mercoledì 31 agosto 2016

Il punto di collasso


Hanno destato una certa curiosità e molto sarcasmo le parole pronunciate da Sergio Marchionne davanti alla jeunesse dorée della Luiss. È stato commentato che ciò sarebbe “lo specchio di una classe dirigente che vede di fronte a sé un voto di protesta in grado di seppellire intere filiere di governo”. La questione è ben più seria e va oltre il voto di protesta e il non voto (questione che pure esiste). 

Marchionne sostiene, anche se le parole non sono esattamente le sue, che il capitale è interessato solo all’acquisto e allo sfruttamento della forza-lavoro; fuori dal rapporto di scambio e di sfruttamento il capitale, per sua natura, non coglie alcun interesse sul piano dei valori, della giustizia e delle compatibilità sociali. Bestemmia in chiesa, ma sa che ciò fa gioco alla sua religione.

Però “C’e’ una realtà là fuori che non deve essere trascurata”, ha affermato. E chi deve occuparsene? Lo Stato, le istituzioni, la società civile? Non lo dice espressamente ma è chiaro che a “ricostruire economie efficienti ed eque” dev’essere la “nostra società”. E per società non intende certo quelle con sede fiscale nei “paradisi” legalizzati dalla UE.

martedì 30 agosto 2016

Con o senza lacrime agli occhi


Speriamo siano finite, per questa volta, le foto strappalacrime di pupazzi e madonnine, della suora e del pompiere, del gatto e il cane salvati in diretta, delle tavolate all’amatriciana, delle frasi insulse tipo “non vi lasceremo soli”, “il coraggio del rigore” e cose ancor più raccapriccianti, ma anche le balle sul tipo: “Tre miliardi l’anno per la prevenzione”. Fossimo un paese serio e normale ci dovremmo solo vergognare di mandare ancora soldi per il Belice (1968), di tassare i carburanti per: la ricostruzione del Vajont (1963); post alluvione di Firenze (1966); post terremoto del Belice; post terremoto del Friuli (1976); post terremoto dell’Irpinia (1980); post terremoto dell’Aquila (2009); post alluvione in Liguria e Toscana (2011); terremoti dell’Emilia (2012), eccetera. Insomma, dovremmo vergognarci di avere la classe politica e dirigente più inetta, falsa, truffaldina, corrotta e ipocrita dell’emisfero nord.

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E veniamo, anche in tal caso, alle solite cose dell’economia.
Il decreto legge 201//2011 (legge 214), quello che conteneva la “riforma delle pensioni”, l’avevano chiamato: Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici. Non i soliti delinquenti, questi qui erano invece i cosiddetti “tecnici”. Poi sono venuti gli innovatori e i rottamatori, quelli che hanno tolto le tasse ai ricchi per farle pagare solo ai poveri, quelli degli ottanta euri a forfait per aumentare i “consumi”, quelli delle "tutele crescenti".

Vediamo i risultati dei primi quattro anni di crescita, equità e consolidamento (2012-2015):




Fonte: MEF - Dipartimento del Tesoro

Il debito pubblico a dicembre 2011 era di 1.897 miliardi, il 15 giugno 2016 a 2.230. In poco più di quattro anni è aumentato di 333 miliardi, pur con un costo degli interessi sul debito in netto calo, pur con i prezzi dei prodotti petroliferi e delle materie prime in caduta libera.  

Previsioni a fine 2015 inserite in DEF PIL +1,6%;
aggiornamento ad aprile 2016 PIL + 1,2%;
aggiornamento a luglio 2016 PIL + 0,8%;
previsioni di Confindustria per il 2017 + 0,6%.

Mentono sapendo di mentire. In ogni circostanza, con o senza lacrime agli occhi.


lunedì 29 agosto 2016

Don Chisciotte sul letto di morte


Due fatti incontrovertibili: il primo, l’attuale crisi non è una classica crisi del ciclo di accumulazione; il secondo, siamo prossimi a un nuovo terremoto finanziario. A sostenerlo non sono i circoli falce e martello, ma quelli ben più venali della finanza europea e mondiale.

La guarigione del mercato mondo è affidata a quella chimera chiamata “crescita”, come se la soluzione della crisi in cui è entrato il capitalismo dipendesse da degli effetti congiunturali e dalle promesse d’inflazione.

Per quanto riguarda le banche, esse hanno un solo modo per non crollare: non restituire i soldi ai depositanti. E per quanto riguarda gli Stati, in primis quelli come il nostro, essi si preparano a rinviare i rimborsi sui titoli del debito e tagliare il capitale rimborsabile. Quello che ci appare oggi un’esagerazione, domani mattina busserà alle nostre porte, inattesa, in veste di realtà.

I turistici colloqui di Ventotene hanno mostrato che l’Europa è un Don Chisciotte sul letto di morte. Cardine del diktat tedesco è non pagare un euro per quella dolce Italia che può venir gratis.

