martedì 11 agosto 2015

Terra incognita


Non si sa se ridere o disperarsi quando, con cadenza mensile, vengono commentati i dati sulla trasformazione dei contratti che vedono aumentare quelli a tempo indeterminato. Il contratto a tempo indeterminato, di fatto, non esiste più, nemmeno per i vecchi contratti. Il licenziamento senza reintegro diventa possibile per la totalità dei dipendenti nelle aziende quando queste, dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, salgono sopra la quota dei 15 dipendenti (comma 3 dell’articolo 1 del decreto 23/2015 attuativo del Jobs Act). Negli altri casi, laddove le nuove assunzioni non comportino il superamento della soglia dei 15 dipendenti, avviene la stessa cosa, ossia non c’è mai reintegro in caso di licenziamento, salvo il giudice stabilisca che il licenziamento è discriminatorio (articolo 9, comma 1, del decreto 23/2015). Non solo, il nuovo contratto prevede un indennizzo più basso per le imprese sotto i 15 dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. In buona sostanza in un modo o nell’altro possono licenziare a prescindere dal tipo di contratto e liquidare il lavoratore licenziato illegittimamente  (!!) con poche migliaia di euro.

Tutto ciò per effetto di una legge voluta e approvata dal Partito democratico, sia dalla sua componente maggioritaria e sia dai cosiddetti “dissidenti”. E ciò la dice lunga su tante cose che riguardano la società italiana, e non solo sulla natura di quel partito.

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Un dato strutturale e storico, che viene – quando va bene – appena sfiorato nel dibattito pubblico, politico e sindacale, riguarda il fatto che di lavoro ce n’è sempre meno, e tale tendenza nel giro di un decennio al massimo rappresenterà, non solo in Italia, un problema gravissimo. Ciò significa che in tutti i paesi di più antica industrializzazione aumenterà la disoccupazione, sia tra le persone oggi occupate e sia per coloro che per la prima volta cercano un lavoro. A questa tendenza non è possibile porre rimedio efficiente con nessun tipo di legislazione e trovate sulla “flessibilità”, salvo ridurre l’orario della giornata normale di lavoro. E ciò però si scontra con altre ben note questioni di sistema.

Questo stato di fatto e la tendenza in accelerazione, comporta tutta una serie di problematiche assai serie, anche dal lato del gettito fiscale in generale e segnatamente di quello contributivo previdenziale. La crisi fiscale dello stato, l’aumento del debito pubblico, sia in termini assoluti che relativi, sono aspetti destinati ad aggravarsi, ed a gravare ancor più su una platea sempre più ristretta di contribuenti tartassati. E sotto tale aspetto non ci sarà spending review che tenga (posto che venga attuata davvero) e la spesa sociale subirà anzi sempre nuovi salassi.

Dunque i problemi, presi singolarmente, sono irrisolvibili. Nel loro insieme fanno capo ad altre determinazioni di potere, squisitamente economiche e finanziarie, e perciò su tale strada i governi soffrono una crisi evidente, di legittimità e di potere. Si tratta di valutare i problemi in una prospettiva storica di lungo periodo e che sta già avendo ricadute sociali e politiche importanti, e ciò non può essere fatto con gli strumenti d’indagine della scienza politica borghese, la quale, salvo eccezioni, non è interessata a una reale diagnosi della realtà, convinta che questo sistema, con le “opportune riforme”, sia destinato a durare ancora molto a lungo. E del resto non basterà, da parte di alcuni, la consapevolezza di tale insufficienza.


Noi stiamo navigando a vista verso una terra assolutamente incognita e al timone, palesemente, non vi sono nocchieri che per capacità ed esperienza, visione storica e cultura, siano in grado di stimare quantomeno la posizione esatta della nave, e cioè in grado di comprendere, fuori di metafora, la natura della contraddizione fondamentale e i motivi reali della crisi dello Stato moderno (del resto, dov’è mai la selezione di una classe dirigente degna di tal nome?). Tantomeno essi potrebbero essere chiamati a progettare nuovi modelli di società, perché in tal caso avrebbero chiaro che in gioco non è una mera riforma dell’esistente. Tuttavia non possiamo aspettarci che politici politicanti così infimi, a fronte di un simile collasso e della fine di un’epoca, si soffermino anche solo per un attimo a riflettere su simili idee.

6 commenti:

  1. Non so se la crisi di legittimità venga percepita da costoro come effettivamente tale. Non mi pare che se ne preoccupino al di là delle dichiarazioni formali; basti vedere le varie leggi elettorali suine e le proposte di riforma del Senato, tutti obbrobrii che progressivamente tendono ad eliminare di scena quel fastidioso orpello del fu "popolo sovrano" (posto che lo sia mai stato, visto che le elezioni sono in larga parte finzione giuridica). Mi pare che i messaggi siano chiarissimi: esprimere la propria volontà politica tramite il voto o il proprio valore sociale per mezzo del lavoro sono ormai funzioni screditate, e il fatto che vengano erose insieme non mi pare casuale, senza neppure che ci si dia la pena di mascherare gli intenti vendicativi degli animal spirits scatenati (altro che razionalità della mano invisibile)
    Forse l'azzardo dei nocchieri sta nel ritenere di poter assorbire l'impatto contro i prossimi icebergs che non possono non vedere all'orizzonte; e chissà che non scommettano sul fatto di poter controllare una società divisa, con sempre più persone in competizione per conservare il privilegio del proprio asservimento (e sugli slittamenti semantici da animal farm che hanno trasformato diritti e dignità in privilegi e lussi che non ci possiamo permettere ci sarebbe da scrivere un libro) con calibrate elargizioni di panem et circenses. Insomma, giocando sulla divisione del famigerato novantanove per cento a fronte della compattezza del restante uno.
    E finché resteremo volgo disperso che nome non ha, il gioco potrebbe anche riuscire.

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    1. riesce, eccome
      almeno fino a quando riusciranno a pagare pensioni e stipendi pubblici, cioè fino a quando la catena di sant'antonio non si romperà e potremo vedere che la crisi del 2008 è stata un ballon d'essai di cui non abbiamo colto il significato pieno e la direzione

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  2. Buongiorno, avere meno o più di 15 dipendenti quale differenze comporta allora? Discriminatorio e illegittimo sono due cose diverse? grazie

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    1. praticamente nessuna com'è chiaro nel post
      Discriminatorio e illegittimo sono due concetti giuridici diversi

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  3. " Tantomeno essi potrebbero essere chiamati a progettare nuovi modelli di società, perché in tal caso avrebbero chiaro che in gioco non è una mera riforma dell’esistente."

    verissimo. Ma perché a "progettare nuovi modelli di società" dovrebbero essere loro ? E' ovvio che è un compito che chi sta al potere non potrà e non vorrà mai svolgere. A svolgerlo sono chiamati tutti i cittadini di buona volontà. Gli intellettuali dovrebbero mettere il loro sapere al servizio di questo sforzo di progettazione collettivo. Purtroppo invece spesso usano il loro sapere proprio per sancire e ratificare l'impossibilità di modelli alternativi di società...

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  4. si va verso una "terra" incognita a noi che stiamo "nella stiva" ma ben perseguita da chi " governa la nave" e' che non sono certo ne i vertici politici ne quelli economici . Infatti tutti i vertici pubblici" ( nel senso che sono resi noti a noi ) sono solo " ciurma" che esegue tutti gli "ordini", anche quelli che risultano loro incomprensibili e stupidi ,, perche' la loro " paga" e' ancora buona.

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