lunedì 18 aprile 2016

Gli afro-americani non sono insigniti del Nobel perché meno intelligenti?


Perché persone appartenenti a certe etnie e minoranze umane tendono a sviluppare talune peculiarità culturali che invece sono più rare o persino assenti in altre popolazioni? A questa domanda la biologia risponde racchiudendo il tutto entro i suoi recinti fin troppo definiti, non tenendo in debito conto il dato storico-sociale.

Gilberto Corbellini recensisce sul Domenicale un paio di libri, per primo quello del prof. Baroukh Maurice Assael, dal titolo: Il gene del diavolo. Le malattie genetiche, le loro metafore, il sogno e le paure di eliminarle. Scrive il recensore nell’articolo Variazioni ashkenazite:

“Variazioni genetiche [quelle comparse nella popolazione ebraica ashkenazita] che in alcuni casi probabilmente potevano potenziare alcune funzioni biologiche. Come l’intelligenza”.

E già qui si può apprezzare come l’intelligenza umana, e dunque lo sviluppo delle funzioni psichiche superiori, sia ricondotta a mera funzione biologica, e non già posta in relazione con i sistemi cognitivi e semiotici di un dato ambiente sociale.

Così prosegue l’articolo:

“Questo se fosse confermata l’ipotesi, al momento basata solo su dati circostanziali, che  si possa spiegare geneticamente il fatto che il quoziente intellettivo degli ebrei ashkenaziti [e dunque – chiedo – sono esclusi i sefarditi?] è più elevato (soprattutto per capacità verbale e pensiero astratto) della media, ovvero che malgrado solo il 2% di tutti gli statunitensi discendano da ebrei ashkenaziti, lo sono il 25% dei premi Nobel agli Stati Uniti, il 25% dei vincitori di Field Medal, ben 9 su 19 campioni di mondo scacchi”.

Da questo modo di argomentare basato “solo su dati circostanziali”, si dovrebbe dedurre, ad esempio, che il quoziente d’intelligenza della popolazione afro-americana, che sappiamo essere mediamente testato su valori più bassi, abbia cause genetiche. E ciò vale, in rapporto sempre agli ashkenaziti, anche per gran parte della popolazione bianca non ashkenazita, così per altre etnie presenti negli Stati Uniti.




Basterebbe considerare, sempre sulla base di “dati circostanziali”, che tra il ‘700 e l’800 i campioni di scacchi provenivano da scuola francese, così come, per contro, il famoso campione Wilhelm Steinitz, ebreo askenazita, aveva iniziato a giocare assai precocemente a scacchi, a differenza di quasi tutti i suoi coetanei dell’epoca. Del resto il padre di Mozart non faceva il ciabattino, e l’ambiente sociale e artistico in cui crebbe Michelangelo non era quello dei butteri maremmani. Insomma, la genetica svolge sicuramente la sua parte (Maradona non sarebbe mai diventato un campione di basket e dato l'ambiente di provenienza nemmeno un campione di scacchi), ma il fatto che il Sud America o l’Africa non abbiano quasi alcun premio Nobel, e tantomeno vincitori di Field Medal, non deve iscriversi in modo così significativo a fattori genetici, ossia di “variazione genetica”.


Certe inclinazioni personali o di un dato gruppo sociale o etnico, hanno un’ontogenesi assai complessa. Le considerazioni d’ordine prettamente biologico delle funzioni psiche superiori (cioè di quella che comunemente viene definita come “intelligenza”), che non vedono la natura essenzialmente storica di questo sviluppo e che non tengono sufficientemente conto della distinzione fra ciò che è culturale, storico e sociale e ciò che è invece istintivo, naturale e biologico nello sviluppo della personalità, sono errate e fuorvianti, quando non improntate a forme di razzismo più o meno latenti.

4 commenti:

  1. insomma per dirla con orwell " tutti gli animali sono uguali ma i maiali sono più uguali degli altri".
    Su basi " circostanziali " , ovviamente :-)

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  2. "[e dunque – chiedo – sono esclusi i sefarditi?]"

    Certo che i sefarditi sarebbero esclusi, per il semplice motivo per cui gli ashkenaziti per secoli non si sono incrociati con i sefarditi con il bel risultato, accoppiato all'incrocio tra consaguigni, di avere tassi di indicidenza di alcune malattie genetiche altissimo.

    Sara' un conflitto di interesse (sono biologo) ma l'intelligenza e' un carattere che ha una base genetica. Se il problema scientifico e' molto al di la' dall' essere risolto questo non vuol dire il problema politico di come gestire gli eventuali risultati si risolva negando i risultati stessi.

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    1. Dovremmo dunque, stando al numero di premi Nobel, dedurre che le donne sono meno intelligenti degli uomini, comprese le donne di religione ebraica?

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  3. Quali risultati ,visto che sembra ovvio che esista una base genetica e siamo molto al di là da risolvere il problema nel suo insieme.(parole sue)
    Il problema politico ?
    Beh, mi pare ovvio , è un problema dello Stato di Israele e dei suoi comportamenti.
    Poco a che vedere con l'intelligenza degli Ebrei.

    caino

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