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La conquista della pianura padana fu per Roma ciò che la conquista dell’America fu per l’Europa del Cinquecento: l’occasione di una solida crescita economica e demografica che fu alla base della futura egemonia romana. C’è da chiedersi, oggi, se senza la pianura padana potrebbe darsi l’Italia. E, per contro, se le regioni del nord potrebbero fare a meno del resto della penisola. Il tema c’è ed inutili sono le ipocrisie, il ricorso ai soliti luoghi comuni.

domenica 28 agosto 2016

Tutta colpa del latino


Oggi Eugenio Scalfari, un tempo assetato di “stabilità”, prende atto che questo mondo è fatto di tribolazioni e rari momenti di felicità, vi domina il caos e il caso regna sovrano. La morte è l’unica verità alla quale ci si deve rassegnare. A lungo parla di Leopardi, il nichilista, fino a citarne alcuni brani di uno dei suo canti più belli. E Francesco, quello d’Assisi, non poteva mancare al suo appello disperato. Per calmare le sue ansie, Scalfari avrebbe bisogno di una nuova interpretazione universale e anche provvidenziale, di modo che la speranza, “quella [che] ti aiuta a campar la vita”, non duri “poco più d’un respiro”. La fine è fatale e ormai vicina. Sul letto di morte, e forse ancor prima, il vegliardo, pur cacando tutti i suoi dubbi, a suo modo si convertirà: perché non si sa mai, e perché non gli resta altro.

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Finalmente, dopo i funerali, la spettacolarizzazione della tragedia, che in questi giorni ha raggiunto vette comiche e vergognose, andrà scemando, fino a scomparire dalla cronaca e dai suoi abusi. Nei prossimi giorni – quando la politica e il suo spettacolo rientreranno nei ranghi dopo le interminabili ferie – della tragedia, delle sue devastazioni e dei suoi morti non resterà nulla sui media, comprese le polemiche, solite, su ciò che si doveva fare e non è stato fatto, su ciò che si dovrà realizzare e non sarà attuato. Se ne riparlerà alla prossima.

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Penso che una delle cause principali delle nostre disgrazie – di come si prevengono e affrontano quelle naturali, così come s’approcciano i problemi in generale – sia dovuta al latino. Per come si studi poco e male. Sia chiaro, da parte mia riesco a malapena a tradurre le brevi epigrafi sulle lapidi, e però bisognerebbe dar retta al consiglio che un personaggio in lingua veneta dava a suo figlio: studia il latino se vuoi riuscire nel commercio. È vero che il latino serve per meglio imbrogliare (c'è chi si fa bastare poche locuzioni in inglese, s'è per questo), ma anche ad imparare a non essere imbrogliati, quindi a non dire troppe fesserie e soprattutto a non berle.

venerdì 26 agosto 2016

Non reggerà ancora a lungo


Gli ultimi dati dell’Inps confermano che il Jobs act è stato essenzialmente un massiccio trasferimento di denaro pubblico nelle tasche dei padroni. Aumenta ancora il ricorso ai voucher (+40%). I padroni stanno recuperando alla grande, con evasione fiscale e contributiva, le perdite subite con la crisi, che fanno pagare ai lavoratori. Ciò non è dovuto all’insipienza di questo governo, come taluni credono, ma al suo pieno successo. Padroni e governo sanno bene che in piedi resteranno le attività che hanno saputo o potuto compiere le necessarie ristrutturazioni, a scapito di quelle che non sono state in grado di rimodularsi, sul piano produttivo e commerciale, al nuovo quadro internazionale.

Gli elementi di crisi vengono individuati, sia pure nel quadro ideologico borghese, in modo preciso. Anche sul piano politico, perciò la riforma costituzionale che elimina le ultime illusioni della democrazia parlamentare. Tuttavia la crisi economica è un dato strutturale e irreversibile. Alla fine del tunnel non si presenta alcuna reale possibilità di ripresa. Ogni politica economica ha dunque come asse centrale l’attacco frontale e generalizzato delle classi lavoratrici, alle loro condizioni di vita e di lavoro. Non certo alla loro autonomia politica che non è mai esistita in questo paese né in altri. E però i nodi economici e sociali lasciati irrisolti portano alla resa dei conti, inevitabilmente. Il tappo non reggerà ancora a lungo, complice la tempesta finanziaria che si sta avvicinando.



giovedì 25 agosto 2016

Imperium sine fine


Credo non molti sappiano che l’aquila imperiale napoleonica, come appare per esempio in un grande dipinto del David conservato a Versailles, Il giuramento dell’esercito dopo la distribuzione delle aquile (1810), ha per matrice un’aquila imperiale di epoca augustea, in marmo italico, probabilmente realizzata da maestranze romane. L’artista udinese Leopoldo Zuccolo la riprodusse su un cartone traendola da quella conservata nell’ex museo Moschettini di Aquileia. L’originale, a matita, poi inciso da Francesco Bellomo, già al Kunsthistorisches museum di Vienna, si conserva attualmente presso la Biblioteca civica udinese.

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Aquileia, municipio della X regione augustea (Venetia et Histria), fu in epoca imperiale il principale porto e centro commerciale dell’Adriatico, vi si giungeva da Classe (porto militare di Ravenna) percorrendo la via Popilia-Annia, oppure incrociando la Postumia, arteria che tutt’ora conduce ad Oderzo, città antichissima, che fu Opitergium.

