre lì: a chi far pagare il costo della crisi? Dopo aver ridotto, secondo cifre recenti, gli stipendi del 37 per cento, le pensioni del 40, tagliato i dipendenti pubblici del 30, tocca ora alla grassa borghesia greca lasciare qualcosa sul campo.

Quella stessa borghesia che ha messo al sicuro negli ultimi mesi i propri “risparmi”, mentre la piccola e media borghesia, non potendo far altro, i propri risparmi li spende nell’acquisto di nuove auto. Le immatricolazioni sono aumentate nei primi cinque mesi dell’anno del + 15,7% con più 21,6 a maggio, con un incremento del 25,9% per le moto. A giugno l’incremento delle vendite auto è proseguito con più 15,1 rispetto allo stesso mese dell’anno prima, e più 10,9 per le moto. Non era andata peggio l’anno prima, infatti le vendite di auto nel 2014 rispetto al 2013 erano aumentate del 21,3 per cento.

Primi in classificai i modelli Toyota, seguiti da Volkswagen e Mercedes, ma anche i modelli Alfa Romeo non se la passano male. È l’altra faccia della crisi greca: mentre molte famiglie non sono in grado di acquistare prodotti alimentari di base, altre possono permettersi di acquistare auto da decine di migliaia di euro.



La tabella qui sopra (clicca per ingrandire) mostra dei numeri ufficiali sul reddito greco e sul tasso di povertà dal 2008 al 2013 (non ho dati ufficiali più recenti). Il reddito è rimasto sostanzialmente stabile, e anche il tasso di povertà, pur in salita, non ha avuto balzi drammatici. Fermo restando che chi è povero non se la passa bene, complessivamente la situazione sociale non credo sia molto diversa da certe nostre regioni meridionali o da quelle di Spagna e Portogallo.

L’unica scienza sociale che si conosca

A Giulia


Marx è ancora negli incubi di molti buoni borghesi che si sono fatti l’idea, nelle loro letture di terza mano, che fosse come un specie di Henri Landru. A rievocarlo come Barbablu ci pensa questa mattina Eugenio Scalfari, l’ex croupier che di azzardi se ne intende. Scrive che “ci sono anche alcuni personaggi di sinistra che, affascinati da Tsipras, vorrebbero quanto meno ricostruire una sorta di comunismo d'antan che abbia l'Europa come terreno seminativo e si proponga di combattere il capitalismo. Insomma risvegliare Marx mettendo le lancette della storia 170 anni indietro”.

Eh sì, perché il padre putativo del sedicente comunismo del XX secolo è stato, senza alcun dubbio, Karl Marx. E non già – sostiene Scalfari nella sua datazione al radiocarbonio – il Marx de Il Capitale, bensì quello dei Manoscritti economico-filosofici di 170 anni fa, prima ancora addirittura de Il Manifesto.

Va’ be’, si dirà, si tratta di una datazione approssimativa, così come tutto è approssimativo in ciò che sul tema ha affermato Scalfari nella sua vita. Non bisogna essere troppo precisini in questo genere di cose, Marx è un cane morto e se ne può fare ciò che si vuole, addirittura accostarlo al nome di Tsipras o anche – non mettiamoci a ridere – a quello di Vendola.

sabato 11 luglio 2015

Quella cattiva coscienza soggettiva


Ciò che è sempre in questione, al centro del pensiero critico e resta però inespresso, è l’ipotesi di un possibile diverso. Tale assenza di alternativa crea quel vuoto che è il destino dell’agire contemporaneo da almeno alcuni decenni. La sfiducia e la rassegnazione non bastano a spiegare questo stato di cose.

Vero è che un secolo di tentativi rivoluzionari è fallito, nel senso che una società senza classi non solo non è stata realizzata ma viene ora percepita come un progetto chimerico. E tuttavia, proprio alla luce di questi eventi, siamo ben coscienti (o dovremmo esserlo) da un lato che la liberazione materiale è preambolo alla liberazione umana e alla sua storia, e dall’altro che un simile progetto non può essere giudicato semplicemente sulla base dei suoi incerti.