Aquileia fu città opulenta e orgogliosa, caposaldo del sistema di difesa imperiale, subì le vicende di quell’epoca d’angoscia che per molti versi si offre come sfondo secolare dei problemi attuali. In rapporto alla popolazione dell’epoca, l’epidemia di vaiolo della seconda metà del III secolo non fu in Europa e nell’impero meno devastante delle recenti guerre mondiali. Alla quale però non seguì alcun Piano Marshall, tutt’altro. Pare che a Roma di “peste antonina” morissero fino a 5.000 al dì. Fu portata entro i confini dell’impero dai reduci di una campagna contro i Parti (oggi importiamo altre “epidemie”).


martedì 23 agosto 2016

Un motivo che viene prima di tutti gli altri


Viviamo, e non importa se nostro malgrado, in un paese dove l’onestà è tema sinodale, dove i gioiellieri dichiarano al fisco un imponibile medio di 14mila euro annui, dove l’imposta di successione e quella sulle donazioni sono le più basse della UE e tra le più blande dell’emisfero Nord, dove le società trasferiscono coraggiosamente la propria sede fiscale nei paradisi autorizzati dalla UE.

Siamo un paese dove non c’è architetto, geometra o assessore, disposto a spostarsi dalla parte dell’intelligenza e del gusto. Dove chi riceve uno stipendio alla pari o più che doppio rispetto a Obama, non può, psicologicamente e oggettivamente, sentirsi umano. Un paese dove il diritto è ad assetto variabile, dove dominano i clan, e l’egoismo e la mediocrità sono autorizzati a far gravi danni.

Dunque, se in un paese del genere accadono abitualmente queste e molte altre cose, ancor più gravi, e se ancora in un paese così si rimpiangono – non sempre immotivatamente – quei lazzaroni dei papi e quei pezzi di merda dei borboni e degli asburgo, un motivo ci sarà.

Un motivo che viene prima di tutti gli altri possibili o anche solo immaginabili. E non può essere altro che questo: a tanta, troppa gente viene comodo per un modo o per l’altro questo stato di cose. Le geremiadi, le intemerate, gli infusi di cordoglio, le grida di allarme, le doglianze spicciole o a pacchi, i moniti, i richiami alla realtà, diventano solo fuffa (nel mazzo mi ci metto pure io, chiaro).



Un nome e un cognome






lunedì 22 agosto 2016

C’è chi rema e chi si gode la vita

  
Dichiarava ieri in un’intervista al suo giornale il padrone Carlo De Benedetti che siamo «alla vigilia di una nuova grave crisi stile 2008 o peggio».

Altro che stagnazione. Crisi storica-generale del modo di produzione capitalistico, crisi della forma valore proprio nel momento in cui tale forma trionfa in ogni poro della società. Sembrerà un paradosso solo alle mentalità a-dialettiche.

Ogni aspetto della realtà si presenta in modo contraddittorio. Spetta a noi comprenderne il movimento, conoscere le sue leggi e adoperarle nel modo più opportuno. Questa semplice nozione è spesso trascurata per assecondare particolari interessi di classe che prendono forma di motivazioni ideologiche.

Infatti, se pure siamo arrivati a scoprire la legge economica del movimento della società moderna – grazie a Marx –, gli organismi politici ed economici della nostra società agiscono, non solo ignorando tale dinamica, ma in senso ad essa contrario.

Prendiamo un esempio concreto di questo modo d’agire. La produttività del lavoro è aumentata enormemente, specie nell’ultimo mezzo secolo. E tuttavia la giornata lavorativa normale non ha mutato la sua durata. Ciò non può non avere – di là di altri effetti – conseguenze sul piano dell’occupazione. E tuttavia i governi si propongono di ridurre la disoccupazione mantenendo inalterata la giornata lavorativa attuale.

Sul piano della razionalità dell’impiego delle risorse umane ciò è assurdo, e tuttavia si adduce la necessità di essere ancora più produttivi e di far fronte alla concorrenza. Il che non fa una piega dal punto di vista degli interessi del singolo capitalista, il cui scopo precipuo non è quello di produrre beni e servizi, bensì quello di valorizzare il proprio capitale sfruttando il lavoro dell’operaio.

Sul piano dell’insieme sociale, invece, tale posizione non si discosta da quella che in antico giustificava l’istituto della schiavitù ponendo l’individuo, inteso come vettore neutro, in relazione meramente strumentale con le necessità dei suoi padroni.


Ed è perciò del tutto chiaro l’intento dei padroni e dei loro ideologi di ogni risma di comporre un quadro della società dove stiamo tutti nella stessa barca diretti verso l’isola del tesoro. Ma c’è chi rema e chi prende il sole.

sabato 20 agosto 2016

Magari ci ripenso e ricomincio


Oggi su Repubblica c’è un’intervista al regista Oliver Stone che parla del suo ultimo film e degli Stati Uniti, uno dei paesi meno democratici al mondo. E a proposito di America c’è anche un lugo articolo di Marco Belpoliti sul tabacco, la sua storia e la sua sociologia. Naturalmente si parte da Cristoforo Colombo, il quale, com’è noto, fu lo scopritore del nuovo continente, forse a sua insaputa. E invece non scoperse proprio un bel nulla, non perché vi furono degli approdi in epoche precedenti, ma perché quel continente e i suoi abitanti esistevano già ben prima di Colombo. Cosa diremmo noi se nel XV secolo in Europa fossero approdati degli amerindi prima del viaggio colombiano? Che l'Europa è stata scoperta da un certo Tȟatȟaŋka Iyotȟaŋka? Ad ogni modo, Belpoliti sostiene che Marx fumasse non la pipa bensì il sigaro. Non è così, Marx fumava in entrambe i modi, come risulta da un rapporto di una spia della polizia tedesca che visitò l’abitazione dei coniugi Marx e sui tavoli vide numerose pipe. Fumò molto ed ebbe seri problemi bronchiali, forse fatali.

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venerdì 19 agosto 2016

Il rattopardo


Apprendo, via Malvino, dell’ennesimo tentativo di derattizzazione di Palazzo Chigi. A tal uopo è seguita la solita slavina di commenti sarcastici, dai monti alle spiagge. E invece si tratta di una faccenda maledettamente seria, tanto che a seguirla dappresso è stato allertato il Copasir. Se ne occuperà, al rientro dalle ferie, anche l’Attuale Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, famoso per tendere le sue trappole.

I topi di Palazzo Chigi rappresentano il vertice di un’articolata e vasta organizzazione di roditori la cui rete è estesa in tutta Italia e il cui capo pro tempore è Zoccolone Staisereno, un’imitazione di statista, roba da far sognare gli psicoanalisti di varia osservanza. Al suo fianco si segnala per impegno la nota Pantegana Ridens, stretti legami con esponenti di un noto salumificio ora dichiarato fallito.

Ma come riesce la colonia di topi chigiani ad opporsi tenacemente alla derattizzazione? Fondamentalmente in tre modi: col monopolio delle balle che al gregge piace sempre farsi raccontare, ossia dando da intendere che vuole trasformare la società e l’epoca; appiattendosi alla dimensione adattativa sui problemi reali; dunque proprio per questo trovando forte e imprescindibile sponda in due altri cospicui roditori, già adepti della banda Caimano. Uno, true detective, signoreggia al Viminale. Il suo nome in codice è mutuato dal titolo di un romanzo dostoevskiano. L’altro, detto il Sorcio Verde, da semplice topo di macelleria ha assunto man mano il ruolo di rattus ex machina, pronto al bisogno a salvare la formaggiera.

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Appena respinto all’ingresso di una festa dell’Unità, un noto esponente piddino la cui carriera di battutista è stata irrimediabilmente offesa, intervistato da un’emittente di Rieti sul tema derattizzazione, ha esclamato con raro sentimento di autocritica: “Credevamo di aver fatto amicizia con quello che sembrava solo un muride che sguazzava nell’Arno, invece era un rattopardo che ci ha ingoiato”.

Fateci ridere con una dentiera nuova


Il Sole 24ore, su dati Istat, rivela, con stizza, che su circa 9,4 milioni di pensioni di vecchiaia e anzianità vigenti a fine 2014, quasi 229.000 sono pagate a persone ritiratesi dal lavoro prima del 1980, quindi oltre 35 anni fa. Facendo sfoggio delle mie capacità aritmetiche ho calcolato si tratti del 2,4 per cento delle citate tipologie di pensione.

Nel complesso oltre 760.000 persone con pensione previdenziale di vecchiaia, anzianità o prepensionamento percepiscono l’assegno da oltre 30 anni.

Non resta che eliminare gli ultra ottuagenari. Chiediamo all'Ama di Roma di predisporre un piano di smaltimento differenziato per status.

giovedì 18 agosto 2016

Bandiere & sponsor


Disoccupazione a due cifre, salari reali in caduta, aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali, corruzione endemica, situazione economica fallimentare, non sono, per una volta, il ritratto del Bel Paese. I media di tutto il mondo, salvo eccezioni che si disperdono come pioggia nel mare, ci trasmettono immagini che nulla hanno a che vedere con i 100mln di poveri brasiliani, con le innumerevoli baraccopoli.

Nel 2009, quando il governo brasiliano si è assicurato per il 2016 i giochi per Rio, l’allora presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha proclamato: “Il nostro momento è arrivato”. Durante lo stesso periodo, Lula si vantava che il Brasile, il cui tasso di crescita era balzato al 5 per cento, era immune dagli effetti della crisi finanziaria globale del 2008. Sappiamo poi come siano andate le cose sia sul piano personale all’ex presidente e sia sul piano della crisi economica.

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mercoledì 17 agosto 2016

Linee guida di ferragosto


Tra le numerose prefazioni e curatele di Valentino Parlato, già esponente de Pci e poi espulso per essere stato tra i fondatori del quotidiano “il manifesto”, credo che la più nota al pubblico – non perché brilli di luce propria – sia quella a L’imperialismo fase suprema del capitalismo dell’edizione del 1964, poi riproposta nella collane Le idee della Editori Riuniti. Insomma, tutt’altro che uno sprovveduto. Ieri, in un suo articolo, dal titolo La ripresa possibile in quattro mosse, scriveva:

… le imprese non innovano, non accumulano capitali incorporanti progresso tecnico. Assumono qualcuno, non per produrre di più, ma per lucrare i sussidi statali, così abbattendo la produttività del lavoro insieme con quella del capitale.

martedì 16 agosto 2016

Cara signora N.


La signora N. è di Vienna. La conosciamo da undici anni esatti. Stesso hotel, camere affacciate sulla spiaggia. Alla reception c’è un’altra austriaca, che ormai è diventata più italiana di noi e soprattutto di tanti altri. Da qualche anno ci assegna ombrelloni attigui, molto vicini all’Adriatico. Perché è gentile e in cambio di una mancia. La signora N. (iniziale del cognome), di primo mattino, con la sua tuta “tecnica” nuova di zecca, va a sudare sul lungomare. Ritorna madida, ma la cellulite se ne fotte del suo diuturno sacrificio. Poi entra in sala da pranzo e si serve la colazione. Lo sappiamo che un po’ si vergogna se la osserviamo, perciò rivolgiamo l’attenzione a tutt’altro. Sappiamo perfettamente cosa va riempiendo nei suoi piattini. Anzitutto uova strapazzate, con sopra una o due fette di pancetta industriale arrostita, che chiamano becon ma è veleno. Poi brioche, pezzetti di dolce e anche, bontà sua, della frutta.


La signora arriva in spiaggia, grüßgott, legge il suo giornale popolare sotto l’ombrellone e diligente risolve il cruciverbone che riempie un’intera pagina. Poi, se gli va, s’intrattiene, a bassa voce, intercalando la sua fitta prolusione con delle risatine. Così va il mondo, tutto il mondo è paese, ecc.. Ripete. I soliti temi non banali. Questa mattina, dopo la corsetta e la prima colazione, è ripartita per Vienna. Ci ha detto, salutandoci, che arriverà nel primo pomeriggio. Vienna è lassù, in alto. E non c’è il mare, ha rivelato sorridendo anche quest’anno. Perché ne scrivo? Perché già ci manca un po’. Intorno a noi, tra una mezzora, ci saranno solo bimbi italiani schiamazzanti, e mamme a tutto volume su questioni di gran momento. Rimpiangeremo senz’altro i temi trattati dalla signora N. di Vienna. Cara signora N., wiedersehen .....

domenica 14 agosto 2016

Ben tornati nel capitalismo reale


La ristrutturazione del capitalismo italiano è stata fatta pagare a milioni di proletari (e per loro non è ancora finita) e a migliaia di padroncini che si erano illusi sulle sorti magnifiche e progressive del famigerato “mercato”. La pagano anche le banche (in realtà sempre i sopracitati poiché le banche sono come lo Spirito santo).

Quel giovanotto che va sotto il nome di Luigi Zingales ci viene a raccontare che «in relatà, il problema non si limita alle sole sofferenze, ma anche ai cosiddetti incagli, oggi ridenominati “inadempienze probabili”». Potete chiamarli come volete e dargli il prezzo più comico, sono soldi che non ritorneranno più in cassa. Piuttosto che menar il can per l’aia raccontateci a chi la metteranno ancora una volta nel culo per centinaia di miliardi. “Il futuro dell’Italia dipende dal valore” di quella spazzatura, precisa il teorico della monnezza. Questa è l’esatta classificazione delle “inadempienze probabili”.

E viene il turno del solito Rampini, che ci racconta di un’altra formidabile scoperta, ritrovata nell'ultimo Rapporto McKinsey:

«L’ultimo decennio ha sconvolto l’ordine economico: i figli sono più poveri dei genitori, e forse destinati a rimanerlo.»

Ma dove vive s’sta gente, ci voleva il McKinsey per sapere ciò che è noto a tutti da decenni ormai?

«Se lasciata a se stessa, l'economia non curerà l'impoverimento neppure se dovesse ricominciare a crescere: "Perfino se dovessimo ritrovare l'alta crescita del passato, dal 30% al 40% della popolazione non godrà di un aumento dei redditi". E se invece dovesse prolungarsi la crescita debole dell'ultimo decennio, dal 70% all'80% delle famiglie nei paesi avanzati continuerà ad avere redditi fermi o in diminuzione.»


Oh stronzi di tutto il mondo, ben tornati nella realtà del capitalismo.

venerdì 12 agosto 2016

Quelle teste di cazzo del ministero




Disoccupazione a due cifre, pensioni da fame, banche fallite e centinaia di miliardi di “sofferenze”, debito record e rapporto debito/Pil da paura, deflazione (-42% grano e -24% latte), consumi in picchiata, e quelle teste di cazzo del ministero dell’economia trovano il tempo per giocare a chi la spara più grossa.

Napoli, città dell'Est


Guardando un mappamondo, a trarre spesso in inganno è il tipo di proiezione utilizzata. Oggi la proiezione è quella di van der Grinten, la quale grossomodo ricalca quella di Gerhard Kremer, che nel XVI secolo aveva l’inconveniente tecnico (che però diventava strumento politico) di rappresentare il Sud del mondo (100.260.000 Km²) come la metà del Nord (49.030.000 Km²). E dove la Groenlandia, 2.176.165 Km², risulta uguale, se non più grande, del continente africano (30.258.010 Km²), il quale è quindici volte più esteso dell’isola artica.

Tuttavia la Groenlandia, l’isola più grande del globo, è ben più vasta di Francia (metropolitana), Spagna, Germania, Italia, Portogallo, Austria, Svizzera, Olanda, Belgio e Lussemburgo messe insieme. L’Europa, con i suoi 10.149.253 Km², risulta nella proiezione di Mercatore della stessa dimensione del continente sudamericano, che però con i suoi 17.843.898 Km² è quasi il doppio del nostro continente.

E a proposito di Sudamerica, nei giorni delle Olimpiadi di Rio forse non tutti sanno che il Brasile ha una superficie più vasta degli Stati Uniti (se si esclude il suo più grande frigorifero, cioè l’Alaska).

Anche riguardo l’Italia ci sono interessanti curiosità. Per esempio la Lombardia è solo la quarta regione italiana per estensione. Si dice Nord Est, ma non pochi napoletani si stupirebbero di sapere che la loro città si trova più a est di Trieste; e quanto a Palermo, non solo è situata più a est di Roma, ma anche di Venezia. Non diciamo poi ai baresi che sono più a est di Vienna!

Riporto alcuni dati: Trieste (13°48’15”E); Napoli (14°15’0”E); Palermo (13°21’41”E); Venezia (12°19’55”E); Roma (12°28’58”E); Bari (16°52’0”E); Vienna (16°22’23”E).



giovedì 11 agosto 2016

Ma quali gattopardi, solo sciacalli e quaglie


Nell’autunno del 2011, ci crediate o no, in Italia fu attuato un golpe che rovesciò il governo in carica, espressione di una coalizione che aveva vinto le elezioni nel 2008. Al suo posto fu insediato un governo di tecnocrati con a capo un Pinco Pallino che venne ipso facto nominato senatore a vita dal presidente della repubblica. I responsabili del golpe sedevano a Roma, Parigi e Berlino, con l’indispensabile avvallo di Washington. La sede operativa principale del golpe fu la piazza finanziaria di Londra.

Scopo del nuovo governo: fare macelleria sociale, a cominciare dalle pensioni. Obiettivo pienamente raggiunto, tanto che perfino Renzi oggi parla di "tagli con l'accetta". Alle elezioni legislative del 2013, il Partito democratico ottenne, grazie a una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale largamente illegittima, la maggioranza assoluta alla Camera ma non al Senato. Il segretario del Pd fu incaricato di formare un nuovo governo ma si scontrò con l’opposizione del Movimento 5 stelle, una nuova formazione politica eterogenea che raccoglie il malcontento sociale. Nel programma elettorale del Pd era stata stabilita l’indisponibilità ad un’alleanza con Berlusconi. Tuttavia, il nuovo incarico di formare il governo fu affidato ad un altro esponente del Pd, il quale cercò e trovò, anche con mediazioni “familiari”, un accordo con Berlusconi (il quale ha a cuore il proprio patrimonio e la sua posizione processuale).

mercoledì 10 agosto 2016

Quel notabilato che Ernesto Galli non vede


Mi sbagliavo, la campagna autunnale delle elemosine e dei ricatti è già iniziata. Renzi: “Se passa il referendum, i 500mln risparmiati andranno ai poveri”. E c’è qualcuno più povero delle banche?

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Ernesto Galli, editorialista del Corriere, ha scritto il 6 agosto un articolo sul tema delle banche che ha suscitato un certo clamore pur nella generale apatia agostana. Il titolo è di per sé eloquente: Quei notabili locali tra soldi e potere. Tra l’altro scrive:

«È di questi campioni del notabilato di tante città e province italiane che sono stati formati i consigli di amministrazione, i comitati di presidenza, i collegi dei Sindaci, che hanno portato alla rovina un bel gruppo di istituti bancari e depredato decine di migliaia di loro più o meno incolpevoli concittadini.»

Poniamoci un paio di domande, non proprio d’impronta retorica anche se usuali: 1) gli organi di vigilanza e controllo preposti su che cosa vigilavano e chi controllavano? 2) forse le grandi banche nazionali stanno meglio di quelle locali, e nei loro consigli di amministrazione non siedono campioni del notabilato?

martedì 9 agosto 2016

Anche se non può esibire medaglie


Tra le più cospicue mediocrità espresse dal Partito democratico, Matteo Renzi è attualmente quella più in vista. Palma d’oro per arroganza (non è stato facile contenderla a D’Alema), insuperabile per protervia (a Rio voleva salire lui in pedana per la scherma) è primo anche nel ruolo di caricatura, pur se non va dimenticato l’insuperabile Berlusconi e poi anche Bersani, il quale con in mano il “mandato esplorativo” ebbe a dire: “La Fornero in una mia squadra di governo? Perché no?”.

C’è però una differenza tra Renzi e Bersani: quest’ultimo è politicamente defunto. Al massimo può dire la sua dalla Gruber. Per Renzi è diverso. Egli è mandatario di un progetto di potere, punta a governare con la ferula. Per comandare il Partito ha dovuto distruggere ciò che di esso restava, salvo, finché tornano utili, i tortellini e Bella ciao. In assenza di capacità e di prestigio soccorrerà la forza delle nuove leggi e l’ausilio di complici e servitori di ogni razza.

Se vince il referendum, il suo disegno potrebbe essere cosa fatta. Uso il condizionale perché, anche lo vincesse, tutto sta a indicare che alle prossime elezioni politiche il Partito democratico prenderà una sberla memorabile, anche se con l’artiglieria mediatica di cui dispone Renzi non c’è da essere mai sicuri di nulla. L’umore delle plebi è cangiante, com’è nella natura degli esclusi e dei posseduti. Nello sforzo di assicurarsi la sopravvivenza esse vi riescono tanto meglio quanto più s’identificano con gli interessi dei loro padroni, in cambio di poco e spesso di promesse. A settembre e per tutto l'autunno, allo squillo di tromboni e di trombette, gli annunci di larghe elemosine e minacce di apocalisse si sprecheranno.

La sorte di Renzi non è legata solo all’esito elettorale ma anche alla congiuntura finanziaria (bancaria), e pure a quella internazionale. A fronte di estreme necessità c’è spazio per tentare altre manovre, come ha fatto Hollande in Francia con la copertura di matrice islamica. Non dimentichiamoci che il Bel Paese ha una grande tradizione da difendere, anche se ufficialmente non può esibire le sue medaglie.


lunedì 8 agosto 2016

Sarebbe un atto di giustizia e un monito


Mi sono fatta l’idea che parte dell’astensione dal voto e parte della perdita di consenso elettorale del Partito democratico sia attribuibile agli effetti della cosiddetta riforma delle pensioni Monti-Fornero. Mano a mano che passa il tempo e le persone vengono coinvolte si accorgono del meccanismo infernale messo in opera con la nuova legislazione sulle pensioni. E non mi riferisco solo ai cosiddetti “esodati” o ai nati delle classi 1952-’53 – forse i più penalizzati dalla Monti-Fornero. Si pensi, per dire, che gli edili non rientrano nella categoria dei lavori usuranti. Ma c'è dell'altro.


domenica 7 agosto 2016

Cento ne pensa e nemmeno una ne fa


Sentite un po’ che fine ragionamento svolge l’attuale presidente della commissione lavoro della camera, Cesare Damiano, in tema della cosiddetta uscita anticipata:

"Immaginiamo che un lavoratore con 35 anni di contributi vada in pensione a 62 anziché a 66. Con un anticipo di quattro anni subirà una penalizzazione dell'importo dell'8%, cioè il 2% per ogni anno. L'eventuale pensione di 1000 euro al mese scenderà a 920 euro. Moltiplicata questa cifra per tredici mensilità e per i 18 anni che separano il lavoratore dagli 80 anni, il costo complessivo sarà di 215.280 euro. Nel caso invece che lo stesso lavoratore rimanga in azienda fino a 66 anni, la sua pensione crescerà da 1000 a 1080 euro per effetto di quattro anni in più di contributi. Moltiplicando per tredici e poi per quattordici (gli anni che mancano agli 80) si arriva a 196.560 euro. La differenza in valore assoluto è di 18.720 euro, in percentuale dell'8,7. Con qualche accorgimento tecnico si può arrivare a pareggiare i due costi con un'operazione di sistema che nel tempo può effettivamente raggiungere l'obiettivo del costo zero".

Non fa una grinza, vero? Eppure nella quantificazione delle risorse necessarie, nel calcolo moltiplica questo per quell’altro, manca un dato essenziale, senza il quale il risultato complessivo è truccato. Un dato che può essere a sua volta stimato statisticamente e che riguarda coloro che andando in pensione a 62 anni e che però ad 80 anni non ci arriveranno. Succede. Sono soldini risparmiati dall'Inps anche quelli, on. Damiano. Dunque le risorse necessarie vanno stimate tenendo conto anche di questo fatto.

P.S. : nei prossimi giorni ho intenzione di scrivere un post sui cosiddetti lavori usuranti, dimostrando l’assurdità e l’iniquità della legislazione vigente. Tutta roba votata dal Partito democratico al grido: “È l’Europa che lo chiede, è lo spread che l’impone!”. Pagliacci loro e fessi quelli che gli danno ancora retta.



sabato 6 agosto 2016

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Il gusto di cenere del peccato.

Supporre negli esseri umani una propensione naturale al sentimento religioso, vuol dire identificare la religiosità con la sopravvivenza. La vita è inconciliabile con l'economia e con la religiosità della sua forma, ma anche la sopravvivenza recalcitra sotto la presa delle religioni (quando non servono per altri scopi). Il cristianesimo fonda le proprie fortune sull'escatologia del premio e del castigo, ma biasima ogni partenza precipitosa per l'aldilà. La sopravvivenza deve stiracchiare la sua durata fino alla fine. L'uomo cristianizzato, così come l'uomo fatto schiavo dell'economia, impara ad attraversare la valle di lacrime, ad amare la propria sofferenza come odia se stesso, a cercare la prova della mortificazione per meritare una sopravvivenza eterna.

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I due cagnolini non si sono mossi per quasi due giorni da sotto il catafalco della bara dove giaceva la loro padrona mamma. Inconsolabili non hanno toccato cibo né acqua. Ieri mattina non è rimasto altro da fare che portarli al mare con i bambini. Viene da pensare che siano gli unici esseri veramente umani.

venerdì 5 agosto 2016

Siatene certi


«Stiamo uscendo da una trappola infernale che ha congelato la crescita dell’economia per vent’anni». Parola del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che torna a insistere sull’accelerazione del nostro Pil dopo le ultime stime di Istat e Bankitalia (Il sole 24ore, 8 giugno 2016).»

Ancora in calo la produzione industriale in Italia e non va bene nemmeno altrove. Aspettiamo spiegazioni sul fenomeno e magari anche sulle cause. Soprattutto ci dicano perché chi possiede capitali non li investe nella produzione. Certo, gli “impedimenti strutturali”. E chi li può negare? Per superare la crisi servono le riforme, così si sente ripetere dal 1963. Attendiamo ci deliziano anche con le motivazioni sull’ennesimo calo dei consumi, caso destinato a rimanere ancora più misterioso.

Manca la “propensione”, cazzo! La crisi è un problema edonistico.

Operai, salariati, suvvia, non statevene lì indecisi, aderite all’appello delle Superiori Autorità, correte ad acquistare nuovi gadget e surrogati. Pensionati, c’è spazio per nuovi mutui, oltre a quello proposto da quel finto ebete del signor Ministro. Incoraggiate la produzione di ciò che di più vano si può consumare. Vabbe’ che è plastico ed eterno, che si adatta a qualsiasi situazione, ma il capitalismo va aiutato! Proletari di tutto il mondo, potete rinunciare a tutto in cambio di un mercato globale che un giorno vi porterà la salvezza!!


La rassegnazione pagherà molto cara la promessa di un futuro senza presente, siatene certi.

mercoledì 3 agosto 2016

La vera “mafia-capitale”




L’avvocato Virginia Elena Raggi viene sottoposta alla cura Marino. Non c’è giorno che non sia oggetto – diretto o indiretto – di linciaggio mediatico, alla testa del quale si è posto il solito quotidiano sedicente liberal-democratico fondato dal profeta Elia. Sappiamo bene di quale grossa colpa si sia resa responsabile la signora Raggi. È buffo vedere le arie di superiorità che si danno i pensatori del giornalismo (che mai usano il c+v).

La vera “mafia-capitale” (di cui l'altra è un sottoprodotto) è quella dei mandanti di tale linciaggio. In ciò, le classi che hanno sempre comandato il Paese non vogliono che possa sussistere alcuna sorta di mistero o d’illusione.

*

Chi altri potrebbe conoscere le fatiche e i piaceri
che abbiamo vissuto in quei luoghi in cui
 tutto è diventato così orribile?

Ciò posto, non credo che la nuova giunta capitolina riuscirà a risolvere uno solo dei gravi ed annosi problemi che affliggono la città. Tantomeno quello dei rifiuti. Potrà al massimo renderlo meno drammatico, ma già questa sarebbe impresa non da poco. Né ritengo che qualsiasi altra giunta riuscirebbe nell’impresa di rendere questa città più in linea con gli standard medi delle capitali europee. Quale scoperta ci si potrebbe ancora aspettare in questo campo? Sarebbe come pretendere di fare di Napoli una città normale. Impossibile.

Del resto i romani, come i napoletani, se non si tratta di squadre di calcio, in cuor loro non credono alle chiacchiere dell’ottimismo. Essi sanno bene – in generale, beninteso – di non essere disposti a concedere nulla quando sono in gioco le loro – chiamiamole così – comodità.




A Spartaco mancarono le condizioni di possibilità


Siamo in trepidante attesa del prossimo botto finanziario. Che avvenga ora, nel prossimo autunno o tra anni, poco importa. Seguiranno analisi e interpretazioni, come nel caso del crollo del prezzo del petrolio e di altre materie prime. È una deflazione da debito, scrive inesausto qualcuno. Bella scoperta, ma si tratta di un fenomeno, e neanche il più importante, non della causa.

La deflazione, ossia la diminuzione di prezzo delle singole merci, la cui somma rappresenta il prodotto complessivo del capitale, sta a mostrare unicamente che una determinata quantità di lavoro si realizza in una maggiore massa di merci e cioè che ogni singola merce racchiude meno lavoro di prima. Questa la causa, rintracciabile nella sfera della produzione. Ciò che poi avviene nella fantasmagorica sfera della circolazione (debito e credito, con attori primari come le banche, i fondi e le assicurazioni, i problemi di redditività, cioè i tassi negativi, la speculazione con protagoniste le Borse, così come per ogni altro gioco a rubamazzo), è solo conseguenza.

martedì 2 agosto 2016

L'orologio posto in alto all’ingresso


Mi accorgo di avere difficoltà con la cronologia, ma solo con quella di questo secolo. Per esempio ieri, per qualche istante, ho provato un senso di smarrimento, quasi di vertigine, dovendo collocare temporalmente nella mia memoria l’anno 2001. Strano perché fu un anno di cesura con dei botti mai visti prima. Mi succede per motivi anagrafici o è segno precursore di qualcosa di più grave, di un crollo? Oppure si tratta più banalmente di rimozione, del disinteresse per un’epoca priva di progetto, che denota un’atmosfera di maledizione, in cui non si sa vedere il fondo del problema e alla quale a mia volta non riesco ad assegnare un colore e un particolare odore?

Associo ogni decennio della mia vita ad un colore dominante diverso, ma anche con un odore. Per esempio, gli anni Cinquanta sono bianchi e l’odore è quello del pane sfornato. Per i Sessanta il filtro è verde cui fa pendant l’odore dell’erba bagnata. Non tutto il decennio però, perché dal 1967, per me fatidico, prevale un giallo-bruno autunnale e l’immagine è di un viale che ho conosciuto bene tanto da diventare cronaca di un sogno ricorrente. La decade successiva, i turbolenti Settanta, è immersa in una foschia umida e pungente, l’odore stagnante del fumo di sigaretta. Il colore della decade che ha chiuso il lungo secolo è vago, indeterminato, non un colore ma un guazzo, e soprattutto senza alcun sapore particolare.


Gli anni Ottanta invece li rammento in technicolor, sgranato come usava nei filmati d’allora. Se l’ansia avesse un odore sarebbe quello di quegli anni. Ricordo visivamente, in particolare, dove mi trovavo quel certo giorno. Al solito avevo acchiappato un treno, stavo nel corridoio perché tutti i posti a sedere erano occupati. Udivo provenire dallo scompartimento delle voci che spiegavano il motivo per il quale i treni da Bologna portavano forte ritardo. Era esplosa una bomba, dicevano, su un treno. Un’altra! Non era così, l’ordigno stragista era stato collocato nella sala d’attesa di seconda classe. La stessa nella quale tante volte avevo aspettato scrutando quel lento orologio posto in alto all’ingresso.